IL MONDO DEI ROBOT
Partiremmo volentieri in molti, se esistessero vacanze come quelle offerte a Delos, a patto di disporre di mille dollari da spendere, al giorno, per un periodo minimo di due settimane. La cifra appare oggi relativamente bassa, in fondo parecchi alberghi a cinque stelle fanno vedere i sorci verdi a una simile tariffa.
Quando uscì il film, nel 1973, mille dollari a testa per quindici giorni erano invece un gran bel gruzzolo.
E, in effetti, una vacanza del genere immaginato dallo scrittore e regista potrebbe davvero valere una simile spesa, nel senso che sulla carta offre ogni attrattiva possibile per quanti richiedono un viaggio d’elite, fuori dagli schemi, decisamente lontano da atmosfere per famiglie, ricco di emozioni e di un briciolo d’avventura, ma sempre in piena sicurezza.
LE REGOLE DEL GIOCO
Crichton, futuro autore del Jurassic Park, immagina che nel 2000 un’area improduttiva di basso valore commerciale, collocata nel bel mezzo del deserto venga rilevata da una ditta che fabbrica robot sofisticati. Scopo dell’acquisto: realizzare un parco dei divertimenti tematico, per adulti, una terra di sogno dove allestire scenari di sicura presa sul pubblico; tre villaggi a tema, animati con androidi che interpretano personaggi diversi, e che sono indistinguibili o quasi dagli umani. Il grado di complessità delle macchine varia a seconda della “parte” da esse “recitata”. Come in una sceneggiatura a maglie larghe che si rispetti – o, si potrebbe dire, come in uno scenario per giochi di ruolo – devono esserci interpreti androridi capaci di svolgere diversi compiti senza sembrare troppo artificiosi, altri a cui si richiedono solo “prestazioni” specifiche, o meno complesse, e altri ancora con funzioni da semplici comparse, di contorno. In Delos vengono utilizzati tre tipi di robot diversi, immessi in percentuali variabili nei vari ambienti, a seconda che siano più o meno d’azione. Gli androidi più complessi sono quelli da combattimento o quelli che devono sostenere una continua interazione con i turisti. Per essere verosimili, necessitano di un’emulazione perfetta dei sensi della vista, dell’udito e del tatto, e la loro programmazione impone parecchie abilità motorie, altrimenti il visitatore riceverebbe l’impressione di parlare a una grossa bambola. La vacanza a Delos deve divertire; è necessario succeda più di ciò che si può vedere a Disneyworld o al più innovativo museo dove la Storia viene recitata a scopo didattico: largo spazio a risse nei saloon, tornei cavallereschi, rapine alla banca, banchetti, duelli tra gladiatori o alla pistola, improbabili storie d’amore con procaci comparse, ecc. Tecnici ben nascosti in laboratori sotterranei controllano il corretto comportamento dei vari attori automi, che devono offrire ai clienti il giusto grado di coinvolgimento ma senza metterne a rischio l’incolumità. Può essere “tollerato”qualche livido o un dopo-sbornia, ma nessuna lesione che impedisca di godersi per intero il periodo programmato. Il cliente deve potersi sentire protagonista di avventure a lieto fine, o addirittura sfogare i peggiori istinti, in pieno e totale realismo, sicuro, però, di non poter causare danno a persone in carne e ossa. Le armi sono progettate per azionare sensori sotto la pelle artificiale del robot, e l’effetto è comunque verosimile, fors’anche perché i turisti appartengono di norma a categorie agiate, che nemmeno saprebbero fare confronti con la violenza reale. Si può dunque decidere d’essere eroi senza macchia né paura, ma anche spietati killer con ogni genere di perversione, tanto nessuna delle vittime è davvero viva! Pure gli animali presenti sono automi.
Gli androidi interagiscono con i turisti, e non possono in alcun modo danneggiarli; il fatto che restino “uccisi” o sciupati dal cliente, al pari di un mobile, fa parte della scenografia e viene preventivato nell’alto costo del biglietto d’ingresso. Oggi rottami, in tarda serata, quando anche i più irriducibili turisti dormono, vengono raccolti da appositi camion, e in giornata verranno riparati riapparendo ben presto per le vie. Al termine delle due settimane, parte della loro memoria verrà cancellata, dopo di che saranno pronti a iniziare la commedia per un nuovo gruppo di turisti. All’inaugurazione, Delos offre tre scenari diversi, ovvero una Roma antica un po’ kitsch, tutta dedicata ai piaceri carnali, un avventuroso Far West e un Medioevo assai romanzato, sulla falsariga dei kolossal anni ‘50. Il costo del biglietto, un tutto compreso da 15.000 dollari, e le regole interne del parco, limitano il numero dei turisti. Essi sono sempre in gruppo ristretto, perché possano godere della migliore assistenza e meglio mescolarsi tra le due o tre centinaia di automi previsti per ciascun “mondo”.
