GLI IRREGOLARI DI BAKER STREET

Sherlock Holmes è un personaggio acclamato fin dai suoi esordi e che ha dato origine a una fitta schiera di emuli che hanno creato avventure apocrife, sorta di fan fiction ante litteram. Le opere derivate presto saranno libere dal copyright in quanto dal 1 Gennaio del 2024 saranno passati novantacinque anni dalla pubblicazione degli ultimi racconti. Il personaggio diventerà di pubblico dominio, permettendo la pubblicazione di qualsiasi romanzo con il celebre investigatore. Meraviglia solo in parte l’uscita  nel 2021 di una serie singolare, Gli Irregolari di Baker Street, a tre anni dal non dover pagare più niente per sfruttare il personaggio. Verrebbe da sospettare che i produttori avessero sperato di rinnovare la fama e poter poi distribuire romanzi fatti da fan di ieri e di oggi. Questa dovrà però restare una supposizione, in quanto la serie ha avuto una sola stagione in quanto è stata cancellata, per la gioia dei puristi.
Per quanti sono appassionati del celebre detective conosciuto attraverso libri, film e serie questa produzione televisiva è scioccante, va oltre la rivisitazione pulp di Guy Ritchie. Negli Irregolari di Baker Street di canonico restano solo i nomi di Sherlock Holmes e di Watson, e la premessa. Nei racconti originali di Conan Doyle si accenna al fatto che il detective pagasse dei ragazzini poveri affinché questi gli fornissero indizi agevolando le indagini. Le otto puntate partono dalle poche righe presenti e assegnano un’identità a questi giovani assoldati da un ambiguo Watson. A dirla tutta, fino alla metà della serie di Holmes vediamo solo i piedi nudi appoggiati su un sofà e un po’ di vomito. Ebbene, dimentichiamoci pure di Holmes alto e magro col naso aquilino e occhi penetranti, freddo e compassato e asessuale, e di Watson serio medico borghese con la pancetta. Watson è un damerino di colore spocchioso e infatuato di un Holmes che sembra il fratello meno attraente del Nono Doctor Who e che dopo la perdita della compagna si è dato all’oppio riducendosi uno straccio. L’attenzione è posta soprattutto sui ragazzi, una gang di orfani uscita da un istituto priva di mezzi e mestiere nella Londra vittoriana dove i meno abbienti sopravvivono tra malattie, alcol da poco prezzo, droghe e prostituzione.
C’è Billy, che crede di essere orfano di un valoroso soldato e della moglie morta quando era piccolo, e pensa di risolvere ogni problema facendo a pugni; Spike invece abbindola la gente con le sue balle ben piazzate. Capo della gang è Bea, veste come un ragazzo, è disincantata ma si rivela molto saggia. Spesso difende la sorellastra Jessie, una ragazza dotata di poteri paranormali tali da poter entrare nella mente di chiunque desideri, con un semplice tocco. Completa il quartetto Leo, principe in incognito, fuggito dalla reggia in quanto essendo emofiliaco viene tenuto sotto una campana di vetro, eroe ispirato al Principe Leopoldo figlio della Regina Vittoria. Sono tutti personaggi ben delineati, multirazziali come poteva accadere negli slums dell’epoca; nel corso  delle avventure mettono a nudo il loro carattere, i loro timori, le loro doti. Tutti maturano, c’è chi diventa più riflessivo, chi comprende il peso della propria condizione e le responsabilità che ne derivano.
La vera novità è l’ambientazione: c’è una Londra di matrice dickensiana, verosimile nei suoi contrasti tra i ceti umili e i benestanti, dove la gente viene fatta sparire senza che la polizia intervenga con solerzia  ma soprattutto c è una Londra alternativa dove il sovrannaturale esiste. Le sedute spiritiche e i riti possono donare poteri a chi le pratica, anche se al prezzo della sanità mentale o comunque di grandi rinunce. Esistono anche persone dette Ipsissimus, dotate di poteri paranormali fin dalla nascita, capaci anche di aprire varchi tra la nostra ed altre dimensioni, e Jessie è una di loro. I poteri più che dare vantaggi generano incomprensione e isolamento sociale da parte della gente comune, mentre aprire un Varco può condurre nel nostro mondo il caos e creature mostruose d’ogni genere. Holmes e Watson ne sanno parecchio, più di quanto non dovrebbero.
