ABBANDONATI NELLO SPAZIO

In Abbandonati nello Spazio, tre astronauti partono a bordo dell’astronave Ironman-1, diretti al laboratorio orbitale Saturno IV-B, una stazione spaziale composta da angusti moduli. Lo scopo principale della missione è osservare le conseguenze psicofisiche della permanenza nello spazio, e valutare la possibilità di intraprendere lunghi viaggi verso pianeti lontani. I risultati purtroppo sono scoraggianti: ben presto l’equipaggio cade preda della depressione e rischia di impazzire. La NASA decide di anticipare il rientro dei tre sulla Terra. Al momento del distacco dalla stazione, i razzi posteriori dell’astronave non si accendono. La navicella resta a galleggiare priva di controllo nella stessa orbita del laboratorio, ma troppo lontana perché gli astronauti possano tornare indietro. I comandi manuali non hanno alcun effetto sulle apparecchiature. Dal controllo-missione sulla Terra il capo dei programmi spaziali Charles Keith cerca una soluzione per farli tornare a casa. Il tempo stringe, e l’ossigeno dentro all’astronave sta esaurendosi…

 

Abbandonati nello Spazio (Marooned) uscì nelle sale nel 1969, a pochi mesi dall’allunaggio dell’Apollo 11. La conquista dello spazio sembrava allora una meta raggiungibile, a portata di mano. Gli scienziati studiavano mezzi per esplorare la Luna, la gente sognava ingenue avventure nella Galassia. I mass media alimentavano le belle speranze e minimizzavano gli insuccessi. In un clima di diffuso ottimismo era difficile prevedere futuri fallimenti, o progressi tanto lenti da provocare un calo d’interesse per le ricerche aereospaziali. Le opinioni sfavorevoli a riguardo erano rare e di solito le accuse riguardavano l’opportunità di investire soldi tra le stelle quando sulla Terra c’erano ancora gravi problemi da risolvere. Nessuno si domandava se il progresso scientifico fosse abbastanza avanzato da consentire simili imprese. La pellicola diretta da John Sturges suscita proprio questo interrogativo.

La vicenda dei tre sfortunati astronauti ovviamente è fittizia, si basa sul romanzo Marooned del 1964 scritto da Martin Caidin, riadattato dallo stesso autore. Si sviluppa in modo piuttosto convenzionale, e sembra ‘solo’ un toccante dramma umano condito da meditazioni sul ruolo dei media. Il melodramma è un espediente per catturare l’emotività degli spettatori meno smaliziati, la riflessione sul giornalismo invece ammicca al cinema di impegno civile americano. Stabilita la giusta empatia con la platea, il regista può esporre le sue idee riguardo il programma spaziale. Il film profetizza le molte difficoltà tecniche che emergeranno nel corso degli anni con le missioni degli Shuttle. Ancora oggi, a quasi cinquant’anni dall’allunaggio, la vita nelle stazioni orbitanti comporta pesanti limitazioni, e i viaggi verso altri pianeti sono improponibili date le enormi distanze, la lentezza delle navi spaziali, la difficoltà di rinnovare i carburanti, il cibo, l’ossigeno.

Abbandonati nello Spazio affronta il tema della conquista dello spazio con una sensibilità molto lontana dai trionfalismi e dalle ingenue rappresentazioni di viaggi nella galassia. Vengono mostrate stazioni orbitanti simili allo Skylab, aerei navetta analoghi agli Shuttle, locali della NASA ricostruiti con cura maniacale. La Ironman-1 è un velivolo simile a quelli che presto avrebbero solcati i cieli. Gli effetti speciali sono molto efficaci per l’epoca, tanto da vincere l’Oscar. Questo realismo avvicina la pellicola alla cronaca di ogni giorno: rivista oggi, sembra un telegiornale d’epoca.

