GHOSTBUSTERS 2016

La saga dei Ghostbusters è basata su due film degli anni Ottanta divenuti dei veri e propri fenomeni di costume. Alle fortunate pellicole sono seguite svariate serie animate e qualche videogioco ed action figure, Ci sono decine di giocattoli a tema desiderati dai fan, sono stati editi fumetti e molta gadgetteria col fantasmino nel segnale di divieto è stata proposta nel corso degli anni. A differenza di tanti altri personaggi, non sono mai scomparsi del tutto dai palinsesti televisivi o dagli scaffali dei negozi e di conseguenza la fama degli Acchiappafantasmi non è mai tramontata del tutto, grazie a tutto questo merchandising, e a un fandom molto attivo che ha continuato a organizzare maratone ed eventi a tema, perfino fan film.
E’ ovvio che i fan si sono attesi per anni un ritorno dei loro beniamini sul grande schermo, e quando nel 2016 è stata annunciata una nuova pellicola in tanti hanno fatto salti di gioia, credendo di riabbracciare i propri beniamini. Purtroppo hanno acclamato  il film prima ancora di visionarlo, e le aspettative sono salite alle stelle per poi crollare. La prima visione è stata sufficiente per trasformare la venerazione in odio radicale, perché niente è più feroce di un fan disilluso che si senta tradito nelle proprie aspettative e possa esprimere la propria opinione sui social o in forum dedicati.
Sono davvero tante le cose che non hanno digerito, alcune oggettivamente dure da accettare, altre improponibili solo se si guarda ai Ghostbusters con lo sguardo dei fan. Intanto il film di Paul Feig non è un seguito, ma è un reboot. E’ come se le due pellicole cult non fossero mai state girate e si riprendesse la storia daccapo, citando qualcosa del passato e ripercorrendo a grandi linee la storia nota. Quindi non si ritrovano Peter Venkman, Egon Spengler e Raymond "Ray" Stantz, Winston Zeddemore o Louis Tully. Né sarebbe stato possibile riportare in azione questi eroi, il povero Harold Ramis non c’era più già da due anni, stroncato da una malattia rara. Non era facile sostituirlo con un sosia, con un’animazione in grafica digitale, e anche se l’avessero fatto si sarebbero levate proteste. Attore e personaggio sono due cose distinte se ci si pensa razionalmente, solo un bambino molto piccolo confonde i due ruoli, ma per la mentalità dei fan la scelta non sarebbe stata accettabile. Si sarebbe gridato allo scandalo, alla profanazione della memoria di un defunto, come se personaggi iconici non comparissero in versione cartone animato o interpretati da attori anche in opere di pura fantasia, da Einstein che pubblicizza un noto discount a Rose Parks o Van Gogh che se la vedono con Doctor Who. Per non creare polemiche, si è evitato e si è rinunciato al cast storico, trasformato dagli anni e reso irriconoscibile.
Il cast ingaggiato è tutto nuovo, al femminile, come da qualche anno impone la moda del ‘gender swap’. La scelta di avere donne protagoniste è risultata discutibile perché vengono caratterizzate mettendo in evidenza le discriminazioni ed i pregiudizi perpetrati nei loro confronti dalla società maschilista. I tre acchiappafantasmi erano furboni scanzonati che cercavano di inventarsi un mestiere, discriminati dal mondo accademico per le loro idee sopra le righe, non per il genere o per l’aspetto poco atletico. Nessuno fa battute su come si vestano, sui chili di più o di meno o la pancetta, cosa che invece accade con le nuove Acchiappafantasmi. Avere delle protagoniste poteva funzionare se non avessero marciato troppo su questi stereotipi, riproposti fino alla nausea. E’ comprensibile che il pensiero ultra progressista punti sull’inclusione, però è un’inclusione forzata e mal negoziabile. Sottolinea le differenze e spesso arriva a crearle invece di mettere in evidenza le caratteristiche proprie dei singoli individui, non legate al genere o comunque non imposte dall’appartenenza a un genere. Questo dettaglio è poco furbo, perché possono esserci donne atletiche e uomini mollaccioni, uomini sensibili e donne menefreghiste, uomini casalinghi e donne che s’annoiano con shopping e gossip… Anche se si credesse davvero in caratteristiche abbinate al genere in modo irrinunciabile e predestinato, un film di successo deve cercare di coinvolgere tutti e non solo una fetta di pubblico che si riconosce nei personaggi ‘vincenti’. Tutti i personaggi maschili appaiono stupidi e goffi, se non cattivi: il nemico numero uno è maschio, e così i detrattori delle Ghostbusters, il sindaco, e praticamente chiunque le approcci. Il bel telefonista Kevin Beckman non è perfido solo perché è tonto. Creature del genere sarebbero un errore in qualsiasi blockbuster, figurarsi per un fandom come Ghostbusters che ha sempre avuto una buona componente di ragazzi e uomini.
