2061 UN ANNO ECCEZIONALE

Il nome Carlo Vanzina è per molti critici sinonimo di autore di pellicole volgari e banali, brutte sotto qualsiasi punto di vista e prive di affetto verso la Settima Arte. Molti cinefili ‘seri’ snobbano a priori qualsiasi film realizzi, spesso senza neppure visionarlo, ed il termine ‘vanzinata’, attribuito a qualsiasi B-movie trash, la dice lunga sulla brutta reputazione del regista.

2061 un anno eccezionale potrebbe rappresentare una svolta nella carriera di Vanzina, ma è difficile, se non impossibile, smentire pregiudizi tanto radicati. Il soggetto è inconsueto, inscena un Medioevo prossimo venturo, celebra il cinema trash, omaggia a suo modo Mario Monicelli e i suoi strampalati antieroi di un passato immaginario, goliardico e fracassone.

Il futuro immaginato esaspera vizi e paure del nostro presente: la Terra ha esaurito il petrolio e molte materie prime sono diventate un lusso per pochi, il livello del mare si è innalzato sommergendo città intere. I protagonisti attraversano un’Italia su cui gravano i fantasmi del nostro presente, la televisione calma gli animi proponendo reality degni di The running man, le automobili giacciono abbandonate sulle autostrade, ìl ponte sullo Stretto di Messina è stato realizzato ed è crollato al pari delle speranze dei più. Garibaldi è stato dimenticato, l’Italia è divisa in Stati analoghi a quelli esistenti a metà Ottocento, il Meridione è stato invaso dagli Africani. Il pirata Professor Aldemaro Maroncelli in arte Marcos, Pancho Villa, Gengis Khan, Attila… raduna una strampalata ciurma di improbabili patrioti desiderosi di riunire la Nazione, e di mettere insieme pranzo e cena.

Gli improvvisati avventurieri si dirigono verso Nord, in un susseguirsi di gag attinte sia dai vecchi film comici degli anni Ottanta, sia dalle incursioni nel passato di Mario Monicelli.

Le citazioni sono abbastanza esplicite, a partire dall’incipit, che ricorda quello de I Picari. La vicenda procede per episodi, alcuni molto riusciti, altri di mestiere; il viaggio ammicca alle peregrinazioni di Brancaleone. I protagonisti sono analoghi: due ladri di polli, un professore pirata, una concorrente di reality show destinata ad essere uccisa per volere dell’audience, un gay, un celta… Sono le controparti post moderne dei compagni del cavaliere errante, più egoiste e meschine, pronte a tradire ogni ideale pur di salvare la pelle, o a cercare protagonismo con gesti di generosità cameratesca. Un’allegra marcia accompagna il cammino degli improbabili eroi e l’ ambientazione dà vita ad un futuro apocalittico e medievaleggiante, con armi bianche che convivono accanto a fucili, armature e giubbotti antiproiettile, asini e rare automobili sulle strade polverose, tribunali degni dell’Inquisizione e balere dedicate a Fidel Castro. Passato e futuro si danno la mano, e non mancano richiami all’attualità, dalla corruzione dei potenti di ogni credo e colore, all’istupidimento generato dai media, fino al più classico repertorio del cinema apocalittico, con tanto di citazioni da Ray Bradbury – un Liceo è intitolato Farenheit.

Accanto all’omaggio a Mario Monicelli ci sono echi dei migliori film di Gabriele Salvatores, spunti introdotti forse dallo stesso Abatantuono, che ha curato la sceneggiatura.

Salvatores racconta viaggi, i protagonisti incarnano vizi e virtù degli Italiani medi, lasciano un’esistenza opaca diretti verso una meta lontana. Poco a poco, si rendono conto che l’importante è il cammino percorso, più che il raggiungimento dell’obiettivo, e il viaggio è un’esperienza di formazione. A prima vista Abatantuono torna a vestire i panni del ‘terrunciello’, usa lo slang che lo rese famoso negli anni Ottanta, cita Attila e indossa abiti degni del Ras del quartiere, ma il personaggio è cambiato. Inizialmente sbruffone, nel corso degli eventi diviene suo malgrado un antieroe malinconico; la trasformazione segue di pari passo il dissolversi della trama. Lo scopo della missione perde progressivamente importanza agli occhi degli spettatori, mentre acquistano valore le esperienze e i personaggi grotteschi incontrati, ruoli affidati a volti noti del grande schermo.

2061 un anno eccezionale celebra il cinema trash italiano, ricordato con partecipazione fin dal sottotitolo che ammicca a Eccezziunale veramente. I ladri di bestiame ricordano Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, indimenticabili interpreti di tante commedie dei primi anni Settanta.

L’umorismo sfrutta diversi generi di comicità; il contrasto tra personaggi di varie regioni è analogo a quello presente nei fumetti di Asterix e Obelix, le battute di Abatantuono sono un susseguirsi di freddure e giochi linguistici, e ci sono situazioni che prediligono la comicità facile e scurrile. Modi diversi di ridere, che si fondono e talvolta stridono, perché le volgarità gratuite riempiono momenti in cui la narrazione perde il ritmo. Male amalgamate, relegano in secondo piano e le tante riflessioni caustiche sui difetti della nostra società, e sul valore della cultura.

Pur essendo un film disimpegnato, e consapevolmente trash, il film insiste sull’importanza dell’istruzione: il protagonista deve il suo ruolo di leader a quanto ha imparato frequentando persone più ricche ed istruite, gli ignoranti sono i primi a cadere nei tranelli tesi dai potenti. Maroncelli è un uomo consapevole, può scegliere e decide di sacrificarsi divenendo un eroe, un patriota; per gli altri c’è una vita da esuli, oppure un’esistenza opaca e ‘normale’, in un’Italia finalmente riunita.

L’epilogo è coraggioso, e malinconico, proprio come nelle commedie di Monicelli, da La Grande Guerra a Amici miei. Non c’è più il futuro di una volta, e qualche anno più tardi Nicola guarda la statua del protagonista in compagnia della moglie incinta e dei due figli; il ricordo delle avventure vissute, è un ricordo destinato a sbiadire poco a poco.

Vanzina purtroppo non ha la mano del compianto padre di Brancaleone, cede all’umorismo da caserma e si lascia tentare dagli sponsor, con fastidiose inquadrature in dettaglio su oggetti con marchi celebri. Nonostante le pecche vistose, 2016 un anno eccezionale ha il pregio di prendersi con fracassona leggerezza, e la celebrazione del passato è pervasa da una buona dose di ironia. Il regista compie un’operazione per molti versi analoga a quella portata a termine da Duccio Tessari, che a suo tempo realizzò il peplum umoristico Arrivano i Titani, e poi rivitalizzò lo spaghetti western. I muscolosi eroi del filone mitologico erano in declino, l’utopia della frontiera aveva visto giorni migliori, e l’unica maniera per poter ancora narrare storie di genere era trasformarle in farse più o meno sgangherate. Oggi il cinema trash vive nella nostalgia di quanti ricordano con affetto quelle modeste pellicole, e l’unica maniera per sottrarle all’oblio, oltre alla distribuzione in streaming, pare essere la rivisitazione parodistica. Rispetto a questo film di Vanzina, i cinepanettoni sono ben altra cosa; peccato che una cattiva distribuzione e i preconcetti della critica ‘impegnata’ abbiano fatto d’ogni erba un fascio.
 

Cuccussétte vi ringrazia della lettura.

La recensione è stata edita dal compianto Prof Raffaele Licinio, sul suo sito CINEMA E MEDIOEVO https://www.cinemedioevo.net/altrerecensioni/lazzarini05.htm

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