VLAD

È difficile conciliare la passione per la Storia e l’amore per il folklore più autentico con le esigenze di produzione proprie del mercato cinematografico. Se poi il soggetto è assai sfruttato e la produzione dispone di mezzi limitati, l’impresa diviene davvero epica. Vlad è un film ispirato alla figura di Vlad Tepes, il voivoda valacco che nel corso del Quattrocento contrastò l’invasione turca ottomana e ispirò Bram Stoker per il suo personaggio più noto, il conte Dracula.

La pellicola, diretta e sceneggiata da Michael D. Sellers, vive di profonde contraddizioni, alterna buone trovate e un notevole gusto per il folklore e la Storia a imperdonabili cadute di stile. Molte mancanze sono dovute alle ristrettezze economiche e altre sono imputabili alla leggerezza della sceneggiatura.

La povertà emerge fin dalle prime sequenze: la pellicola ha i toni di un film televisivo per adulti, con tanto di fotografia virata nelle parti ambientate nel passato, qualche scena di sesso degna di un videoclip, e dialoghi stereotipati peggiorati da un doppiaggio mediocre (per farsi un’idea: il nome di Tirgoviste pronunciato con spiccato accento italiano, o uno studente che si assenta ‘per andare al gabinetto’ quando è nel folto del bosco…).

La ricostruzione della Valacchia del XV secolo è affidata a reenactors romeni, tanto che le armature delle comparse sono storicamente corrette. Probabilmente il gruppo storico ha fornito una parte dei costumi, ma le armi e armature utilizzabili durante le feste medievali sono quasi sempre poco vistose, inadatte a rendere atmosfere fantasy o a rivestire principi e sovrani. Equipaggiamenti storicamente impeccabili e nello stesso tempo appariscenti sono purtroppo assai costosi, e la costumista Ioana Corciova vi ha dovuto rinunciare. Per i personaggi di rilievo sono state create corazze decorative in resina, e la stessa spada di Vlad, luccicante e priva di segni d’usura, pare come appena comprata in una bancarella di souvenir.

Anche i trucchi e gli effetti speciali realizzati da Adrian Popescu sono innegabilmente sotto tono, e non bastano le suggestive location della Romania a nascondere tanta ristrettezze. Si salvano le sequenze della trasformazione di Vlad in nebbia e in lupo, mentre si tocca il fondo quando il manipolo di studenti giunge al Centro di Ricerca Veterinaria e una dottoressa sta operando… un grosso pelouche.

È un peccato, perché ci sono momenti in cui la Storia e il folklore si abbracciano, aiutandoci a comprendere la sensibilità di un popolo e le sue vicissitudini, senza dare inopportune valutazioni. Non è un caso se il film è stato girato in Romania, con comparse e maestranze locali. Memorabile, in questo senso, il matrimonio rituale che precede la sepoltura di una giovane morta prima di trovare uno sposo, con processione e canti; oppure il mito dei guerrieri che si trasformano in animali narrato dalla guida Mircea, che richiama all’orecchio la Cantata Profana del transilvano Béla Bartók. Tanta attenzione per le tradizioni popolari, insolita in un horror di serie B, contribuisce a creare un’atmosfera inquietante e risulta vitale per trasportare lo spettatore in un mondo vicino eppure sconosciuto.

Tocca ancora una volta alle produzioni indipendenti la difficile missione di proporre novità, far riflettere su problemi sociali, scegliere come protagonisti volti meno stereotipati. L’horror etnico è solamente una delle innumerevoli strade aperte, e le parti più riuscite della pellicola sono appunto quelle che avvicinano lo spettatore alle tradizioni popolari.

