DOCTOR WHO 13 - L'ERA WHITTAKER

 

DOCTOR WHO – L’ERA JODIE WHITTAKER – Stag. 11-13 (2017-2021)

Con l’addio al Dodicesimo Dottore e l’arrivo di Chris Chibnall come showrunner nella popolare e fortunata serie britannica Doctor Who, la produzione ha voluto dare una svolta radicale alle avventure del Signore del Tempo. I cambiamenti sono vistosi, e per una parte dei fan, inaccettabili.
La trasformazione del genere del protagonista non sorprende più di tanto, avevamo già visto lo storico avversario del Dottore, il Maestro, trasformarsi in Missy. Per esplicita ammissione del Dodicesimo Dottore, sapevamo che i Signori del Tempo avevano superato ogni pregiudizio riguardo al genere del corpo in cui sarebbero stati incarnati, visto che ogni corpo era casuale. Da un lato, la serie sembrerebbe decisamente orientata verso l’abbattimento dei pregiudizi di genere, tanto che ci sono stati personaggi gay, lesbo, transgender, alieni… tranne poi tradirsi o autolimitarsi. In teoria, l’incarnazione al femminile di Jodie Whittaker dovrebbe essere il trionfo del girl power; in pratica, il Dottore donna ha molte limitazioni. La più evidente è il fatto che abbia ben poche parti d’azione, forse per effetto della censura verso immagini di uomini o alieni che picchiano donne, scene imputate di istigare al femminicidio anche se inserite in un contesto fantasy o di avventura. Che il Dottore usi più il cervello dei muscoli è un tratto ricorrente, però tutte le precedenti incarnazioni si scontravano con avversari poco inclini al dialogo, e prima o poi ne subivano le ire. La 13, come viene chiamata dai fans, difficilmente agisce in modo fisico e si limita a sventolare il cacciavite sonico come se fosse una bacchetta magica. Si ha l’impressione che abbiano voluto un eroe donna, ma in pratica le abbiano vietato di agire come se fosse un maschio, proponendole situazioni edulcorate, con rarissime scene violente. Si potrà dire che le sequenze esplicite non aggiungono pathos, e personalmente posso in parte essere d’accordo, ma il Dottore vive situazioni di azione e di alto rischio, e come erano toccate ai predecessori, dovevano spettare anche a lei. Se l’intenzione era quella di portare all’estremo il girl power, il tentativo è fallito, perché il dottore aveva già avuto per companion donne di forte personalità, personaggi pronti a guardarlo negli occhi da pari a pari, pronte a salvargli la pelle buttandosi nella mischia. Non basta affrontare temi cari all’universo femminile, per avere davvero personaggi ‘alla pari’, anzi: il ribadire apertamente una distinzione di genere va poco d’accordo con la mentalità di un Signore del Tempo.

L’azione latita, e purtroppo anche l’introspezione è molto semplice ed immediata. La nuova incarnazione sembra aver dimenticato il proprio passato, le citazioni sono chicche ma si limitano all’esteriorità, a vecchi abiti abbandonati nel TARDIS, a un fez, a poche battute disseminate qua e là, per ammiccare alla vecchia fanbase ma non disturbare la comprensione di quanti approcciano il personaggio per la prima volta. Solo a partire dalla seconda stagione si rivede qualche vecchio nemico. Il Tredicesimo Dottore ha un carattere solare, curioso ed estroverso, è briosa e allegra come un’adolescente davanti a un mondo tutto nuovo. Jodie si prende con estrema ironia e interpreta il Signore del Tempo con ottimismo, tra sguardi sorpresi, smorfie e grandi sorrisi che probabilmente dovrebbero accattivarsi le simpatie delle teenagers e delle loro mamme. E che scatenano commenti a volte eccessivi da parte dei fan: trovano poco coerente la caratterizzazione di una creatura che è quasi immortale e che ha attraversato le ere, e va avanti portandosi addosso rimpianti, sensi di colpa, rimorsi. Personalmente, anche tenendo conto della poca azione, avrei sperato in una caratterizzazione più matura. A parte il look stravagante che riassume alcune caratteristiche dei predecessori (o a voler essere perfidi e attempati, ricordate Sandra Mondaini con il suo Sbirulino? Non credo vogliate imitarla al guardaroba…) il nuovo Dottore ha una faccia gradevole priva di tratti somatici che la rendano particolare, e ‘aliena’. Nell’epilogo dell’ultimo episodio della stagione precedente vengono eliminati Bill Potts, companion lesbica, e l’alieno Nardole, dalla lunga aspettativa di vita. In questo modo si sono azzittite possibili pruriginose questioni affettive, o di amicizia tra specie diverse. Sarebbe stato interessante vedere come si sarebbe rapportata con vecchie conoscenze, con la moglie River Song, e invece ogni occasione del genere è accuratamente evitata, almeno fino alla storia con Yaz. I nuovi companion sono un gruppo familiare allargato piuttosto che singoli con i quali il Dottore poteva intrattenere una relazione affettiva più o meno platonica, o un legame paritario e sincero.

