MARE DI GRANO

In molti casi i film con bambini protagonisti sono pellicole melense e moraleggianti; sono destinati a minori di dieci anni e ogni altra fascia di età è destinata a doversi accontentare e adattare ai piccoli. Hanno soggetti che scopiazzano quelli graditi agli adulti, privandoli però di riflessioni profonde e di qualsiasi elemento possa turbare, far discutere o far soffrire. Le sceneggiature lavorano per sottrazione, ovvero eliminano dalle vicende le scene violente e quelle paurose, le parolacce e la sessualità, e anche i temi di riflessione ritenuti troppo complessi. Purtroppo la pur giustificabile eliminazione di questi aspetti di rado viene compensata  da altri validi argomenti accessibili all’età.  Non è questo il caso della vicenda raccontata da Fabrizio Guarducci nel suo primo lungometraggio. L’autore ha scritto, diretto e prodotto nel 2018 Mare di Grano, splendida fiaba contemporanea. Fin dalle prime sequenze il regista gioca la carta vincente, quella del realismo magico: in un borgo della Val d’Orcia, nel senese, giunge Adam, bambino comparso dal nulla con una missione speciale. Vuole raggiungere il mare dove ritroverà i genitori. Fa presto amicizia con due coetanei del posto, l’esuberante Arianna e il sensibile Martino. I tre scappano insieme, diretti davvero verso il mare. Durante il viaggio nella splendida campagna toscana incontrano personaggi strampalati, rivivono leggende, attraversano luoghi da sogno. Con l’aiuto del poeta Rimando, che gira le osterie esibendosi parlando in rima, raggiungeranno la meta…

Il film usa gli stereotipi della cinematografia per l’infanzia: i protagonisti sono bambini intraprendenti, gli adulti sono ottusi, pragmatici o crudeli; c’è un magico viaggio di formazione, c’è un’oca come mascotte e c’è un aiutante sopra le righe. Gli elementi consueti vengono però proposti  in forma nuova, per parlare al cuore sognante degli spettatori di ogni età con il linguaggio della poesia visiva. Esso permette di superare le ingenuità necessarie allo svolgersi della vicenda. Immerso in un’atmosfera fiabesca tra ruderi medievali e distese di grano che fluttuano al vento come onde, lo spettatore scorderà di chiedersi come mai un bambino sia comparso dal nulla, come sia fuggito da un orfanotrofio e la scomparsa non sia stata denunciata, o come possano tre bambini andarsene in giro senza perdersi e senza dare nell’occhio. Le spiegazioni, quando ci sono, suonano poco convincenti ma non ci si bada, perché l’autore ci porta subito in un mondo sospeso tra la realtà e il sogno. E’ la dimensione  fuori dal tempo dove tutto può accadere, e il miracolo si ripete ad ogni fotogramma. Il viaggio è fatto di istanti che sembrano sospesi in un presente continuativo che è momento di contrapposizione paritetica di forze. Il grano ondeggia nel vento e rende la sensazione della serena calma che precede il mutamento. E’ un divenire che permane e ci ammonisce a tornare ad assaporare il presente, proprio come sanno fare i piccoli.

La classica dicotomia tra bambini – soggetti positivi e adulti – esempi negativi viene attualizzata. I giovanissimi sono protagonisti e si rivelano capaci di sentimenti maturi come l’amicizia, l’affetto, mentre gli adulti, interpretati da volti celebri quali Ornella muti e Paolo Hendel, non sono più avversari da combattere. Sono più verosimilmente persone modeste che hanno smesso di credere nei sogni e si sono adagiati in un’esistenza silenziosa e banale, quindi faticano a calarsi nello sguardo di un bambino. Unico a sfuggire alla mediocrità, il poeta estemporaneo Rimando. Questi, interpretato da uno strepitoso Sebastiano Somma, conserva un cuore fantasioso, nonostante la vita abbia riservato anche a lui la sua dose di delusioni. Innocente senza innocenza, è l’unico adulto disilluso ma ancora capace di affetto sincero e gratuito, e quindi può capire Adam e i suoi compagni. A differenza degli amici immaginari e di Mary Poppins, destinati a svanire o andarsene in quanto figli di una fantasia che aiuta a crescere ma raggiunto lo scopo deve cedere il passo alla concretezza del mondo adulto, Rimando è un uomo strambo che fa della fantasia un’arma per contrapporsi positivamente alla bruttura della realtà. Perciò è degno di aiutare i piccoli amici e può restare accanto a Adam, capirne la fragilità, concretizzata nelle toccanti sequenze della spiaggia.
Il viaggio pure è un tema caro ai romanzi di formazione, e viene proposto con una serie di tappe che attraversano borghi storici ricchi di vestigia. Ciascuna tappa tocca un angolo della Val d’Orcia e la stupenda fotografia ne valorizza la bellezze naturali e l’opera dell’uomo: le vie con i palazzi storici, l’abbazia di Sant’Antimo dove ancora oggi risuona la messa con il gregoriano, le morbide colline coperte di vigne o di grano, i borghi arroccati… E’ di certo una bella pubblicità per la zona, ormai ben nota ai turisti che preferiscono mete da assaporare con lentezza, godendosi ogni attimo del soggiorno, lontani dal clamore dei grossi centri.
Mare di grano fortunatamente non è una straordinaria promozione turistica  a base di riprese col drone e panoramiche su vigneti e piscine termali. I luoghi mostrati esistono davvero e hanno immagini da cartolina, ma sono selezionati in modo da non far capire esattamente l’esatta località oppure in quale anno ci si trovi. Gli stessi bambini giocano sulla piazza del paese senza maneggiare ossessivamente videogames o telefonini, e senza indossare abiti griffati all’ultima moda. Ignoriamo se siamo stati trasportati in un anno del recente passato in cui i giochi elettronici sono ancora da inventare, o se quei bambini preferiscano stare insieme, chiacchierare, coccolare l’oca addomesticata da cui Martino mai si separerebbe. Durante il percorso, lo scorrere del tempo si rallenta, i bambini vanno a piedi e i ritmi frenetici vengono messi da parte per tornare a vivere secondo quanto la natura propone. La precarietà del loro cammino diviene lo spunto per tante avventure, e mentre vanno si narrano l’un l’altro leggende e racconti popolari toscani. Come nel Decamerone, anche qui sono i giovani a salvarsi dalla ‘peste’ rappresentata dalla piatta banalità di un’esistenza tutta concretezza, e come i dieci di Boccaccio, si difendono fuggendo in un ambiente idilliaco e raccontando per il piacere di immaginare
Non sorprende – purtroppo - se il film è stato sottovalutato o distribuito malamente nelle sale, perché è una pellicola che rifugge le mezze misure, o si ama o ci si annoia davvero. I detrattori possono essere scoraggiati alla visione dalle trovate ingenue, dai personaggi lontani dall’esperienza delle fiction, dalla bizzarria del soggetto stesso. Per gli altri, c’è la magia che solo il lirismo può ancora concederci.

Cuccussette vi ringrazia della lettura.

Questa recensione è stata edita da FENDENTI E POPCORN - vuoi adottarla? Contatta Cuccussette

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