GHOSTBUSTERS : LEGACY (AFTERLIFE )
Quando nel 2016 uscì il reboot al femminile di Ghostbusters scoppiò il polverone. Sembrò che il film dovesse diventare famoso per le polemiche, per le battute sessiste, per il razzismo di una vignetta con l’attrice di colore rappresentata come una scimmia…Fu più difficile far capire che il film scontentava per motivi assai più validi e condivisibili. Era stato un fiasco perché sembrava un clone sottotono del primo, perché le battute erano moderate e prive di quell’humor nero che tanto era piaciuto, perché i vecchi personaggi erano semplici camei ininfluenti alla storia raccontata, per gli effetti speciali degni del cartone Scooby Doo. Per qualche tempo nessuno volle parlare del brutto episodio, fino a quando, riesaminando le cause del flop, fu ovvio che la serie doveva guardare in avanti. Si doveva ripartire da dove si era arrivati invece di pensare a un impossibile nuovo inizio da zero che cancellasse i due titoli degli anni Ottanta ormai divenuti cult. Volendo dar nuova vita alla saga, bisognava conservare quanto più possibile il passato glorioso, e offrire una vicenda che piacesse ai vecchi fan così come ai nuovi. Il target era quello di quarantenni e cinquantenni, gente che si era affezionata agli scalcinati Acchiappafantasmi in giovane età, ed anche le nuove generazioni dovevano potersi rispecchiare nei protagonisti. Sembrava quella l’unica via per poter proseguire: è difficile poter creare nuovi film se la fan base disprezza i risultati e esterna le proprie opinioni sui social diffondendo scontento.
Il film Ghostbusters: Legacy o Ghostbusters Afterlife nasce da queste esigenze, ed è stato diretto da Jason Reitman, il figlio di Ivan Reitman che aveva creato i capitoli storici. Il nome era di per sé una garanzia, insieme a quelli di vecchi interpreti tornati in scena nei loro ruoli originali e alla dedica a Harold Ramis.
La vicenda di fatto cancella lo sfortunato capitolo di Paul Feig, escluso anche dal cofanetto celebrativo come se fosse un fan movie amatoriale invece di un prodotto ufficiale del fandom. Nessuno pretende di riportare i vecchi protagonisti sulla scena, anche perché il povero Harold Ramis è deceduto qualche anno fa. E’ necessario che Peter Venkman, Ray Stantz e Winston Zeddemore tornino in scena in un ruolo breve ma significativo, e si trovi una soluzione narrativa efficace per omaggiare Egon Spengler. Tutta la vicenda ruota appunto attorno a lui, ovviamente non presente ma ricreato dalla grafica digitale per poche sequenze dal forte impatto emotivo.
Gli anni sono passati, i Ghostbusters dopo la sconfitta di Vigo hanno visto calare gli affari e si sono separati. Egon ha portato via gran parte delle apparecchiature e se ne è andato a vivere in uno squallido paese di campagna, Summerville. I discendenti di Egon Spengler , Callie e i nipoti, la dodicenne Phoebe e il quindicenne Trevor, sfrattati per non aver pagato l’affitto, si devono trasferire nella sperduta fattoria del nonno, morto da poco tempo a causa di quello che tutti credono un comune infarto. L’edificio è cupo come una casa dei fantasmi, e pieno di apparecchi strani che l’eccentrico scienziato aveva accumulato nel corso degli anni tra le perplessità della gente del villaggio. La cittadina è situata ai piedi di una montagna un tempo sfruttata come miniera, ci sono strane rovine e frequenti terremoti. Il ritrovamento da parte di Phoebe di una delle trappole per ectoplasmi e la sua incauta apertura daranno modo di capire cosa è realmente avvenuto al nonno, trascinando i ragazzi e gli amici che si sono fatti in un’avventura che chiude il cerchio col passato.