 

In un intreccio già ricco di situazioni irreali, una famiglia che si invita nel TARDIS appare di un’ingenuità disarmante. E quanto a girl power.. alla figura femminile viene accompagnata una famiglia. Non una gang, ma proprio una famiglia, come se essere donna dovesse implicare di realizzarsi in una famiglia. I problemi familiari invece sono un tema ricorrente in quasi tutti gli episodi, dai lavoratori disposti a farsi sfruttare pur di mantenere la prole lontana nella ditta di spedizioni Kerblam, al padre vedovo che isola sé e la figlia cieca approfittando di una dimensione parallela, alla vicenda della nonna di Yaz, ai guai dei passeggeri della nave ospedale Tsuranga.
Purtroppo qualsiasi sia l’ambientazione, avventura equivale a scegliere l’incerto contro una modesta sicurezza, per raggiungere qualcosa che gli altri non hanno: un ideale, la conoscenza, il potere derivato dalla stessa, la ricchezza e il prestigio sociale, il desiderio di giustizia… Mete che difficilmente vengono perseguite da un gruppo familiare. L’avventura purgata del rischio, del rimpianto e della sofferenza finisce per assomigliare ad un giro turistico, o a un episodio della storica Banda dei Cinque.
Salvo poi, dopo due stagioni, imbastire un rapporto saffico tra l’aliena e Yaz…in nome dell’inclusività!
Il numero dei companion è tale da impedire di approfondire i loro caratteri; ogni episodio dura cinquanta minuti e la presenza di ben tre viaggiatori sottrae preziose battute che potevano farci affezionare di più alla protagonista. I companion poi sono stati scelti obbedendo a criteri ‘politicamente corretti’: una poliziotta figlia di immigrati pakistani, un vecchio vedovo malato di cancro, un bel giovane nero con una disabilità nella coordinazione motoria. Capirei l’anziano: ha perso la moglie a causa di un terribile alieno, è minacciato dal tumore che potrebbe ripresentarsi, rischia la pelle per dare un senso alla sua esistenza, poteva essere una sorta di El Grinta di John Wayne. La poliziotta è poco più di un accessorio di scena, e a parte la bella puntata dei demoni del Punjab, ha copioni davvero scialbi; l’orientamento sessuale viene fuori dopo tante puntate. Discutibile poi il giovane nero, nipote dell’anziano: certamente accontenta l’occhio, sbandiera la sua disabilità e poi essa non gli impedisce di fare quanto fanno gli altri, come gli altri e talvolta anche meglio.
Le lezioni morali possono risultare davvero indigeste. La serie Doctor Who ha sempre avuto un’ideologia progressista alla base, ma in passato essa affiorava appena tra una scazzottata e un inseguimento. Oppure le scelte del Dottore mostravano anche dei limiti: quanto appariva ‘buono’ a breve termine poteva nei millenni divenire qualcosa di sbagliato, con conseguenze disastrose. Gli spettatori si trovavano a dover riflettere, e anche se le scelte erano spesso nette, restava il dubbio che non sempre fossero le più opportune. I bellissimi monologhi del 12° Dottore avevano toni filosofici, ma soprattutto, sembravano davvero pezzi di bravura inseriti per far brillare l’attore. Con la 13, scompaiono, sostituiti da battute poco credibili finalizzate per far marciare la vicenda verso eventi obbligati. Non credo che l’attrice sia tanto incapace; non mi è sembrata brava quanto Tennant o Capaldi, ma ogni possibilità di far vedere il proprio talento d’attrice è stato mortificato dai copioni scialbi e da sceneggiature che tendono a semplificare i ruoli e a far scorrere la vicenda.
Il problema più grande delle nuove stagioni del Doctor Who è proprio il volersi adattare alle esigenze di un pubblico di famiglie, e imporre l’inclusività piuttosto che suggerirla attraverso scelte ragionate.
Chibnall ha cercato di rimodellare il Dottore ridisegnandone la storia fin dalle origini e rendendola adatta a tutti, ma un prodotto seriale non è un film natalizio, destinato a venir guardato una volta l’anno dalla famiglia riunita. Un serial dovrebbe scegliere un suo target, e accontentarlo, soprattutto se ha alle spalle una storia complessa e ci sono tanti altri telefilm disponibili. E’ una scelta che i produttori di Doctor Who dalla stagione 11 si sono rifiutati di compiere, preferendo uno spettacolo generalista, dal sapore retrò.

I nuovi fan o quanti apprezzano il telefilm con moderato entusiasmo possono godersi gli esiti delle nuove direttive, mentre quanti si erano appassionati all’eroe proprio perché veniva maturato dalle esperienze rimangono delusi. Lo scontento ha preso forma concreta nel calo dell’audience, in feroci polemiche nei forum, nella diminuzione delle vendite di gadget legati al 13 Dottore. Ci sono stati tentativi di smorzare la reazione negativa, incolpando il sessismo verso la protagonista prima, poi il lockdown e la crisi della TV in tempi di pandemia, ma è difficile negare l’insuccesso davanti a prove sempre più concrete.
Si può sempre sperare che le nuove stagioni, con un nuovo interprete e un nuovo showrunner pongano rimedio, perché è inutile illudersi, nuovi fallimenti porterebbero lo show alla cancellazione, come è avvenuto per altre serie che non sono piaciute abbastanza.
Mentre scrivo è stata girata la rigenerazione della 13, che prenderà un nuovo aspetto, ancora non svelato. Ci vorrà del tempo, per vedere dei risultati; c’è da augurarsi che almeno sostituiscano ai temi ‘vecchi’ argomenti altrettanto convincenti, che ci sia un attore o un’attrice capace e avventure che valorizzino l’interpretazione e facciano davvero sognare. Così non fosse, avremmo scoperto che il TARDIS ha anche la marcia indietro.

 

Cuccussette vi ringrazia della lettura.

La recensione è stata edita da FANTASTICINEMA https://www.fantasticinema.com/doctor-who-il-12-e-il-13-dottore/

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