VITRUM - RIVERBERI NELLO SPECCHIO

Vitrum, opera prima di Marco Cei, è un thriller con elementi sovrannaturali e horror. Il regista, che lavora nel campo della produzione cinematografica dal 2000 e insegna alla scuola di cinema Anna Magnani di Prato, ha elaborato un soggetto piuttosto originale.

Rebecca Muraro, figlia di un ricco industriale del vetro, è scomparsa nel nulla. C è chi dice di averla vista nell’antica residenza di famiglia, Villa Serena, e proprio lì si radunano i parenti; tutti vogliono scoprire la verità: il padre Carlo, la sua nuova fiamma Ambra, il fidanzato Andrea e la sorella gemella Rachele. La villa è uno splendido edificio isolato su un colle, ma ha un passato inquietante: qualche anno prima, la madre delle gemelle vi morì cadendo dalle scale. Dopo la disgrazia, la grande dimora è stata abbandonata dalla famiglia e viene custodita solo da una governante, Marissa Cortesi, che la abita insieme alla figlia gravemente malata.

Rebecca non si trova nella villa, ma la sua presenza si fa percepire, annidata nei riflessi degli specchi e dei vetri. Eventi soprannaturali sconvolgono la mente dei familiari, facendoli a poco a poco precipitare nella follia. Tra apparizioni, visioni del passato, scomodi ricordi rimossi, la scoperta della verità procede di pari passo con la rivelazione di terribili segreti sepolti nel passato dei Muraro. E intanto, qualcuno cerca di eliminare i componenti della famiglia, uno ad uno…

In principio fu Agatha Christie con i suoi Dieci Piccoli Indiani: un giallo ambientato in una villa esclusiva e isolata, popolata da ospiti dal passato misterioso, confinati nella proprietà da una tempesta. Tra i personaggi si nasconde un assassino e si susseguono delitti efferati descritti con estremo pudore. Durante gli anni Settanta bastò lasciare da parte la pudicizia, aggiungere una buona dose di sangue e frattaglie, per dare vita allo slasher movie. In Vitrum, Marco Cei sfrutta le tecniche narrative di questo sotto genere horror, fondendole con il linguaggio del thriller paranormale, e con quello delle fiction. Il crossover è anomalo e rende interessante la vicenda, diversificandola dalle produzioni più consuete.

L’incipit ricorda quello di tante serie televisive dedicate alla storia di famiglie importanti, ricostruzioni romanzate di casate illustri oppure inventate di sana pianta. I protagonisti incarnano stereotipi che la televisione ci ha reso familiari: Carlo Muraro (Carlo Monni) un pater familias fiero della sua azienda; Ambra (Marzia Risaliti) la segretaria, sua ultima fiamma; Andrea (Andrea Bruno Savelli, qui attore e coproduttore) il fidanzato di Rebecca; la protagonista Rachele (Giuditta Natali Elmi, nel ruolo di entrambe le gemelle); Marissa Cortesi (Lucia Socci) tenutaria della villa; Miria Cortesi (Chiara Ciofini) figlia malata della tenutaria. Tutti i personaggi nascondono oscuri segreti, oppure agiscono seguendo secondi fini. Carlo è sempre stato troppo propenso alle relazioni extraconiugali, la prima moglie è morta cadendo dalle scale e la bella segretaria… ha svolto gli ‘straordinari’. Il fidanzato di Rebecca è stato attratto dalle ricchezze della ragazza, e quando è stato lasciato ha taciuto la separazione alla famiglia, per sfuggire ai sospetti, magari sperando recuperare il rapporto e la vita lussuosa. La gemella ha sempre vissuto un legame conflittuale con la sorella; i misteriosi avvenimenti ‘extrasensoriali’ le permettono di far luce sul passato e capire meglio la sua infanzia, il carattere tanto diverso di Rebecca, le scelte a volte incomprensibili.

Con il progredire della narrazione, le visioni di Rachele divengono la chiave per interpretare i fatti e scoprire il colpevole. Lo spettatore è guidato verso la verità da questi squarci sul passato, a volte indizi labili, ambigui.

L’accostamento di generi tanto diversi è originale, così come la formula che ha permesso la realizzazione della pellicola. Di solito il produttore paga gli attori, il regista e le maestranze; se poi il film ha successo, trattiene l’incasso, mentre se è un flop, ne subisce le conseguenze. Il sistema impiegato da Marco Cei è diverso: nessun partecipante viene inizialmente retribuito, ma tutti godono di una percentuale sugli incassi. Vitrum è nato in questo modo, con un investimento iniziale da parte del regista e della casa di produzione indipendente Diogene, e il supporto di alcuni sponsor esterni. Il Comune di Lastra a Signa, cittadina alle porte di Firenze, ha messo a disposizione la splendida Villa Bellosguardo per il tempo delle riprese. La villa, visitabile, si affaccia sullo splendido panorama della piana fiorentina, ed è celebre in quanto a inizio del Novecento proprietà del tenore Enrico Caruso. Il film è stato girato soprattutto in questa prestigiosa location, nelle strade di Lastra a Signa, e in una vetreria artistica, la CSV Cristallerie, che ha ospitato il prologo.

Oltre all’aiuto del gruppo di giocatori di ruolo dal vivo LuceNera, va segnalato l’intervento della bottega Filistrucchi e dei suoi artigiani. La piccola bottega fiorentina, ospitata in un pittoresco fondo ad un passo dal Teatro Verdi, è attiva fin dagli inizi del Settecento. Ancor oggi si occupa di trucchi scenici e parrucche, ed è un piccolo museo di storia del teatro. Gran parte degli effetti speciali sono nati dalla creatività di Filistrucchi.

Gli attori impiegati sono volti noti delle produzioni toscane; su tutti, l’indimenticabile Carlo Monni, poeta popolare, noto per aver animato per anni piazze, teatri, sagre, improvvisando versi e avvicinando al pubblico testi impegnati. Senza nulla togliere alla bravura degli altri attori, Vitrum è una sorta di testamento spirituale di questo artista, scomparso nel 2013.

La pellicola incarna l’utopia dell’arte fatta dalla gente e per la gente, un modello di cinema che intrattiene, commuove e fa sognare.

 

Cuccussette vi ringrazia della lettura.

Questa recensione è stata edita da TERRE  DI  CONFINE  https://www.terrediconfine.eu/vitrum-riverberi-nello-specchio/

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