LA PRINCIPESSA E IL POVERO

 

 

Non riuscendo a ottenere un figlio dalla legittima consorte, Re Hamil rischia di vedersi sottrarre il trono dal crudele fratello Migal, secondo le leggi del reame. Per risolvere il problema, il sovrano decide di ricorrere all’aiuto del potente negromante Epos; si reca quindi alla torre di quest’ultimo, dove però viene ricevuto dall’apprendista mago Gamesh, un fanciullo da secoli obbligato a restare bambino. Vestendo le false spoglie del suo mentore, di cui vuole vendicarsi, Gamesh procura al re un incantesimo che consente alla regina di generare il tanto sospirato erede. Scoperto l’inganno, Epos interviene per far rapire il principino appena nato, ingaggiando così una lunga sfida col suo apprendista…

La Principessa e il Povero è un film fantastico in due parti realizzato per la televisione nel 1997 e diretto da Lamberto Bava. Si tratta di una fiaba per grandi e piccini, girata con mezzi contenuti, tanta creatività e una buona dose di trasgressione. L’estetica è quella tipica dei film televisivi degli anni Ottanta: 6 anni dopo il successo di Fantaghirò, ne ritroviamo gli effetti speciali artigianali, le creature fantastiche, i villaggi e i castelli dell’Europa Orientale, i combattimenti inscenati da comparse specializzate, i costumi sgargianti e le scenografie kitsch, le belle musiche di Amedeo Minghi…

Sembrerebbe l’ennesimo film per famiglie, uno spettacolo innocuo e naïf destinato ad accompagnare le serate del periodo natalizio, ma in questo caso le apparenze ingannano, perché gli stereotipi da film TV di genere mascherano temi decisamente adulti, disseminati in una trama ricca di colpi di scena. Merito magari di Anna Falchi (nel ruolo della principessa Mirabella) e delle forme generose a stento contenute in abiti degni di una maggiorata anni Cinquanta. Certamente le sue curve sono un ottimo effetto speciale, ma stavolta non ci si limita a qualche decolleté e vestito trasparente.

Caso più unico che raro nel panorama delle fiction televisive, la trama insiste sull’incesto e sulla violenza, suggerite allo spettatore da rapidi fotogrammi e da battute allusive. Le avances di Migal, il fratello del Re, verso la nipote Mirabella sono piuttosto esplicite; e le sequenze con il bel Leonardo (interpretato da Lorenzo Crespi) portato a guinzaglio come un cane hanno sfumature sadomaso. La stessa Mirabella è nata da una violenza perpetrata dallo stregone Epos, che in seguito la reclama come sposa per generare una stirpe di maghi.

L’erotismo è suggerito da sguardi e carezze, e si accompagna a una certa dose di sadismo e crudeltà. Le atmosfere serene che di solito lo spettatore attribuisce ai reami delle fiabe sono solo una facciata, un’immagine che a poco a poco si sfalda e lascia intravedere cupi retroscena. Il regno è governato col pugno di ferro, i sovrani applicano le leggi con rigore estorcendo tasse ai contadini; i vassalli, disposti a tutto pur di acquisire potere, mostrano anch’essi pochi scrupoli. I tradizionali personaggi delle fiabe, nettamente distinti tra ‘buoni’ e ‘cattivi’, nel film di Bava sono più ambigui: nessuno è eroe senza macchia né paura, tutti perseguono i propri scopi, e pure le scelte più sagge nascondono un fondo di egoismo.

Mirabella, figlia di una contadina violentata da Epos, è stata spacciata dal re come figlia propria dopo il rapimento del vero erede; cresciuta a corte e trattata da tutti come principessa, appare viziata, capricciosa e ingenua; quando si rende conto delle conseguenze delle proprie azioni – ben poco ispirate agli ideali di giustizia degli illuminati sovrani fiabeschi – è quasi sempre troppo tardi per porvi rimedio. I suoi sentimenti sono immaturi, l’amore che riversa sul colto Leonardo o sul rozzo Ademaro ha il sapore di un’infatuazione adolescenziale.

Il re Hamil è costretto a barcamenarsi tra gli affetti domestici e la ragione di stato; quando il bambino ottenuto con un sortilegio viene rapito, non esita a procurarsi un secondo neonato per non cedere il regno al fratello. Migail (Thomas Kretschmann, alias Abraham Van Helsing nella recente serie TV Dracula) è spietato e perverso, impedirgli di regnare sembra un intento nobilissimo… non fosse per il fatto che Hamil sopporta senza troppi problemi le varie ingiustizie da lui perpetrate.

Epos, interpretato dal grande Max von Sydow, è ‘semplicemente’ malvagio; a lui si oppone Gamesh, che sembrerebbe innocente avendo voce e aspetto da bambino, ma… sono anni che serve il perfido mago, e a sua volta si mostra scaltro nella lotta per riconquistare la propria libertà e diventare finalmente adulto.

La sfida tra l’apprendista e il suo mentore e tiranno è per molti versi una trovata geniale. Come in una partita a scacchi, a turno i due interferiscono con il destino dei comuni mortali, influenzandone le azioni: tutti devengono pedine di un gioco meta televisivo, in cui ogni ‘mossa’ viene spiata attraverso una macchina magica che mostra gli eventi su uno schermo. Questo è il compito degli sceneggiatori e dei registi, pare avvertirci Lamberto Bava.

La vicenda fantasy si presta a due livelli di lettura, quello della fiaba vero e proprio e quello della riflessione sul ruolo di coloro che narrano storie. Tra duelli e incantesimi, si medita anche sulla predestinazione, seguendo le vicende della principessa e dei due fratelli Leonardo e Ademaro, così diversi tra loro per carattere ed attitudini. Ademaro ama la vita semplice, eccelle nelle prove di forza ed è irrimediabilmente rozzo; Leonardo, pur dimostrando forza e agilità, si annoia alle feste paesane, preferisce leggere, osservare il cielo stellato, riflettere sui misteri della vita. Solo alla fine scopriamo chi dei due è il figlio rapito del re, ma si tratterà di una rivelazione assai prevedibile: chi è nato umile tale resta, dimostrandolo con i suoi comportamenti, qualsiasi abito indossi, qualsiasi educazione abbia ricevuto. È ciò che capita anche alla falsa principessa. Per lei il lieto fine sarà poi così lieto? È vero, rinuncia al trono e ai relativi privilegi per seguire quello che ritiene essere il vero Amore – e che magari è solo un ennesimo capriccio – ma un filo di dubbio rimane: chissà se rimpiangerà la sua scelta quando sperimenterà la vita che l’attende al villaggio, senza più gli agi e le opportunità riservate a una sovrana.

Ovviamente il regista lascia ogni conclusione allo spettatore, che resta libero di abbandonarsi al sogno, in un mondo di cartapesta.

 

 

Cuccussette vi ringrazia della lettura.

Questa recensione è stata edita da TERRE  DI CONFINE https://www.terrediconfine.eu/la-principessa-e-il-povero/

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