FLASH GORDON
Il personaggio Flash Gordon nasce dalla fantasia di Alex Raymond come striscia a fumetti; la sua popolarità è stata tale da avergli fatto attraversare media diversi, dai radiodrammi ai serial che venivano proiettati con uscite settimanali tra gli anni trenta e Quaranta prima dei film veri e propri, a serie televisive a cartoni animati e in live action. Il successo del personaggio è dovuto al senso di meraviglia che sprigionano le ambientazioni, al clima da space opera che deve più al fantasy che alla fantascienza, all’appeal del protagonista e dei personaggi principali.
In passato i film da sala su Flash Gordon erano stati ottenuti dal montaggio dei vecchi serial del 1936, ricolorati e condensati per creare pellicole autonome sfruttando quanto era stato girato in passato. Anche gli stessi cortometraggi proiettati al cinema, pur essendo stati costosissimi per l’epoca, avevano riciclato musiche e scenografie da produzioni più ricche. Per molti anni l’idea di un remake si era arrestata davanti ai costi improponibili e alla consapevolezza che gli effetti speciali disponibili non erano poi così avanzati da poter avere risultati molto superiori a quelli visti nel passato. Fino agli anni Ottanta nessuno aveva pensato di investire ingenti risorse per modernizzare la storia e far ripartire le avventure. Il fenomeno di Guerre Stellari aveva però cambiato nei produttori la percezione del genere fantastico. Era la prova più esplicita di quanto la gente avesse voglia di vedere astronavi e pianeti lontanissimi, purché fossero inscenate con effetti speciali innovativi. Le avventure spaziali potevano essere di nuovo un genere su cui investire, soprattutto nel sottogenere della space opera, tanto affine al fantasy e privo di speculazioni scientifiche.
Nel 1980 venne realizzato un lungometraggio in grande stile, diretto da Mike Hodges.
Flash Gordon è un campione sportivo che dopo essersi schiantato con l’aereo in seguito a un meteorite si trova imbarcato insieme alla giornalista Dale Arden sul razzo del Dottor Zarkov. Lo scienziato è un ex consulente della Nasa e ha capito come dietro agli strani fenomeni che stanno accadendo ci sia un’intelligenza aliena. Flash e Dale Arden insieme a Zarkov si ritrovano sul pianeta Mongo, governato dal crudele Ming. Vivranno mille avventure per rendere la libertà ai cittadini di quel mondo…
Flash Gordon si prestava come soggetto ideale per una trasposizione all’insegna del revival e del glam: il personaggio era stato molto noto però era passato tanto tempo dall’uscita delle ultime pellicole di montaggio e quindi era possibile ricreare una versione delle sue gesta innovativa, spettacolare. La vicenda narrata è ricca di colpi di scena, scontri, voltafaccia di amici e alleati, battaglie su astronavi e velivoli… proprio come in una bella fiaba narrata con gusto adulto.
Data l’ambientazione di Mongo e dei pianeti vicini, non era proprio possibile rinunciare all’opulenza e al barocchismo visivo: era obbligo sorprendere lo spettatore giocando la carta della spettacolarizzazione più estrema. Uomini uccello, cyborg con protesi di lucido metallo, mostri, astronavi e città tra le nuvole… La pellicola di Hodges è basata in primo luogo sulla potenza delle immagini, sulle scenografie riprodotte in studio, sui costumi e sulla meravigliosa colonna sonora dei Queen.
Gli ambienti esotici sono parte integrante delle avventure, dalla reggia di Ming alle giungle di Arborea, alla Città Volante degli Uomini Falco. La resa visiva per l’epoca è sorprendente, soprattutto se si pensa che si tratta di trucchi realizzati ancora in modo del tutto artigianale.
In quanto remake era altrettanto necessario che la sceneggiatura esasperasse quanto nel fumetto era appena accennato, ovvero l’erotismo e il senso dell’orrido. Mentre Dale Arden mantiene il carattere di ragazza dolce e innamorata, Aura ha robusti appetiti sessuali che sfoga o vorrebbe sfogare quasi con tutti i personaggi maschili. Le battute a doppio senso si sprecano e accompagnano tutta la vicenda.
L’orrore è affidato a poche sequenze, agli occhi vuoti degli attendenti alle trasmissioni, al mostro che è protagonista della roulette russa che attende i partecipanti all’iniziazione su Arborea, agli occhi strabuzzati che esplodono dalle maschere di ferro indossata da Klytus… Sono brevi momenti, che definiscono il tono generale della narrazione, ricca di elementi pulp rivisitati in chiave glam, con costumi sontuosi e scenografie indimenticabili.
Sembrerebbe un remake riuscito, se non ci fosse stata la scelta discutibile di voler abbinare ai classici ingredienti pulp anche l’umorismo esplicito. I dialoghi sono deliranti, non solo quelli del copione di Aura che rasentano il porno meno esplicito, ma anche quelli degli altri personaggi.
La recitazione è sempre sopra le righe o vistosamente impacciata, a parte Max Von Sydow nei panni di Ming, e qualche buona caratterizzazione (Chaim Topol come Zarkov, Timothy Dalton come Balin). Ornella Muti è un sogno erotico a occhi aperti, da cui ci si sveglia non appena la principessa Aura strilla. Sam J. Jones, Flash, è tanto statuario quanto impacciato: appena apre bocca sembra un dilettante preso da un corso di teatro di provincia, di quelli con pretese amatoriali. Non è un caso se la sua carriera di attore conta pochi titoli.
Tutti i personaggi sembrano frutto di una scrittura parodistica, non proprio volgare e caciarona come quella del cult Flesh Gordon – Andata e ritorno dal Pianeta Porno, ma poco ci manca. Troppi ingredienti sciupano la ricetta o piuttosto le cambiano sapore, virandola nei toni del kitsch più estremo. In questo caso l’intruso è l’umorismo, troppo frenato per essere un’esplicita parodia goliardica, troppo presente per rendere le atmosfere del passato con elegiaca affettuosa fedeltà. Ci sono momenti slapstick come l’incontro di rugby tra Flash e l’armata dei soldati robot, ci sono le battute boccaccesche di Aura, l’umorismo da taverna del signore degli Uomini Falco… Le abbondanti dosi di comicità e il trionfo del kitsch sono però anche quanto rende i copioni memorabili e conferisce all’intera narrazione un sapore particolare.
Purtroppo Flash Gordon non è stato capito ed apprezzato al momento dell’uscita in sala. Una parte del pubblico rimpiangeva il patriottico eroe che esportava nella Galassia lontana lontana i valori degli Americani. Altri erano troppo giovani per ricordare fumetti e telefilm. Altri spettatori risentivano di pregiudizi e di condizionamenti culturali tali da rifiutare un film del genere, soprattutto nella sua parte umoristica. Eppure è proprio quel misto di orrore, erotismo, humor da slapstick o demenziale, quanto a distanza di anni ha trasformato Flash Gordon in un cult. Negli anni è stato rivalutato; soprattutto per quanti hanno visto la pellicola da ragazzi, rivederlo è sempre un’esperienza indimenticabile.
Cuccussette vi ringrazia della lettura.
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