Il programma della vacanza prevede che il facoltoso ospite arrivi in un centro di accoglienza, sostituisca le proprie cose con abiti e accessori d’epoca, e si cali per due settimane nel ruolo che sogna magari fin da bambino, vivendo un’avventura con finale all’altezza delle sue aspettative.
In pratica, si va a Delos per giocare di ruolo, dal vivo, 24 ore su 24, senza rischi… almeno in teoria.
GROSSO GUAIO A DELOS
Nella vicenda narrata, due ricchi amici vanno a vivere la loro vacanza da sogno nel mondo del West. Uno di loro è già stato a Delos; l’altro, alla prima esperienza, appare un po’ secttico, ma viene presto coinvolto dall’amico più esperto. I due passano i primi giorni della vacanza, sfogandosi tra saloon, cocotte e sparatorie, sfidando e “uccidendo” un terribile pistolero, divenendo a loro volta fuorilegge… Ma poi qualcosa comincia a non funzionare come dovrebbe nei computer del centro operativo, e i rischi diventano improvvisamente, e autenticamente, mortali.
L’androide pistolero uccide uno dei nostri, e inizia a braccare l’altro, in una serie di sequenze che potrebbero avere ispirato James Cameron nella realizzazione del suo Terminator. Memorabile il duello finale, il cui esito non rassicura del tutto lo spettatore.
Terrorizzato e affranto, dopo aver visto i tecnici della centrale morti asfissiati a causa del guasto ai computer, che nemmeno permette più d’aprire le porte d’uscita dal parco, il turista riesce a disintegrare il robot, quindi si accascia, forse morente o piuttosto prostrato, e probabilmente ben deciso, d’ora in avanti, a regalarsi vacanze solo in banali villaggi turistici.
DELOS vs JURASSICK PARK
Il film Il mondo di Robot rappresenta la prima regia di MICHAEL CRICHTON, fino a quel momento noto per i suoi romanzi fantascientifici (Andromeda, Terminale uomo, entrambi portati sullo schermo). Crichton sarebbe un Grande, peccato che troppe concessioni al mercato lo abbiano declassato agli occhi di certa critica, impegnata a metter insieme pranzo con cena demolendo ogni esempio di arte popolare che crei miti, di qualunque genere ed origine essi siano. Di Crichton è anche il soggetto di Jurassic Park, che, per certi versi, sviluppa alcuni temi de Il mondo dei Robot. Entrambi sono stati portati sullo schermo, con risultati a mio parere diversi e inaspettati. Per vari aspetti, sullo schermo il più moderno parco a tema preistorico è inferiore alla vacanza di Delos, forse perché la regia di Spielberg ha reso la vicenda un prodotto di sicura presa su un pubblico di famiglie, tagliando e modificando le pagine del libro col benestare dell’autore, e annaffiando il tutto con i prodigi – a volte fini a sé stessi, a volte impiegati con maestria – della grafica computerizzata. Il tripudio di effetti speciali spesso si sostituisce o sovraccarica la sceneggiatura, mandando in secondo piano temi invece assai importanti nel romanzo, o relegandoli a brevi siparietti, o perfino snaturandoli (come la teoria del caos e dell’entropia, il ruolo di Jan Malcom, la natura violentata, la trama spionistica). Ne Il mondo dei Robot non ci sono chissà quali effetti speciali, eppure di rado se ne sente il bisogno, grazie a una regia che sfrutta al meglio i mezzi disponibili, e al fatto che il film parla del rapporto tra l’uomo e i suoi desideri, i suoi vizi, la capacità di compassione o di innata violenza. Temi universali e sempre attuali, a cui l’abbondanza di scene spettacolari ben poco aggiungerebbe. Si nasconde male la penuria di adeguati set storici, anzi, si fa pochissimo per nasconderla. Il mondo medioevale è assai trash, con scenografie degne di una casa delle paure da luna park (e, a esser perfidi, di un porno sado maso); il mondo romano poi si vede appena, e quel poco ricorda certe ville americane stile pompeiano venute tanto di moda con il diffondersi dei kolossal. Gli attori in molti casi sono gli stessi stuntmen.
I mezzi modesti vengono sfruttati per evidenziare il senso di kitsch che grava su tutto il villaggio, e ricordare che, per sofisticata ed elitaria che sia, Delos è fasulla, è solo un luna park per palati esigenti che “pagano per crederci”.
