QUANDO SOFFIA IL VENTO

Cosa fare, in caso di guerra atomica? Scappare lontano dalle zone popolate, rifugiarsi in un cupo bunker, pregare la misericordia divina; mai e poi mai chiedere consigli ai coniugi protagonisti del film di animazione Quando Soffia il Vento (When the Wind Blows).

Il lungometraggio descrive un ipotetico attacco atomico sovietico al Regno Unito, in piena Guerra Fredda. La narrazione ha un punto di vista piuttosto inconsueto, quello di due attempati coniugi.

Pensionati, hanno lasciato la città per una linda casetta immersa nella campagna inglese del Sussex. Sono nonni; il loro figlio ha studiato all’Università e vive a Londra insieme alla moglie e al nipotino. Sono molto affiatati e, nonostante i piccoli battibecchi e gli acciacchi, trascorrono una vecchiaia serena.

L’uomo legge i giornali alla biblioteca pubblica, convinto della necessità di informarsi su cosa accade nel mondo, ha una fiducia illimitata nei confronti di chi governa il Paese. La moglie invece cerca di ignorare le brutte notizie, preferisce occuparsi delle faccende domestiche.

Ascoltando i giornali radio, la coppia si rende conto del pericolo di un conflitto. Entrambi ricordano la guerra che hanno vissuto da adolescenti e paragonano le due situazioni. Credono di poter subire bombardamenti analoghi a quelli tedeschi, temono i lager, hanno idee molto confuse riguardo i rischi della radioattività. Sono convinti di potersela cavare facendo molta attenzione, magari stringendo la cinghia oppure attenendosi a quanto scritto negli opuscoli informativi che il Governo ha stampato e distribuito. “Istruzioni per la sopravvivenza” e “Manuale per la sopravvivenza per la famiglia” dovrebbero spiegare come difendersi dal fall-out costruendo un rifugio antiatomico.

Purtroppo, le istruzioni sono complicate, si contraddicono e richiedono competenze che mancano ai due. Il marito smonta porte e serramenti, sposta mobili, mette sottosopra il cottage, lo ridipinge, tra i continui rimbrotti della moglie. Compera il poco cibo che ancora riesce a trovare sui banchi svuotati dall’accaparramento e lo ripone nel rifugio, che assomiglia a una casetta costruita per gioco da dei ragazzini!

La bomba scoppia davvero, e i coniugi trascorrono il poco tempo che resta loro da vivere attendendo invano i soccorsi.

CARTOON PER PENSARE

Il film è stato tratto da una graphic novel omonima, creata da Raymond Briggs. Diretto da Jimmy T. Murakami, è uscito nelle sale britanniche nel 1986, ed è stato poi distribuito in Europa.

Si tratta di un cartone animato che fonde tecniche di tipo tradizionale a sequenze di filmati di cineteca.

Il tratto, apparentemente naif è impiegato in modo insolito: i personaggi sono rappresentati con disegni bidimensionali, e animati con l’uso di sfondi tridimensionali.

I colori utilizzati sono tenui, tinte pastello per la prima parte, poi colori accesi o tratto nero su fondale marrone per l’istante dell’esplosione, infine dominano i toni del verde, del grigio cupo, nel dopo bomba. Il tratto ha una morbidezza che ricorda gli acquerelli, più che i robot o le maghette, o i personaggi della Disney.

Fin dalle prime sequenze si intuisce una pellicola di forte impegno sociale, destinata agli adulti, nonostante usi l’animazione, mezzo espressivo riservato quasi esclusivamente ai giovanissimi. C’era stato The Yellow Submarine, capace di coinvolgere generazioni diverse con le allegre musiche dei Beatles e lo stesso quartetto in versione cartoon come protagonista. La protesta contro la guerra in quel caso aveva avuto toni psichedelici, personaggi allegri e sprizzava ottimismo a volontà – all you need is love!

Un vero shock attende invece l’impreparata platea di Quando Soffia il Vento: nessun protagonista in cui un bambino possa riconoscersi, nessun strabiliante eroe per cui parteggiare, nessun buffo animale antropomorfo; né canzoncine orecchiabili e briose: la raffinata colonna sonora è affidata a mostri sacri quali David Bowie.

