L'ISOLA MISTERIOSA

L'isola misteriosa (L'Île mystérieuse) è un famoso romanzo di avventura dell'autore francese Jules Verne. Fu pubblicato a puntate dal 1874 al 1875 e poi arrivò nelle librerie di tutto il mondo in un solo tomo. Come altri testi di Verne possiede elementi capaci di incantare i lettori di un tempo e conquistarsi ancora oggi un posto speciale nei cuori: ambientazione esotiche suggestive, animali giganteschi, avventure, il fascino del capitano Nemo, e una narrazione che, pur nella prosa ottocentesca distante dalla narrativa attuale, ben si presta a venir trasformata in una sceneggiatura cinematografica. La Settima Arte ha ovviamente approfittato di queste caratteristiche favorevoli e a partire dagli anni Trenta si sono succedute svariate trasposizioni per il cinema e per la tv.
Nel 2005 Russel Mulcahy ripropone il soggetto per una miniserie televisiva prodotta dalla Hallmark-TV, una casa americana specializzata in decorose pellicole a medio budget interpretata da attori decorosi non sempre famosissimi.
La sceneggiatura segue il romanzo concedendosi parecchie libertà, alcune già presenti in versioni precedenti, altre nuove o che dovrebbero apparire tali. La presenza femminile è assicurata: dal campo sudista scappano alcuni prigionieri tra cui un’infermiera vedova con la figlia adolescente. Fosse questa la sola libertà che gli sceneggiatori James Ashmore Creelman, e Ruth Rose si sono concessi, sarebbe un compromesso accettabile, e forse anche apprezzabile in quanto l’intreccio è molto noto. Non è stata la prima volta che sull’Isola Misteriosa sono approdati personaggi assenti dal romanzo, non sarà l’ultima e le linee produttive hollywoodiane da qualche anno a questa parte ci stanno abituando a remake con ruoli creati ad hoc pur di inserire ruoli femminili o rappresentanze di qualsiasi minoranza.
Nella miniserie l’aver introdotto il personaggio della piacente vedova comporta qualche momento sentimentale assente dal testo. Le parentesi rosa sembrano vistosamente appiccicate nella speranza di scatenare l’empatia delle spettatrici, tuttavia l’espediente funziona poco, in quanto tutti i personaggi restano poco approfonditi e prevedibili. O sono macchiette come un soldato codardo oppure sono tanto stereotipati e dimenticabili. Colpiscono poco i sentimenti della platea, complice una recitazione priva di entusiasmo. Straccano sulla spiaggia, tirano quattro colpi di tosse e sono subito dopo alle prese con una nuova avventura, senza che si spenda qualche sequenza per dargli una valida caratterizzazione. Tutti si aggirano per l’isola senza un background tale da giustificare capacità e debolezze, si presentano senza forti motivazioni che diano loro la forza di affrontare i pericoli. E’ difficile affezionarsi a questo manipolo di naufraghi e provare emozioni forti per quanto gli accade.
Oltre all’amore vengono introdotti anche i pirati a caccia di tesori. La sottotrama romantica è ‘solo’ prevedibile e scontata, mentre quella piratesca invece viene molto sviluppata e dà una piega differente agli eventi. La scelta è giustificabile solo in parte. Il romanzo è così noto da aver perso qualsiasi appeal dovuto alla sorpresa di un intreccio costruito ex novo. La vicenda viene quindi modificata, perdendo però anche le buone caratteristiche della storia conosciuta. I filibustieri, per quanto sembrino comparse mal pagate scappate da uno show di parco a tema, finiscono per eclissare quanto accade agli altri personaggi. Si ha l’impressione che se i personaggi hanno un’evoluzione, questa venga accantonata in quanto la presenza della ciurma con le sue malefatte deve condurre gli eventi all’epilogo.