Si fa notare come, tutto sommato, il visitatore abituale sia una persona ricca ma poco colta, in vena di sfogare sogni impossibili o capricci che la vita reale non accontenta; oppure sia talmente annoiato dell’aver visto “tutto” da poter accettare un’approssimazione grossolana purché sorprendente. Innovativo ancor oggi rimane lo stile del parco robotizzato: a Delos ci si trova a giocare di ruolo, si diventa protagonisti assoluti della vacanza, mentre il turista del Jurassic Park è uno spettatore di tipo tradizionale: viene messo su un pulmino che scorre su rotaie, e non può interagire con quanto vede. In quanto a interazione, poi, volete mettere l’ambiguo fascino di un androide, rispetto all’esibizione di un animale ottenuto con un futuribile prodigio tecnico? L’androide a Delos è volutamente mescolato agli esseri umani; il dinosauro viene categorizzato dalla mente umana come “animale, grosso, sorprendente” e come tale viene trattato. Non può uguagliare il disagio e l’attrazione che si provano davanti a quanto ci assomiglia ma nel contempo è diversissimo da noi.
Certo, ci sono piccoli e grandi bug nel film più vecchio, per esempio non viene spiegata l’origine del guasto che fa rivoltare i robot; o come mai le loro armi, prima innocue, possano poi uccidere. Non che Jurassic Park spieghi molto, nel senso che la sceneggiatura prova a dare una motivazione logica ma, quando il regista la introduce, gli eventi hanno già preso un ritmo tale che nessuno fa molto caso alla sottotrama. Nel film di Spielberg c’è subito una divisione netta tra “buoni” e “cattivi”, senza grosse sfumature. La trama premia i primi con la sopravvivenza, punisce i secondi con la morte, in maniera prevedibile. Diverso è il caso de Il Mondo dei Robot: i visitatori sono persone più credibili, ciascuno ha i suoi sogni proibiti, i suoi stress, i suoi vizi. Non so peraltro quanto venga da parteggiare per gli umani, che, alle prese con le macchine, si rivelano spesso ricchi poco svegli, brutalizzanti e sadici.
Il Mondo dei Robot non è perfetto, ma offre grossi spunti di riflessione che sfuggono all’opera più costosa.
LE BELLE IDEE DI UNA VOLTA
Davanti all’idea innovativa, modernissima, della vacanza nel parco a tema con automi, credo si possano perdonare certe mancanze di mezzi, anche quando condizionano la sceneggiatura le inquadrature ed il montaggio. Merita davvero questo film: è uno dei rari soggetti fantascientifici che, senza pesare sul budget, mette in piedi una vicenda tutta atmosfere e sogni tecnologici, e non cade in moralismi o in zuccherosi finali rassicuranti. La vicenda parte da un’ambientazione eccezionale e interessante, che richiese allora un costo contenutissimo. Tale minimalismo nei mezzi è stato salutare alla longevità dell’opera, ha evitato pomposi sfoggi di effetti speciali che avrebbero finito col “datare” il film rendendolo ridicolo all’occhio dello spettatore di oggi. Invece la vicenda, pure a tanti anni di distanza, poco ha perso del suo fascino originale, del suo valore di riflessione sulla natura umana, sulla violenza, su quello che l’uomo potrebbe essere senza le briglie delle leggi e della morale. Temi validi, oggi come trent’anni fa. Sotto la facciata vacanziera e disimpegnata, quasi da “B movie”, Il Mondo dei Robot mescola con sagace sobrietà i toni del meraviglioso, della fantascienza e dell’allegoria sulla violenza nel mondo moderno. Eccellente Yul Brynner come cowboy robotizzato, a metà tra il remake e l’omaggio al ruolo che interpretò ne I Magnifici Sette.
Il Mondo dei Robot è oggi introvabile in lingua italiana, e difficilmente si può vederlo alla televisione. Chissà, forse i reality sono altrettante Delos, peggiorate dalla continua ripetizione di stereotipi e volgarità. Si può recuperare con un certo sforzo il DVD in lingua inglese. Ebbe un mediocre seguito in Future World (2000 anni nel futuro, 1976). Nel caso vi capitasse, potete dare un’occhiata anche al sequel, senza farvi però illusioni: è un film un po’ scontato e non gode più dell’idea innovativa del predecessore.
Cuccussette vi ringrazia della lettura.
Questa recensione è stata edita da TERRE DI CONFINE https://www.terrediconfine.eu/il-mondo-dei-robot/
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