Sturges minimizza gli elementi caratteristici del cinema fantascientifico, a partire dal senso di meraviglia. L’esigenza di stupire lo spettatore si esaurisce in qualche pregevole sequenza che ritrae il cosmo oppure le astronavi sospese nell’immensità dello spazio. La vita degli astronauti a bordo del laboratorio viene risolta in poche verosimili sequenze, indispensabili per conoscere i protagonisti. A bordo del Saturno IV-B ci sono il capo missione Jim Pruett (Richard Crenna), l’addetto alle comunicazioni Buzz Lloyd (Gene Hackman) e il responsabile dei sistemi scientifici Clayton Stone (James Franciscus). Presentati i tre astronauti, mostrati gli ambienti claustrofobici, la fantascienza può farsi da parte e il dramma può iniziare.

La suspense viene costruita lentamente, alternando i dialoghi dei tre malcapitati e quanto sta succedendo nella base NASA sulla Terra, dove Charles Keith (Gregory Peck) ha l’ingrato compito di comunicare con i dispersi e avvertirne le famiglie per preparale al peggio. Il dirigente pensa anche a soluzioni concrete per salvare il salvabile, vale a dire la faccia davanti ai familiari e al mondo, l’onore degli USA e la propria poltrona. Secondo le sue previsioni, il destino delle vittime dell’avaria è segnato, perciò scoraggia l’invio dell’XRV (una navetta di soccorso allestita sbrigativamente) e, quando si presenta l’opportunità di salvare almeno due dei dispersi, non esita a far sacrificare il terzo – lasciando diplomaticamente che la decisione risolutiva sia presa dagli astronauti stessi.

Il personaggio di Charles Keith è verosimile, e altrettanto si può dire delle tre vittime e degli altri personaggi che vivono il dramma. Professionali come Stone, responsabili come Pruett, oppure fragili come Lloyd, tutti si conquistano uno spessore psicologico sconosciuto a gran parte degli eroi spaziali fino ad allora apparsi sul grande schermo. Tanta introspezione è apprezzabile, sebbene rallenti l’azione. La vicenda assume tratti intimisti, il dramma fa dimenticare l’ambientazione futuribile e l’epica diviene celebrazione del sacrificio. Abbandonati nello Spazio in apparenza celebra i valori tradizionalmente attribuiti al popolo americano: il senso del dovere, il culto della famiglia, la fede in Dio e nella Scienza.

La retorica tuttavia si confronta con la dura realtà e i dubbi si insinuano nello spettatore. Lloyd viene sedato perché i suoi nervi cedono e durante il collegamento con la Terra sta per rivelare al mondo la faccia meno nobile dell’impresa spaziale. Le astronavi non sono così sicure come la propaganda vorrebbe fare credere, i razzi si testano in fretta e furia, le macchine sofisticate possono subire guasti banali. Ci sono errori umani e calcoli spesso sbagliati, astronauti trattati come cavie pur di primeggiare nella corsa allo spazio. Il prezzo dell’epopea spaziale è alto, in vite umane e in costi, e la gente comune ignora i retroscena.

Le inquadrature statiche aumentano il senso di claustrofobia nelle riprese all’interno della navicella. Il passaggio dell’astronave sopra le grandi città illuminate ha il sapore di un mesto congedo dalla vita e dai sogni di grandezza di un popolo. Tutta la tensione sta nell’ideale conto alla rovescia che separa le vittime da morte certa, nei dialoghi, a volte davvero efficaci. Il resto, è indagine sociale sui rischi dell’esplorazione dello spazio, sul prezzo che l’uomo è disposto a pagare pur di superare i propri limiti, sull’uso e sull’abuso del potere dei mass media.

Tanta verosimiglianza è decisamente pregevole in un film creato con l’intento di far riflettere sui problemi di attualità… ma in una pellicola di fantascienza – o distribuita come tale – lo è assai meno. Se lo spettatore cerca dunque intrattenimento, azione, un pizzico di sentimento, scenografie mozzafiato e soprattutto vuole trovare eroi straordinari, occorre avvisarlo che la messinscena di Abbandonati nello Spazio, per quanto notevole, risponde a esigenze e gusti molto diversi da questi.

 

 

Cuccussette vi ringrazia della lettura.

Questa recensione è stata edita da TERRE DI CONFINE https://www.terrediconfine.eu/abbandonati-nello-spazio/

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