NUESTROS TIEMPOS - IL FUTURO E' ORA
Il tema dei viaggi nel tempo è un classico della fantascienza, ha conquistato appassionati sin dai tempi del romanzo La macchina del tempo di H. G. Wells, pubblicato per la prima volta nel 1895. Riproposto con mille variazioni, rappresenta un sottogenere che riscuote ancora oggi un buon gradimento. Gran parte dei film e telefilm dedicati ai viaggi nel tempo privilegiano gli aspetti più spettacolari, con incursioni in un passato popolato quasi esclusivamente da personaggi famosi, o in un futuro spesso disatteso dal reale sviluppo degli eventi. Si può perdonare facilmente l’ingenuità delle spiegazioni sul funzionamento del mezzo, in fondo se si conoscessero davvero i fondamenti scientifici su come costruire una macchina, questa esisterebbe. Si possono accettare anche le imprecisioni storiche perché i protagonisti devono vivere avventure straordinarie; le ricostruzioni accurate costano tanto e in molti casi lo spettatore non si accorge delle inesattezze. L’approssimazione più fastidiosa è però quella che accomuna i film sull’argomento dei viaggi nel tempo e le pellicole in costume. Ovvero, la tendenza a voler soprassedere riguardo la diversa mentalità dei personaggi e della società che li ha generati. C’è uno sgradevole <effetto Fred Flintstone> che assegna a persone provenienti da altre epoche e civiltà le stesse caratteristiche comportamentali che ritroviamo tra i nostri contemporanei. Come nel cartone animato dei cavernicoli con la cabriolet spinta con i piedi, i personaggi indossano abiti più o meno appropriati alla loro epoca, hanno la tecnologia dei loro tempi… eppure pensano e si comportano come persone del terzo millennio, spesso come Occidentali, cristiani, di istruzione media. Purtroppo accade anche in pellicole prive di qualsiasi elemento fantastico, fantascientifico oppure fantasy, perché è una scelta di scrittura che dovrebbe avvicinare i personaggi agli spettatori e far scattare l’empatia.
Nuestros Tiempos - Il futuro è ora è un film messicano di Chava Cartas che rimedia almeno in parte a questa tendenza, sebbene inquadri il problema dei cambiamenti della società focalizzandosi quasi esclusivamente sulla questione femminile e tralasciando altre importanti trasformazioni. 
Nel 1966 i due fisici Nora (Lucero) ed Héctor (Benny Ibarra), entrambi professori universitari, costruiscono una macchina capace di sfruttare delle microparticelle che si formano ogni trenta anni per viaggiare nel tempo. Per un errore arrivano nel 2025, e hanno pochi giorni per cercare di tornare nella loro epoca, prima che le particelle si disgreghino e debbano attendere altri trenta anni. Vengono accolti dai parenti e dal personale dell’Università dove lavoravano, ma l’impatto con la nuova realtà è devastante. In un mondo che dà il potere alle donne Nora viene valorizzata e si ambienta divenendo una donna realizzata e di successo, mentre il povero Héctor è spaesato e fragile …
Di fantascienza ce ne sta poca in questa pellicola, che fa dell’analisi sociale l’obiettivo primario, e affronta la riflessione sulla questione femminile all’interno di una trama esile e leggera, adatta a inserire episodi che esemplificano i fatti e le ideologie. La leggerezza però non equivale a stupidità o a banalità: semplicemente il regista Chava Cartas usa l’espediente del viaggio nel tempo come mezzo per rappresentare due società diverse e suscitare domande tra gli spettatori. La trovata fantascientifica si rivela analoga al naufragio di Gulliver, è un pretesto per far conoscere questa versione alternativa del 2025. La società sembra più inclusiva, sono scomparse le barriere architettoniche, la sessualità è più fluida per tutti, e soprattutto gli uomini non sono più i leader naturali.