La catastrofe nucleare è la vera protagonista, e la morte incombe sull’umanità; il messaggio pacifista viene trasmesso nella maniera più esplicita possibile, senza indulgere su sequenze violente o ributtanti, e senza per questo rendere il dramma meno straziante. Momenti di satira un po’ prevedibili introducono le riflessioni politiche: c’è un’aperta critica nei confronti dei governi, che non sanno proteggere i cittadini e anzi li ingannano, rassicurandoli a sproposito. Né i cittadini sono vittime del tutto innocenti: delegano all’Autorità tutte le decisioni importanti, non si oppongono a scelte paternalistiche e spesso sbagliate. Neppure si sforzano di conoscere le problematiche, almeno fino a quando non si sentono coinvolti in prima persona.

Pur nella democrazia, manca un concreto dialogo tra i leader e il popolo, e la colpa non è addossata unicamente a chi detiene il potere, è anche di quanti, per pigrizia, rinunciano a ragionare, a valutare, a opporsi. Una denuncia sociale che di solito viene taciuta nelle opere ispirate alla guerra nucleare: la gente comune viene presentata quale vittima, e i potenti come carnefici, senza corresponsabilità.

Ci sono accenni a situazioni e personaggi del passato: Stalin, Hitler, Mussolini, Churchill, Montgomery… è quasi impossibile godersi le battute umoristiche senza conoscere gli eventi dell’ultimo secolo (il periodo storico meno approfondito durante la scuola dell’obbligo).

I dialoghi a volte risultano prolissi, sebbene adatti a due vecchietti; forse necessari, rischiano tuttavia eccessi di retorica e scoraggiano ulteriormente l’attenzione dei giovani.

Né il ritmo narrativo, grave e lento, rimedia in questo senso. Abbondano le atmosfere malinconiche e c’è poca azione, tanto che adattamenti minimi hanno trasformato la graphic novel in un copione per una riduzione radiofonica e una piece teatrale vera e propria.

L’AMORE AI TEMPI DELLA BOMBA

I protagonisti sono anziani, ritratti con malinconica verosimiglianza e bella introspezione: due nonni come ciascuno di noi potrebbe avere o ricordare. Hanno trascorso la vita insieme, si vogliono molto bene e hanno ancora una saltuaria vita sessuale; si chiamano con tenera malizia “Micio” e “Micia”. A loro agio nel piccolo mondo che li circonda, tra piccole manie e ricordi del tempo che fu, cercano di sopravvivere all’apocalisse nucleare. Eseguono le istruzioni degli opuscoli con ingenuo senso del dovere, o con malcelata rassegnazione, e non perdono mai la speranza, anche quando si scontrano con la dolorosa realtà dei fatti.

Di fronte alla catastrofe, i coniugi cercano di darsi spiegazioni, spesso fittizie e sempre meno convincenti: il figlio lontano se la caverà, sa guidare, sa sempre cosa fare; la corrente manca perché viene razionata, e così acqua e gas; il telefono non funziona perché molti pali sono caduti; la tv e la radio non trasmettono perché siamo in tempo di guerra; i crescenti malesseri sono dovuti soltanto ai cambiamenti repentini delle abitudini…

Le conseguenze del lancio dell’ordigno nucleare sono molto verosimili: lo scoppio sposta masse d’aria infuocata, l’onda d’urto investe tutto quello che si trova davanti, sgretola edifici, scioglie case e palazzi, fa crollare ponti e deraglia treni… Il cielo si fa cupo, si copre di polveri radioattive, le piante si seccano e sopravvivono solamente gli animali più adattabili, come i ratti, che famelici sbucano dalle condutture. Anche se l’animazione risparmia i dettagli più crudi, poco tace sul decadimento fisico dei due anziani; il lento soccombere viene mostrato con pudore e delicatezza, senza menzogne pietose.

