BRAVE NEW WORLD

«O meraviglia! Quali creature mirabili! e come è bello l'umano genere! Oh dolce nuovo mondo, pieno di un tal popolo!!» Il romanzo di fantascienza distopica di A. Huxley immagina un futuro fin troppo sereno per l’umanità. Non ci sono più guerre, si vive attivi e di aspetto giovane fino a ottanta anni, il sesso è libero e promiscuo, e tutti sono felici… Apparentemente sembra l’età dell’oro, ma il prezzo pagato per questa armonia è molto alto.
La trasposizione televisiva del 1980, diretta da Burt Brinckerhoff, cerca di ricreare con fedeltà l’ ambientazione di un simile futuro. Delle quattro ore di trasmissione, o tre che siano poiché esistono due versioni di questa miniserie, la prima è impiegata per descrivere il Nuovo Mondo agli spettatori che non avessero letto il libro.  
La società è improntata ai valori di Comunità, Stabilità e Identità; essi si realizzano facendo credere alla gente di essere contenta di quello cha ha. I bambini nascono in laboratorio, e fin dall’embrione sono condizionati dalla propaganda e dall’educazione che li preparerà al ruolo sociale che avranno da adulti.
Slogan in rima vengono propinati ai nascituri e consolidati negli anni successivi alla nascita, trascorsi n una sorta di sonno ipnotico. Nessuno finisce disoccupato o infelice perché vorrebbe essere qualcosa di diverso da quello che è, nonostante ci siano differenze dovute agli interventi sull’embrione e sul suo condizionamento. Ci sono classi sociali immutabili e stabilite al momento del concepimento in vitro: gli Alpha sono i dirigenti, i Beta sono intelligenti ma meno propensi a comando, i Gamma sono semplici lavoratori e gli Epsilon sono addetti ai lavori più umili, capiscono poco e parlano a monosillabi. La gente in ogni caso ha abiti che identificano per colore la loro casta, e vive appagata dal sesso assai libero, da divertimenti condivisi, dal consumo di beni e, quando è giù di morale, di pasticche di una droga chiamata Soma. La religione ufficiale è il culto di Ford, l’inventore della catena di montaggio e della Ford T, tanto che disegnare una T con le dita è un saluto. In questo apparente idillio vive Bertrand, Alpha alla dirigenza di un laboratorio dove si creano bambini.
Presentata la società di questo ipotetico futuro, il restante minutaggio va a narrare i fatti veri e propri. La vita di Bertrand scorre felice fino al giorno in cui ha l’idea di andare a visitare una Riserva insieme a una compagna. Il progresso infatti ha risparmiato alcune aree dove vivono ancora persone che non hanno la tecnologia avanzata, che hanno una famiglia, una religione con riti pittoreschi, partoriscono, invecchiano e muoiono decrepiti come invece non accade ai cittadini del Nuovo Mondo, il cui declino è improvviso e fatale nel giro di pochi giorni. La vacanza però finisce male, perché gli indigeni li assaltano e li derubano; fuggendo la ragazza cade da un’alta rupe e viene data per morta, mentre con fatica il dirigente riesce a far ritorno alla sua civiltà. La donna invece è viva, viene portata al villaggio dove è costretta a convivere con un uomo e, con suo grande orrore, fare figli. Non riesce a scappare e non può inserirsi perché è sessualmente disinibita e ha ripugnanza dei costumi di quella gente, disprezzo largamente ricambiato. Ha un figlio, John, che cerca di incivilire come meglio pensa, insegnandogli gli slogan e facendogli leggere Shakespeare. Quando anni dopo il ragazzo ormai uomo e sua madre vengono trovati e riportati al Nuovo Mondo, è il dramma, raccontato nelle restanti due ore di spettacolo.
I ritmi narrativi appaiono lenti rispetto alle serie attuali. In parte tanta lentezza è tipica delle produzioni televisive del periodo, in parte è motivata dalla fedeltà al testo, e dalla necessità di spiegare per filo e per segno come funzioni quel mondo.
La sceneggiatura mantiene gran parte delle invenzioni, degli slogan che sono alla base di quella civiltà, con qualche accenno nei dialoghi ai riti orgiastici che sanciscono l’appartenere alla collettività piuttosto che a un singolo individuo. Ne mostra pregi e difetti con accortezza, senza trarre giudizi affrettati o superficiali. Se i cittadini modello dell’utopia sociale de futuro sono inetti e condizionati, quelli della riserva appaiono altrettanto ottusi, violenti, superstiziosi e incapaci di pensare che altri popoli possano vivere e provare emozioni in modo differente. Ogni mondo, vecchio o nuovo, ha le sue criticità; la differenza è che siamo più abituati alla maniera di vivere dei selvaggi della Riserva, mentre il freddo mondo ideale ci appare più estraneo…
Le figure più interessanti sono quelle che vivono il contrasto in prima persona. Il giovanissimo ragazzo Alpha che si innamora di una sola compagna, ama il silenzio, detesta i giochi educativi di gruppo, è la prova di come anche in un mondo preordinato possano verificarsi errori. John il Selvaggio sogna un mondo simile al suo ma più libero, dove si possa diventare quello che si vuole, e invece è proprio il contrario, tutti desiderano ciò che possono avere, e cosa vogliono è qualcosa di inculcato fin dal concepimento.
Passata la curiosità per tutte le macchine che rendono piacevole la vita, John capisce l’inganno e si ribella con i modi violenti di un uomo estraneo a quel tipo di progresso.
La vera tragedia, pare ammonire questa trasposizione, non è essere nati Epsylon invece di Alpha, o essere un selvaggio. La sofferenza attende chi resta a metà tra i due mondi, il ragazzino Alpha che per un errore durante l’incubazione del suo feto ha sviluppato il senso critico, e ovviamente John il selvaggio che dopo un primo momento di curiosità da star e di disprezzo per i comportamenti antisociali viene dimenticato perché non riesce a inserirsi, neppure come criminale.
Così la macchina da presa indugia placida sulle invenzioni, sui costumi, sugli interni asettici del laboratorio, o sul villaggio che sembra una baraccopoli del Quarto Mondo. Ovviamente sono tutti scenari costruiti in economia con cartone e plastica e qualche mobile che farebbe la gioia degli amanti del modernariato. I pochi effetti speciali sono minimali, i costumi sembrano a essere gentili, usciti dal serial Buck Rogers, e a essere perfidi, tutine da fitness femminile. Purtroppo è quasi impossibile poter ricreare un mondo futuro e le meraviglie del domani quando i mezzi sono tanto ridotti. Questa trasposizione è un prodotto a basso costo, gli attori sono nomi praticamente sconosciuti nel nostro Paese. Si riceve l’impressione che la storia narrata sia più interessante per il testo che ha le spalle, che non per l’effettiva sua resa in immagini, però funziona nonostante tutto.

 

Cuccussette vi ringrazia della lettura.

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