MURDER ROOMS - GLI OSCURI INIZI DI SHERLOCK HOLMES
Nel terzo millennio la platea ha di solito le idee chiare riguardo al genere giallo e poliziesco: o si disinteressa alle indagini e quindi non apprezzerebbe comunque il genere crime, oppure conosce a menadito i classici e davanti alle opere di Sir Artur Conan Doyle (Edimburgo, 22 maggio 1859 – Crowborough, 7 luglio 1930) sa fin troppo bene cosa attendersi. Soprattutto dopo la celebrata serie della Granada con Jeremy Bett per protagonista, molto fedele agli scritti e all’idea che il cinema e i media hanno costruito del detective nel corso degli anni, le trasposizioni spesso hanno il sapore di una minestra ideata da uno chef stellato, cucinata espressa e… servita riscaldata. Oggi risultano più interessanti le trasposizioni da romanzi apocrifi, opere inedite e di conseguenza capaci di regalare qualche sorpresa o almeno di intrattenere con originalità. Quando Doyle decise di far morire il detective perché desiderava dedicarsi ad altri tipi di racconti e romanzi, la gente reagì con proteste accalorate. I lettori vittoriani iniziarono a scrivere nuove avventure del duo, pagine rimaste nel cassetto fino alla scadenza dei diritti d’autore sui personaggi, avvenuta nel 2001 per i britannici e a seguire nel resto del mondo. Da qualche anno le creazioni di Doyle sono di pubblico dominio e quindi rappresentano soggetti interessanti per il cinema: fanfiction d’epoca, spin off e scritti apocrifi sembrano essere il futuro di Sherlock Holmes e del dottor Watson, soprattutto se possono inserirsi nella cronologia ufficiale della biografia fittizia dei due personaggi, quella stabilita dallo stesso Doyle.
Murder Rooms - Gli oscuri inizi di Sherlock Holmes è una serie realizzata dalla BBC e trasmessa tra il 2000 e il 2001. Anche se il titolo richiama il famoso detective creato da Sir Arthur Conan Doyle, le avventure romanzano la vita dello stesso scrittore scozzese e dell’uomo che ha ispirato la figura dell’investigatore. Che Watson sia l’alter ego dello stesso Doyle, è ovvio: entrambi sono medici, con un bagaglio di esperienze accumulate in giro per il mondo, uomini di lettere e anche di azione. Holmes è invece ispirato alla figura di Joseph Bell (Edimburgo, 2 dicembre 1837 – Edimburgo, 4 ottobre 1911), professore di medicina presso l'Università di Edimburgo. Pare che il docente raccomandasse l’osservazione dei più piccoli dettagli, e fosse capace di ricostruire le abitudini e i dettagli biografici di chiunque avesse davanti, con uno sguardo attento ai particolari e tante deduzioni.
La serie immagina come lo stesso Doyle e il professore risolvano misteri, indagando su casi che poi ispireranno la produzione del fortunato scrittore. C’è un’attenzione estrema al creare eventi che in teoria potrebbero appartenere davvero alla linea temporale della biografia di Sir Arthur Conan Doyle. Ovviamente quanto portato sullo schermo è una rivisitazione delle biografie dello scrittore e del docente, concede molto alla fantasia e mescola con disinvoltura elementi d’invenzione e fatti storicamente accurati. Ci sono trovate fittizie, come il primo amore dello scrittore morto avvelenato dall’arsenico, mescolati a eventi romanzati ma basati su fatti reali, come l’alcolismo e la pazzia del padre, oppure l’interesse morboso per lo spiritismo. Le atmosfere sono sospese tra quelle di un giallo di ambientazione vittoriana, un thriller medico e il sovrannaturale, in modo da omaggiare sia i cinque romanzi e quaranta racconti dedicati a Sherlock Holmes, sia la vasta produzione horror, storica e fantascientifica.
Tra dimore patrizie e strade cittadine percorse da carrozze, bassifondi abitati da disperati e obitori, Bell e Doyle cercano di far luce su casi che sconfinano nel sovrannaturale pur avendo sempre una spiegazione logica e razionale. Gli elementi sovrannaturali sono presenti come sottofondo, restano in secondo piano e mai hanno il sopravvento sugli intrecci. Enfatizzano le atmosfere gotiche e vengono gestiti con intelligenza: gli elementi non razionali sono sempre affidati alla credulità degli spettatori, o anche al loro scetticismo. E’ la platea che decide se dar credito a quanto Doyle vede o crede di vedere, o liquidare l’inspiegabile come frutto di una percezione della realtà fantasiosa perché sollecitata da situazioni estreme.