La sceneggiatura finalmente dà spazio alla biografia di Vlad Tepes; il ritratto del voivoda emerge da alcuni dialoghi e rivive nelle visioni dei protagonisti. Michael D. Sellers amalgama le contrastanti opinioni dei Romeni e degli occidentali. Per molti Romeni Vlad Tepes è una sorta di padre della patria, un salvatore sanguinario quanto eroico, che regnò col pugno di ferro, spinto dall’orgoglio nazionale, dal patriottismo. Ma Vlad in Occidente è conosciuto come un despota sadico, oppure è il vampiro reso celebre dai numerosi film. Nonostante le buone intenzioni del regista, alla fine anche il Vlad di questo film è costretto a mettere da parte i panni del condottiero per vestire ancora una volta quelli del non morto. Deve mostrare forza sovrumana, mutarsi in lupo o in nebbia, arrampicarsi su pareti e torri. Addirittura trasgredisce le molte limitazioni che il folklore attribuisce ai nosferatu: entra in terra consacrata, esulta lieto di aver superato le barriere del tempo imposte ai mortali, e concretizza l’attrazione fisica in ovvie scene di sesso. L’erotismo troppo esplicito è un facile richiamo per la platea, ma nuoce al personaggio. Vlad finisce per assomigliare ai supereroi di vecchio stampo, un Superman negativo con tanti poteri e pochissime debolezze.

Che Vlad sia malvagio è scontato: beve sangue, impala i traditori, padroneggia poteri arcani. Ma i mortali con cui si confronta non sembrano migliori di lui. C’è un gruppo di studenti che fa dubitare della serietà degli atenei da cui provengono, peraltro tutti prestigiosi. Tra lauree con tesi davvero insolite e battute degne di commedie ambientate nei college, i quattro universitari in questione si dimostrano superficiali, ignoranti, egoisti. Omettono la verità, fumano cannabis (trovata nella foresta!) in situazioni decisamente fuori luogo, accettano con ingenuità la comparsa della misteriosa Ilona, tendono ad abbandonare compagni in pericolo o ad accettarne la scompare sconcertante imperturbabilità…

Gli attori stessi sembrano impacciati, e il copione ostacola qualsiasi meccanismo di identificazione da parte dello spettatore. A risollevare il film non basta il breve cameo di Brad Dourif, serio professionista che dopo Qualcuno Volò sul Nido del Cuculo è stato confinato a ruoli da caratterista. Francesco Quinn è affascinante anche se poco fedele alle descrizioni dei contemporanei del voivoda, e recita senza infamia e senza lode, costretto dal copione a incarnare in un colpo solo tutte le versioni che l’immaginario attribuisce alla figura di Dracula: spietato conducator, non morto, seduttore, eroe nazionale, villain da fumetto. Troppe maschere per un solo personaggio, troppe incertezze nella sceneggiatura.

All’inizio della pellicola si subodora una trama d’avventura condita da elementi spionistici. Lo spettatore può attendersi uno sviluppo degli eventi analogo a quello di molti romanzi di avventura contemporanei, sulla falsariga di Wilbur Smith o del nostrano Marco Butticchi. Nel secondo tempo ogni intenzione di dar vita ad una spy story con sottofondo fantasy scompare, e resta un horror condito da scene inutilmente esplicite. La carnalità di Vlad stride con il personaggio riducendosi a sequenze da video musicale, mentre la violenza è prevedibile.

L’epilogo è affrettato e non ha nemmeno la scusante dello scarso budget: spendere un minuto di riprese per mostrare la meraviglia e il rincrescimento per la sparizione di un membro del gruppo non avrebbe certo comportato grandi spese. Il lieto fine è posticcio, con i superstiti vittoriosi tra le rovine della fortezza, e il disperso trascinato indietro nel tempo proprio là dove desiderava vivere, nel Medioevo più idealizzato. Tra l’altro lo vediamo al fianco dell’amata, con tanto di lucida armatura e cavallo, come se un simile equipaggiamento fosse alla portata di tutti.

L’epilogo falsamente consolatorio è discutibile anche perché, con tante scene di sesso e violenza, la pellicola non può certo passare per un film da famiglie. Né pere migliore il finale alternativo, presente tra i contenuti speciali del DVD. Ennesima contraddizione in un film che parte bene, per poi perdersi nei meandri della serie B.

 

 

Cuccussette vi ringrazia della lettura.

Questa recensione è stata edita da TERRE DI CONFINE https://www.terrediconfine.eu/vlad/

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