Niente sappiamo invece della sorte toccata all’umanità, quale Nazione abbia vinto la guerra, se ci siano sopravvissuti, se alcune zone della Terra siano ancora vivibili. D’altronde la vicenda scorre su binari narrativi diversi, mostra quanto sia importante la causa della Pace, e descrive con delicatezza la vecchiaia. È un film sulla guerra, non è un film di guerra come può essere Salvate il soldato Ryan, né si tratta di un disaster movie attualizzato.

Lontanissimo dalle rappresentazioni belliche tipiche di Hollywood, Quando Soffia il Vento critica il pacifismo quando diviene sinonimo di quieto vivere, quando la conquista della pace non presuppone la presa di coscienza sui problemi e la volontà di opporsi alle piccole e grandi ingiustizie.

A rendere − se possibile – più crepuscolare la vicenda, viene suggerita l’idea che i due anziani siano gli ultimi esseri umani sulla faccia del pianeta. La vicenda ha momenti umoristici che ironizzano con delicatezza sulla terza età, sui vizi britannici, o sull’inadeguatezza della politica e delle misure di emergenza, tuttavia resta sempre drammatica e cupa. Ovviamente l’epilogo è tragico.

Si riflette su cosa sia davvero importante, davanti all’inevitabile. Entrambi i protagonisti sono impreparati a fronteggiare il pericolo, come il resto dell’umanità, per quanto sappiamo. James-Micio ha illimitata fiducia nel governo, crede di poter davvero fare qualcosa, aspetta i soccorsi, immagina con ingenuità cucine da campo e cure miracolose. Hilda-Micia non si interessa di attualità e reagisce alle avversità giorno per giorno, armata del suo buon senso di massaia. Può darsi che sia pigra, e troppo ignorante; viene tuttavia da pensare che sia molto disillusa. Consapevole di non poter fare niente per evitare il peggio, affronta soltanto i piccoli problemi quotidiani, quelli che nel suo piccolo è in grado di risolvere. Il figlio, pur essendo laureato e padre, sembrerebbe agire da incosciente. Ride davanti alla minaccia nucleare, perché è fin troppo consapevole della propria impotenza.

I bunker antiatomici − oggi obbligatori nelle case in alcune nazioni tra cui la Svizzera − sono realizzati e venduti dalle stesse ditte che producono i caveau per le banche. Le imprese tuttavia avvertono che è quasi impossibile attrezzare il riparo in modo da poter sopravvivere oltre i cinque anni. Dai tragici eventi di Chernobyl, sappiamo che occorre molto tempo perché la radioattività si attenui, quindi i bunker sono soluzioni validissime per bombardamenti convenzionali o attacchi chimici, tuttavia rimangono difese assai limitate, per fronteggiare il dopo bomba nucleare. Occorrerebbero cubature improponibili, addirittura interi sistemi di rifugi collegati, per garantire qualche anno in più a poche persone.

Gli approvvigionamenti e le eventuali riparazioni sono problemi secondari, se ci immaginiamo gli effetti sulla psiche prodotti dall’isolamento. La difficile convivenza dei sopravvissuti in un bunker attrezzato è stata esaminata sempre nel 1986 anche da Giuliano Montaldo e Piero Angela nell’interessante Il Giorno Prima,  film in cui alcuni sociologi e psicologi inscenano una catastrofe nucleare, obbligando un gruppo eterogeneo di ignare persone a coabitare in un rifugio, con risultati drammatici.

Comprensibile che il figlio della coppia di Quando Soffia il Vento rifiuti di finire i suoi giorni riparandosi sotto terra come una patata, o nei condotti delle fogne come un ratto, a veder lentamente consumare i suoi cari e sé stesso.

Forse per i cittadini comuni è davvero impossibile realizzare un rifugio antiatomico davvero efficiente, e tutti gli opuscoli elencano precauzioni superflue, al solo scopo di rassicurare la popolazione e impedire gesti estremi. Nessuno ci rivela se il giovane abbia rinunciato a costruirsi un riparo per il rifiuto di sopravvivere al mondo, ai suoi affetti, alla vita civile, o solo perché l’impresa superava i suoi mezzi.