Murder Room a suo modo è una fanfiction basata su persone reali o RPF, e ha come protagonisti due eroi analoghi a quelli della saga letteraria, il giovane e impulsivo Watson, e il riflessivo e acuto professor Bell. Anche dal punto di vista caratteriale si ripropongono gli stereotipi amati, con poche differenze. I copioni enfatizzano le analogie tra i personaggi, mettendo in secondo piano le prevedibili differenze.
Le sceneggiature inseriscono qua e là scene presenti nelle opere originali, e il fan può divertirsi a riconoscerle ogni qual volta gli intrecci originali presentano le citazioni.
Ne Gli occhi della paziente (The Patient's Eyes), diretto da Tim Fywell, una donna è perseguitata da una misteriosa figura di ciclista che la segue nel bosco. Unisce L'avventura del ciclista solitario o L'avventura della ciclista solitaria (The Adventure of the Solitary Cyclist) con Il caso dell'uomo deforme (The Adventure of the Crooked Man).
La sedia del fotografo (The Photographer's Chair), diretto da Paul Marcus esplora i misfatti di un serial killer che sevizia le sue vittime e le indagini si svolgono nell’ambiente degli spiritisti e in quello dei primi appassionati di fotografia. Fornisce una motivazione al fatto che Doyle, nei suoi ultimi anni, abbia dato fiducia a medium e ciarlatani.
Il mistero delle ossa (The Kingdom of Bones), diretto da Simon Langton, racconta della smodata passione che la gente dell’Età Vittoriana nutriva per i misteri dell’Antico Egitto, tanto da pagare per assistere alla dissezione di mummie come se fosse uno spettacolo di vaudeville e spendere fortune in manufatti spesso fasulli.
Ne Lo stratagemma del cavallo bianco (The White Knight Stratagem), diretto da Simon Langton, una donna si suicida dopo ave perso tutti i suoi averi, e due uomini che la conoscevano muoiono in circostanze misteriose. Le indagini di Bell e Doyle imboccano due piste diverse…
La trovata di recuperare personaggi, atmosfere e ambientazioni si rivela vincente. I riferimenti letterari, gli scorci delle città in piena espansione, le dimore patrizie delle campagne, immergono gli spettatori in un universo identico a quello delle avventure di Sherlock Holmes. Possono così riabbracciare luoghi ed atmosfere familiari, elementi di sicura presa perché già radicati nell’immaginario collettivo. I casi narrati sono però tutti nuovi, e quindi viene risparmiato l’effetto di deja vu che affligge le riproposizioni dei casi canonici, quelli tratti direttamente dalle indagini scritte da Doyle.
Come per altre produzioni della BBC, la qualità complessiva è alta, sia come sceneggiature, sia come recitazione e confezione del prodotto, che si rivela decisamente accattivante. La ricostruzione della Scozia vittoriana è credibile, con ambienti molto curati e dettagli di costume che concedono il minimo alla moda attuale.
C’è una discreta eleganza nella fotografia dai colori ricchi e mai troppo squillanti, nei movimenti della macchina da presa che sfruttano controcampi e angolazioni non sempre prevedibili.
Tutti gli interpreti sono volti con alle spalle anni di televisione e di cinema, nomi forse poco noti in Italia però con curriculum di tutto rispetto. Ian Richardson aveva recitato nei panni di Holmes nelle trasposizioni televisive di Il mastino dei Baskerville e il segno dei Quattro, è un impeccabile Bell. Per Doyle si alternano due attori, Robin Laing nel primo episodio e da Charles Edwards nei restanti quattro. La scelta di cambiare l’interprete di Doyle può spiacere, tuttavia il format della serie si distacca da quello tipico dei classici telefilm seriali, quelli con tante puntate e un minutaggio di meno di un’ora ciascuna. Ogni storia di Murder Rooms ha una durata di una novantina di minuti, praticamente è un lungometraggio e ha poco da invidiare a molti film da sala, anche visivamente. Le vicende sono fruibili anche singolarmente, e con l’eccezione dell’episodio pilota, Il Metodo, possono essere visionate in qualsiasi ordine.
Nonostante il successo riscosso dagli episodi, la produzione si è fermata con questa sola stagione. Forse gli sceneggiatori erano a corto di idee davvero convincenti, e desiderosi di mantenere uno standard qualitativo alto, si sono fermati prima di far passi falsi, creando pastiches goffi che deludono sia i fan del crime in costume, sia gli appassionati di Conan Doyle. Restano quindi cinque splendide puntate, un must soprattutto per i fan di Sherlock Holmes.
Cuccussette vi ringrazia della lettura.
La recensione è stata edita su questo sito nel 2025. Contatta Florian Capaldi su Facebook per adozioni e gemellaggi !

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