Negli anni Sessanta i maschi erano considerati più autorevoli in ambiente accademico, le donne di solito erano assistenti o segretarie. La coppia protagonista, pur amandosi per davvero, risente della mentalità dei suoi tempi. Nora si rivela assai più brillante del marito, eppure accetta il suo ruolo subalterno senza lamentarsene. Il futuro ipotizzato invece vede il sapere scientifico e il potere sociale messo in mano alle sole donne, con gli uomini ridotti da maschi Alfa a piacevoli comprimari di cui si può far senza. E’ un presente parallelo, in quanto nella nostra realtà nelle facoltà scientifiche le donne sono ancora in minoranza, e la società non ha ancora raggiunto quel tipo di matriarcato e magari non ci arriverà. Per fortuna, però, perché quanto immaginato da Chava Cartas non è una società dove il genere è ininfluente e c’è parità di trattamento per tutti a pari capacità, ma è un mondo che ripropone l’aver persone nate di serie A e persone nate di serie B, stavolta con la predominanza delle femmine. In questo futuro Héctor non ha posto, perché resta ancorato alla vecchia mentalità e vuole mantenere il suo primato. Lo fa per mancanza di capacità di adattamento, non perché smetta di amare la brillante compagna. Nora invece affronta i cambiamenti con fiducia, e si rende conto di poter dare voce alle ambizioni che aveva nel cuore da una vita e che aveva soffocato, anche se la sua ascesa comporta il declino del marito. Questi è due volte emarginato, perché maschio, e perché esprime in pubblico pensieri inaccettabili per la mentalità comune.
Non si parla solo di mutati rapporti tra generi, ma anche di quanto l’ambizione possa venire condivisa all’interno di una coppia, e di quanto sia difficile restare in secondo piano perché < il tuo successo è il mio successo>. 
I personaggi in scena sono pochi, ma ben sviluppati e recitati decorosamente da interpreti famosi in Messico e poco conosciuti in Italia, a meno di non ascoltare musica messicana o vedere soap opera e film televisivi di quel Paese. 
I toni della narrazione sono quelli di una scorrevole commedia sentimentale con qualche elemento di fantascienza e molta ideologizzazione dei fatti narrati. C’è la teoria sul viaggio nel tempo, c’è una macchina scalcinata e propensa a guasti d’ogni genere, proprio come potrebbe essere un prototipo di qualsiasi invenzione. Il mezzo tanto per cominciare viaggia solo nel tempo e si sposta di poche centinaia di metri dalla località di partenza. Ogni aspettativa di poter vedere una vicenda d’avventura o d’azione muore con l’accoglienza amichevole che i due viaggiatori ricevono da parte della Rettrice e dei pochi parenti. Ci sarebbe il conto alla rovescia che rischia di bloccare i viaggiatori nel 2025, a poter dare brio e tensione alla vicenda. L’elemento viene sprecato in quanto ogni volta che si ricorda questa caratteristica della macchina, lo si fa in modo quasi marginale, senza suscitare la minima suspance. Invece di sfruttare questo conto alla rovescia per risollevare l’attenzione degli spettatori attratti dall’idea di un film fantascientifico con alle spalle una cultura diversa dalla solita statunitense o britannica, la sceneggiatura ha cali nella seconda parte del film. Mentre Guillermo del Toro fonde il fantastico con la riflessione sociale e politica senza sacrificare la dimensione onirica e fantasy, Chava Cartas usa il fantastico come pretesto per parlare di temi sociali. Dei viaggi nel tempo se ne intende poco e nemmeno pare intenzionato a farsi una cultura sull’argomento. Questa pellicola appare distante anche esteticamente dai film di genere, sia nell’estetica delle scenografie e dei costumi, sia nei movimenti di macchina piani e lenti. Gli effetti speciali che animano la macchina del tempo sono modestissimi, e le riprese avvengono prevalentemente in sobri interni degni di una nota multinazionale dell’arredo a basso costo. Il futuro immaginato è volutamente il nostro presente rivisitato dalla crociata contro il patriarcato. Il sense of wonder, se c’era stato nel primo quarto d’ora, si spenge malinconicamente lasciando una insolita commedia femminista, che fa riflettere al costo di sacrificare la fantascienza. C’è da dire che mentre in film come Barbie la battaglia woke è una esplicita jihad, in questa pellicola ha anche i suoi difetti, perché porta a una civiltà ugualmente discutibile, dove le persone sono comunque categorizzate per il sesso di nascita e non per quello che sanno o non sanno fare, e dove chi ha idee diverse è emarginato.
L’ epilogo furbamente cerca di metter d’accordo tutti, con un lieto fine appiccicato per la gioia di una platea che vuol veder trionfare l’amore con la A maiuscola. Peccato però che l’argomento dei viaggi nel tempo di solito scoraggia quanti sono poco attratti da questo sottogenere. Che sia un film ideologizzato lo si capisce dopo un quarto d’ora di proiezione. A quel punto i fan della fantascienza capiscono di essere nel posto sbagliato, ma gli appassionati di film di impegno civile nel frattempo si sono annoiati con la parte fantascientifica. Lo spettatore è avvertito, la visione è a proprio rischio e pericolo, può interessare come può indispettire...  
Cuccussette vi ringrazia della lettura.
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