Alla fine la risposta data dalla razionalità del marito non è più soddisfacente di quella fornita dal buonsenso spiccio della moglie, o di quella tutta emotiva annunciata per telefono al padre. L’homo sapiens ha optato per l’autodistruzione.

STRAZIANTE POESIA

Ecco un film difficile: tecnicamente è realizzato in modo impeccabile, affronta l’apocalisse nucleare in modo originale, passando dalla satira al dramma, senza scadere nel truculento, senza imporre un lieto fine posticcio o difendere a spada tratta le vittime. Stimola la riflessione su temi di grande attualità, e poco concede alla moda o alle esigenze del giornalismo romanzato.

È un classico proprio perché fa leva sulla psicologia dei personaggi e sui loro sentimenti, sul valore della pace e sulla difficoltà di impegnarsi per mantenerla.

Eppure, nonostante i molti pregi, ha avuto scarso successo.

Le motivazioni del flop sono ben intuibili. La pellicola condivide la sorte comune a parecchie altre, come E Johnny Prese il Fucile. La vicenda del soldato pluriamputato che, attraverso l’alfabeto Morse comunica il suo desiderio di essere ucciso oppure esibito al mondo, per monito, è nota solo perché alcune sequenze sono state utilizzate nel video di One dei Metallica.

Sono proprio tutte le caratteristiche che rendono Quando Soffia il Vento un film artisticamente valido a scoraggiarne paradossalmente la visione. Purtroppo, gli spettatori desiderano venire rassicurati – anche a sproposito! – quando si evocano terrori concreti. Evocare la guerra atomica spaventa, e si preferisce sentirla narrare come la fiaba di Cappuccetto Rosso, o alla maniera di Hollywood. Si vorrebbe azione, a scapito della credibilità: sopravvissuti destinati a ereditare il pianeta, pronti a vivere avventure straordinarie in un mondo ostile. Il medioevo prossimo venturo di Mad Max funziona, mentre la lenta e malinconica dipartita dei due vecchietti è troppo straziante e verosimile.

Mancano pure “buoni e cattivi” ben riconoscibili, deflagrazioni ricreate a suon di effetti speciali strabilianti, dimostrazioni di eroismo, finale aperto alla speranza…

Il richiamo all’attualità si è ovviamente affievolito: dopo la fine della Guerra Fredda la minaccia atomica è un problema avvertito in misura minore, e in modo diverso. Oggi le nazioni tecnologicamente avanzate temono il terrorismo, i danni sempre più gravi all’ambiente, la recessione economica, e discutono sull’opportunità di utilizzare l’energia atomica per scopi civili. Scelte importanti, che non escludono il pericolo di possibili guasti ai reattori, dalle conseguenze analoghe a quelle del lancio di una bomba. Di diverso rispetto a venti anni fa c’è  anche il fatto che sono rimasti ormai ben pochi gli ingenui che crederebbero di poter sopravvivere a un conflitto atomico.

Se si è in cerca di una trama thriller, di un horror, di una vicenda spionistica o di una commedia che si ispiri da vicino ai problemi del presente, si rimane delusi: Quando Soffia il Vento assomiglia poco a The Manchurian Candidate, a The Widowmaker, a Cassandra Crossing, a Sindrome Cinese, e ancor meno rispecchia i validi instant movie di Michael Moore.

Purtroppo è giunto sul grande schermo in anticipo rispetto ai gusti delle platee. Oggi eserciterebbe un richiamo per i cinefili, come dimostra il successo di Valzer con Bashir, ma a metà degli anni Ottanta trattare temi impegnati ricorrendo al cartoon era un “difetto” imperdonabile. Di conseguenza venne distribuito malamente, proprio come Testament o Il Giorno Prima, e al botteghino fu un mezzo fiasco. Oggi viene proiettato ogni tanto durante eventi pacifisti o cineforum, o festival specializzati.

Ma rimane un piccolo classico e, a distanza di tanti anni, riesce ancora ad apparire angosciante e terribilmente doloroso.

Da vedere, per riflettere.

 

Cuccussette vi ringrazia della lettura.

Questa recensione è stata edita da TERRE DI CONFINE 

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