Le situazioni riprendono più o meno la stessa struttura del primo film, con un’introduzione in cui si manifesta il fantasma, la sigla, le vicende che portano gli Acchiappafantasmi nella sede, i primi ingaggi, gli ostacoli delle autorità, lo scontro con l’entità sovrannaturale, il lieto fine. Le variazioni sono minime, il regista ha voluto giocare sul sicuro e ha rinunciato a qualsiasi idea originale e davvero rivoluzionaria.  
Melissa McCarthy, Kristen Wiig, Kate McKinnon e Leslie Jones più o meno ripetono quanto avevano fatto Bill Murray, Dan Aykroyd, Harold Ramis, però convincono meno, e ogni paragone con i mostri sacri è imbarazzante. Se queste attrici sono grandi nomi della comicità statunitense, lo spettatore italiano non se ne accorge, forse sarà colpa del doppiaggio che snatura la recitazione. La prof mancata squittisce, l’amica continua con la solita battuta del cibo cinese, l’altra gioca a fare il Mad Doctor senza aver il carisma di Egon Spengler, anche se forse ha il personaggio meglio riuscito. Le battute suonano scialbe e piegate alla duplice  esigenza di fare un film femminista e di ripercorrere il primo Ghostbusters e non hanno la forza trasgressiva dei vecchi film. L’umorismo del capostipite derideva i fantasmi e la morte, che sono paure universali e non circoscritte a una parte della società o del mondo. Il girl power tanto sbandierato è assai meno efficace anche perché nessuno si azzarda a criticarlo o deriderlo, quindi restano battute e situazioni che scopiazzano lo script di Dan Aykroyd e Harold Ramis.
La vicenda di per sé può essere carina, o potrebbe esserlo se non ci fosse quell’ingombrante nome di mezzo, quella serie di simboli dei primi film divenuti troppo famosi. Tutto cerca di richiamare i due blockbuster, da qualche cameo di vecchi volti, alla vecchia caserma dei pompieri dall’affitto troppo caro, al carro funebre col logo del fantasma nel divieto, alle tute, agli zaini e ai fucili protonici, alla musica... Le citazioni ci sono, ma hanno un brutto effetto collaterale: lo spettatore giovane non le capisce, chi invece conosce bene i vecchi film è portato a fare dei paragoni inopportuni.
La colonna sonora di Theodore Shapiro riprende il famoso tema di Ray Parker Jr rivisitato in modo piuttosto anonimo e aggiunge qualche traccia un po’ tenebrosa, degna però più di un’attrazione in un parco a tema più che di diventare un classico apprezzato anche vent’anni dopo l’uscita.
Gli effetti speciali sono invadenti, coloratissimi e chiassosi, con colori quasi psichedelici e uno stile che ricorda parecchio Scooby Doo o un videogioco. Si esagera col loro impiego anche laddove una maggiore discrezione avrebbe giocato a favore del risultato finale.
Certo, i soldi investiti si vedono fino all’ultimo cent e stavolta ci scappa il morto, c’è qualche particolare macabro in più, ma è un po’ poco per ammansire le folle di appassionati arrabbiati e delusi. All’uscita della pellicola, i fan si scatenarono implacabili. C’era qualche sessista che avrebbe stroncato il film per il gender swap a prescindere dal risultato, e doveva essere prevedibile perché non è il primo caso. Stavolta però ci sono stati addirittura linciaggi mediatici vergognosi a base di razzismo con disegni offensivi degni di un volantino del Ku Klux Klan. Purtroppo gli Stati Uniti non sono nuovi ad eventi del genere, Ghostbusters è un film che richiama un largo pubblico, composto anche da gente con scarsa cultura, che si è fatta sentire nel modo più becero. Gran parte dei fan delusi hanno motivato il disappunto esprimendosi sui social in maniera più articolata e civile: gli scontenti si attendevano un sequel, o uno spin off e non un reboot. Avrebbero voluto rimettere in scena i vecchi personaggi, costruendo una storia che motivasse l’assenza di Spengler.
C’è poco da fare, non si può obbligare i fan a gradire per forza il gender swap, o costringerli ad applaudire scelte narrative che non li convincono. Magari sarebbe opportuno ascoltarli per futuri progetti, per qualsiasi fandom, in modo da evitare di ripetere i tanti errori. Il film del 2016 ha addosso un’eredità pesante e non riesce a mantenere le aspettative tanto alte. Non è un film inguardabile e bruttissimo, però resta lontano dalla sensibilità dei fan e non è un caso se hanno cercato in ogni modo di farlo dimenticare.

 

Cuccussette vi ringrazia della lettura.

Questa recensione è stata edita da FENDENTI E POPCORN: potete adottarla ! Contattatemi!

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