SUPERMAN 3

Superman è il supereroe per eccellenza, quello più potente, vera icona della cultura statunitense. E’ stato creato da Jerry Siegel (testi) e Joe Shuster (disegni) nel 1933 ed ha accompagnato generazioni di americani. E’ comprensibile come, non appena il successo di Guerre Stellari ebbe dimostrato che alla gente i film fantastici piacevano se realizzati come kolossal, sia stato trasposto in una serie di film, interpretati dall’iconico Christopher Reeve. Il capostipite Superman è ancora oggi un cult; il sequel Superman 2, nonostante un lungo elenco di intoppi e modifiche che gravarono sulla realizzazione, riscosse un buon successo. Nel 1983 i produttori vollero avere un terzo capitolo delle avventure dell’Uomo d’Acciaio. La situazione era però diversa da quella che aveva reso memorabili i primi due film. Richard Donner era stato licenziato a metà del secondo file e al suo posto c’era Richard Lester. La decisione del cambio di regia ea stata accolta male da alcuni interpreti, come Gene Hackman e Margot Kidder. Di conseguenza al posto di un regista geniale, padre di molti cult, era rimasto un onesto mestierante; di riavere Hackman come Lex Luthor non c’era verso, e il ruolo di Lois Lane era disponibile per tempi ridotti. Il budget a disposizione era poi meno faraonico rispetto al passato. La musica era cambiata in più di un senso, non solo perché la colonna sonora è di Ken Thorne che rielabora John Williams.
A queste condizioni, Superman 3 non poteva mantenere lo stesso tono epico, la stessa continuità narrativa con gli altri capitoli.
Il film inizia con le disavventure dell’eterno disoccupato August "Gus" Gorman, scaricato dal programma di sussidi e deciso ad imparare a programmare i computer, compito che stavolta gli riesce molto bene poiché si scopre essere un genio dell’informatica. Questo personaggio destinato ad essere uno dei due villain della vicenda, è interpretato da Richard Pryor, comico molto popolare negli USA. Viene da chiedersi cosa ci faccia questo bravo intrattenitore in una vicenda di supereroi che niente dovrebbe avere di buffo. I primi capitoli avevano una certa dose di ironia, modesta nel primo, sovrabbondante nel secondo, senza però arrivare alla farsa.
Scorrono i titoli di testa e si avverte che qualcosa è davvero stonato, i nomi degli attori e delle persone che hanno lavorato alla pellicola scorrono piatti mentre alle loro spalle si sviluppa una serie di gag degne di una comica di Stanlio e Ollio, con un cieco che perde il cane guida e provoca una serie di guai in pieno centro città, tanto da provocare la rottura di un idrante sotto ad un’auto…e la musica è diversa dal potente tema di John Williams. Alla redazione del Daily Planet troviamo Lois che parte per le Bermuda e Clark che torna a Smallville per celebrare una rimpatriata tra ex alunni del college. Nel frattempo il geniale Gorman è stato assunto da un industriale, Ross Webster, per fargli hackerare satelliti e navi, in modo da avere il monopolio del caffè prima e del petrolio poi. Le sue malefatte si svolgono in parte proprio a Smallville e si intrecciano con le gesta di Superman che arriva a diventare cattivo a causa di un pezzo di kryptonite creata in laboratorio…
Molti spettatori si auguravano che Pryor fosse una spalla comica, purtroppo non è così. I peggiori timori dei fan si concretizzano. Richard Pryor è simpatico e divertente, però il suo personaggio è doppiamente fuori luogo in un film che dovrebbe avere un certo tono epico, inoltre in troppe occasioni ruba la scena a Reeve. Si può pensare che Superman sia un eroe da svecchiare, e in effetti è un personaggio troppo potente e invincibile rispetto a quanto oggi rende un eroe interessante. E’ nato negli anni Trenta, ha caratteristiche che riflettono il Superuomo di Nietzche, al servizio dell’umanità ma pur sempre un gradino più in alto di essa. Si può depotenziare, o accettare che risolva ogni guaio sfoderando poteri assortiti, ma pur sempre mostra i tanti anni. Pensare di ringiovanirlo con una sceneggiatura che trasforma le sue avventure in una farsa è quanto di più sbagliato, perché i fan si divertono con una parodia sullo stile di quelle di Mel Brooks, ma digeriscono male la ridicolizzazione del personaggio in quello che dovrebbe essere un contesto serio. Le onnipresenti battute di Pryor sanciscono questo ‘declassamento’, e purtroppo anche il contesto e i personaggi non sono all’altezza.