Le puntate sono quasi tutte one shot con la formula del ‘monster of the week’, ovvero in ogni episodio i ragazzi risolvono un diverso mistero. Le avventure prevedono sempre indagini e scontri con persone dotate di poteri che usano per vendetta, per egoismo, per amore. C’è poi la sottotrama legata alla maturazione di Jessie e al suo rapporto con l’ambiguo Uomo in bianco, un altro Ipsissimus. Proprio lo sviluppo di questo incontro di menti elette riporta in azione Holmes…
La serie funziona molto bene nelle prime puntate, che presentano elementi da teen movie accanto a indagini stile The X Files con la dovuta dose di gore. Vengono sfruttati tanti riferimenti alla cultura horror, da Frankenstein al Golem, all’Occultismo della Golden Dawn, a Jack lo Squartatore… La seconda parte con la ricerca del Varco e la rivelazione di molti dettagli sulle storie familiari dei protagonisti invece arranca, ed è una pugnalata per i fedelissimi fan, in quanto si demoliscono completamente le figure dei due iconici detective.
Siamo proprio dalle parti della Vera storia di Jack lo Squartatore, con atmosfere cupe dove l’ amore ha un suo prezzo e molto spesso non trionfa, e siamo anche dalle parti di Bridgerton. La serie risente molto della cultura woke, il progressismo che pur di diffondere idee anche condivisibili sta demolendo icone e impone la presenza di minoranze in ogni opera che voglia godere di una buona distribuzione. Alcune invenzioni possono convivere tranquillamente con quanto ha scritto Doyle, altre portano la serie nei perigliosi mari dell’Out Of Character tipico di alcune fanfiction.
Il personaggio di Sherlock Holmes è un prodotto figlio di un’epoca in cui le coppie miste erano viste come un abominio, il colonialismo britannico faceva scuola, il ceto sociale aveva valore pari alle ricchezze possedute, e di certo a corte la gente di colore se c’era era impiegata come inservienti; tantomeno c’erano coppie gay dichiarate o lesbiche che si baciavano in pubblico. A dirla tutta le effusioni davanti a possibili spettatori erano contenute anche per le coppie più tradizionali. A Bea viene poi attribuita una consapevolezza tutta contemporanea, probabilmente sconosciuta alle vere persone umili vissute nell’Età Vittoriana. Altrettanto si può dire di Leo che per un po’ gioca a fare il povero senza rendersi conto delle pesanti conseguenze emotive del suo agire.
Può non piacere questo tipo di mondo, però allora era così; Gli Irregolari di Baker Street altera anche questa realtà storica, oltre a prevedere il sovrannaturale e la magia, e una colonna sonora affidata a brani hip hop e rap.
In pratica la serie dà vita a un mondo alternativo che condivide solo alcune caratteristiche del nostro. Accettata questa posizione, ci si diverte, poiché la vicenda scorre veloce, ha momenti suggestivi, i personaggi sono bene caratterizzati e la recitazione è abbastanza credibile. Gli effetti speciali sono un po’ rudimentali, troppo vistosi ed appiccicati in modo approssimativo durante la postproduzione, ma è un difetto perdonabile, imputabile al budget risicato di un’opera destinata alla televisione.
Il risultato è un gran buon minestrone, dai toni molto adulti nonostante in teoria sia una serie destinata ai giovani adulti. Le scene forti sono parecchie, e nonostante gli effetti speciali non siano il massimo, sono poco adatte ai giovanissimi, come parecchie situazioni: Holmes è un drogato e nelle feste a corte circolano pasticche come se fosse un rave in abito da sera, le taverne riciclano la birra rimasta imbevuta e spesso vi si trova un giro di prostituzione. Sangue e resti umani vengono mostrati senza pudicizie.
Se non c’è stato un seguito a questa stagione è probabilmente dovuto alla difficoltà di proseguire una storia che trova una sua malinconica conclusione, pur lasciando anche qualche dubbio non risolto.
Da vedere, anche solo per capire come un personaggio classico possa essere rivisitato.


Cuccussette vi ringrazia della lettura.

La recensione è stata edita da FENDENTI & POPCORN. Se la volete adottare, ditelo !

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