Il crossover con L’Isola del tesoro domina quella che doveva essere una storia di sopravvivenza con elementi fantastici. Il romanzo sarebbe focalizzato sul gruppo di naufraghi che collabora e cerca di cavarsela come Robinson Crusoe, ripercorrendo le scoperte della civiltà. Affrontano animali di taglia gigantesca e li cacciano per nutrirsi. Si costruiscono un riparo accogliente. Ignorano per buona parte delle pagine di essere aiutati dal Capitano Nemo che ormai anziano vive sull’isola e manda loro oggetti utili. Invece qua troviamo baci e abbracci, pirati spacconi e animali giganteschi che i nostri eroi non possono sconfiggere, neppure unendo le forze. Il risultato è disarmonico, ammicca un po’ a Jurassic Park un po’ alla saga disneyana di Jack Sparrow, uscita al cinema due anni prima. E naturalmente c’è il Capitano Nemo in mezzo a tanta varietà di situazioni, con il suo ruolo da portare avanti in modo impeccabile.
Il regista ha quasi tre ore per dipanare la sua storia, e il minutaggio spesso è sprecato da una narrazione dispersiva e rindondante. Non basta il carisma del vecchio Capitano, o le bellezze selvagge della Thaylandia, per regalare emozioni durature. Forse opportuni tagli avrebbero snellito l’azione, riducendola però ai tempi di un film lungo invece che alle due puntate richieste.
A peggiorare se si può la già compromessa situazione, gli effetti speciali sono davvero mediocri, anche per gli standard qualitativi modesti di un’opera destinata alla televisione. Si notano bloopers d’ogni genere, con casse d’oro che vengono spostate come se fossero piene di paglia, con barbe e baffi oppure sacchi di sabbia di zavorra alla mongolfiera che appaiono in una sequenza per poi sparire e riapparire poi. Gli ‘svarioni’ non sono però il problema principale dell’estetica di questa miniserie. I personaggi appaiono incollati sopra i fondali come usava negli anni Cinquanta; allora era l’unica maniera per dare vita a scene fantastiche o mal riproducibili, nel 2005 la grafica digitale poteva far di meglio. Gli animali giganteschi sono proprio animali veri ingranditi in modo rozzo, il Nautilus è più piccolo di tanti yacht, le ossa trovate in giro sono di vistosa fattura artigianale. Tutti i trucchi sono usati e abusati in modo discutibile. Ci sono parecchie scene che sarebbero molto crude e non riescono a spaventare. Invece di lasciare immaginare le atrocità e affidarle alla fantasia degli spettatori, vengono inscenate fotogramma per fotogramma, privandole però di sangue o altri particolari macabri espliciti. Lo splatter può piacere o meno, è questione di sensibilità personale e di contesto narrativo. Il regista nemmeno si pone il problema, introduce la situazione orrifica salvo poi edulcorarla nella peggiore maniera. Non c’è una presa di posizione autoriale rispetto ai momenti paurosi e violenti; non si omette, non si dice la verità cruda. Si mente allo spettatore, che però si accorge dell’inganno, anche perché il montaggio è ingenuo.
Il migliore effetto speciale, e anche il motivo che può spingere un adulto a guardare la miniserie, è Patrick Stewart (Picard, Magneto…). L’attore shakespeariano emerge con la sua bravura, e risalterebbe anche se i quasi illustri ignoti che lavorano con lui si difendessero meglio. Il suo Nemo ha la giusta profondità, ha i monologhi, e contrasta con tutti quanti gli sono di contorno. Se la cava Kyle MacLachlan, gli altri sono proprio dimenticabili.
Probabilmente questa miniserie è un prodotto ‘per le feste’ in alternativa ai soliti stucchevoli film con improbabili amori sotto l'albero o inviti alla beneficienza. Può divertire un ragazzino senza annoiare troppo l’adulto, ha alla base una vicenda nota e lo spettatore è rassicurato che tutto andrà bene almeno ai ‘buoni’. Si lascia vedere senza spingere lo spettatore a riflettere, è piacevole e disimpegnato. Lo spettatore che chiedesse di più a queste tre ore piene di avventure, resterebbe deluso. E’ una miniserie da vedere tutti insieme, con il panettone alla mano e parecchi bicchieri di spumante.

 

Cuccussette vi ringrazia della lettura.

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