Lois Lane, la donna intrepida e ambiziosa, pronta a morire per uno scoop, compare a inizio e fine del film, in un cameo tristissimo. Ovviamente non si poteva obbligare l’attrice a recitare più di quanto non prevedesse il contratto, e un recasting diretto sarebbe stato ugualmente impossibile proprio per i termini del contratto. Resta che i primi due film l’avevano vista protagonista, era davvero importante per Clark Kent, che l’ha amata e continua a amarla pur sapendo di non poter vivere con lei, pena la perdita dei suoi poteri. Invece di riprendere il tema del distacco malinconico, Clark Kent torna a Smallville e alla festa degli ex liceali incontra Lana Lang (la bella e insipida Annette O'Toole), compagna di college, prima cotta, ora separata da un uomo alcolista e con un figlio a carico. Ebbene, Clark fa il cascamorto con lei, un comportamento decisamente poco coerente con gli ideali di giustizia e lealtà di Superman. Dovrebbe essergli chiaro che non può avere una terrestre per moglie, e che si chiami Lois Lane o Lana Lang la regola è quella. Però Clark ripete gli identici errori con Lana, addirittura le fa ottenere un posto da segretaria al giornale, la invita a cena, le dona un diamante e tutti questo sotto lo sguardo allibito della povera Lois. A essere sinceri, non c’è paragone tra la bella e ordinaria mamma strapaesana e la fiera e indipendente giornalista. O c’è una profonda incoerenza sulla scrittura del personaggio, o il messaggio è profondamente sessista e conservatore, oppure i produttori hanno voluto rimpiazzare Lois come hanno rimpiazzato Lex Luthor con Ross Webster (un decoroso Robert Vaughn). Il villain è un clone del più famoso supercriminale, con tanto di sorella assistente mascolina e una segretaria simile a una pin up anni Cinquanta.
C’è un bizzarro senso dello scorrere del tempo in questo mondo, Metropolis è la parafrasi della New York degli anni Ottanta, mentre Smallville sembra congelata nel passato, con feste in palestre scolastiche, danze al suono di Earth Angel che è un lento del 1954, e spettacoli sulla piazza del paese con banda e striscioni. Sembra proprio difficile accettare che un raduno di ex studenti in un paesotto di provincia possa sfornare un articolo da giornale. Forse l’America fuori dalle grandi città è così, ma è difficile spiegarlo agli spettatori internazionali che hanno visto gli USA nei film e telefilm di ambientazione metropolitana e conoscono poco la vera situazione del Paese.
La parte più interessante del film è quando Superman si sdoppia, essendo stato contaminato dalla kryptonite, perché Christopher Reeve è comunque molto bravo e regge il ruolo. Anche questa trovata però scade nel ridicolo e il kitsch tocca vette allucinanti con le sequenze della torre di Pisa raddrizzata. Oltre a dare un’immagine assurda dei toscani che cantano canzoni napoletane storpiandole, si fa capire che Superman vive nel nostro mondo e non in una realtà parallela che è lo specchio della nostra, rivisitata in chiave fumettistica. 
In questo guazzabuglio di scelte narrative contraddittorie, anche gli effetti speciali risultano sotto tono. Ormai gli spettatori si sono abituati a vedere Superman che vola, soffia aria gelida, spara raggi dagli occhi, e non si può più accendere il senso di meraviglia riproponendo le stesse trovate, tra l’altro realizzate con minore abilità in quanto ci sono meno soldi per pagare esperti.
L’umorismo fuori luogo è l’anima della pellicola, con il risultato di avere un onnipresente Richard Pryor e battute veramente di pessimo gusto. Quelle rivolte alla sorella racchia di Webster sono un perfetto esempio di body shaming e quelle riservate alla segretaria sensuale oggi sarebbero bandite, così come altre sequenze decisamente sessiste. Uno spettatore consapevole contestualizza la pellicola a quello che era il mondo quaranta anni e più fa, però sono le parole infelici a datare il film ancora di più del lago ghiacciato disegnato sulla pellicola. Si reclamizza anche una nota marca di sigarette, inquadrate in primo piano quando avrebbero potuto usare caramelle o altro di facile reperibilità. Anche se nella pellicola l’alcool provoca la rovina, riducendo la gente e lo stesso Superman allo stato di bestiale istintività, i nomi dei liquori si leggono benissimo.
Il film fatica a inquadrare il suo pubblico di riferimento; i fan di vecchia data restano delusi, chi non conosce il personaggio difficilmente si appassiona perché a parte lo sdoppiamento, tutto il resto è lieve, da commediola disimpegnata degli anni Ottanta. Gli sceneggiatori hanno scelto la via della comicità più facile ed esplicita, modificando il target degli spettatori, non più ragazzi e adulti appassionati del supereroe ma famigliole e adulti che vogliono staccare la spina e fasi quattro facili risate. Superman vola e fa meraviglie per sguardi ingenui, per gli altri è una delusione.

 

Cuccussette vi ringrazia della lettura.

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