C’è molto sapore di Goonies e di Stranger Things in questa pellicola, che ha tanti superbi effetti speciali, primo di tutti il fattore nostalgia. La sceneggiatura di Gil Kenan e di Jason Reitman sfrutta i prodigi della grafica digitale e recupera l’atmosfera che aveva reso memorabili i film degli anni Ottanta. I protagonisti sono giovanissimi e replicano per comportamenti, atteggiamenti e passioni i ragazzi di ieri. Come loro corrono in bicicletta per le vie polverose della piccola località, fanno gite sulle montagne, esplorano, si cacciano nei guai e cercano di porvi rimedio sfruttando la loro creatività e l’amicizia che li unisce. Non è un far finta di essere tornati in quel passato idealizzato; più semplicemente la sceneggiatura minimizza tutto quanto è tipico della nostra contemporaneità a favore di quanto nella nostra realtà si è mantenuto da allora inalterato. Ovviamente è una versione riveduta e corretta di quell’epoca, privata delle brutture e delle sgradevolezze del periodo, del terrore della catastrofe nucleare o dello strisciante pericolo dell’A.I.D.S.; o anche della difficoltà di comunicare e informarsi, non esistendo ancora il web nelle case dei comuni cittadini. Summerville stessa pare fuori dal tempo, col suo fast food con le cameriere sui pattini, la scuola coi laboratori di scienze e computer antiquati, le strade sgombre da traffico. Lo spirito vintage trasuda da ogni inquadratura, al costo non indifferente di utilizzare una prima parte del film quasi esclusivamente per costruire questo tipo di ambientazione e creare l’atmosfera necessaria. Dopo il grintoso inizio, per tre quarti d’ora buoni di fantasmi non se ne vedono, né se sente parlare direttamente. Potremmo pensare di stare assistendo a una qualsiasi commedia per ragazzi, oppure a un episodio di Smallville, però con innumerevoli citazioni cinefile. Vediamo oggetti che ricordano i trascorsi del nonno, sentiamo parlare delle bizzarrie di quell’uomo chiamato ‘Zappaterra’ perché zappava senza seminare. Finalmente il ritrovamento della Ecto 1, dell’auto usata dal trio, della trappola che cattura gli spettri, della mappa antica delle rovine danno il via alla storia vera e propria. Solo a quel punto inizia un’escalation di eventi paranormali che riportano sulla Terra Gozer con i suoi storici secondi, Zuul il Guardia di Porta, e il Mastro di Chiavi, e i fan si sentono a casa.
A risolvere la situazione, il coraggio delle nuove generazioni e di quelle vecchie, con tanto di ritorno degli storici Ghostbusters, con un miracolo tecnologico che conduce ai titoli di coda con gratitudine e malinconia.
E’ un film dove gli effetti speciali sono di vitale importanza, il soggetto stesso li impone; come avveniva nei vecchi cult degli anni Ottanta, sono vistosi e sempre finalizzati alla storia. Non è proprio come certi film di super eroi con la grafica digitale che rimpiazza e riempie i buchi di una sceneggiatura inconcludente. C’è un epilogo commuovente consentito proprio dalla tecnologia digitale, e c’è qualche momento chiassoso, forse non indispensabile, però voluto per attirarsi le simpatie dei ragazzi e rendere il modo di fare cinema degli anni Ottanta.
Gli attori, vecchie glorie o volti nuovi, sono efficaci e ben affiatati; l’apparente lentezza della prima parte dello spettacolo è necessaria per fari conoscere e amare questi giovani eredi delle tute e degli zaini protonici. Si gettano così le basi per poter realizzare eventuali nuovi capitoli; senza una prospettiva multigenerazionale questo film sarebbe stato solo una sentita conclusione di un saga. Il minutaggio piuttosto esteso, oltre due ore, offre il tempo per le scene d’azione e per le citazioni, e per approfondire il carattere della famiglia Spengler. Su tutti spicca Phoebe perché è una piccola nerd col pallino della scienza, anticonformista e avventurosa. E’ un esempio riuscito di girl power intelligente: si pone alla pari con il buffo Podcast, coetaneo blogger di articoli su posti e fatti misteriosi; è la prima ad avventurarsi e a sfidare l’ignoto; rifiuta le leziosaggini da cheerleader e invece di trucchi maneggia strumenti scientifici.
Ghostbusters: Legacy è anche un teen drama, e soprattutto è un fanservice ispirato e di gran classe. E’ quasi una richiesta di scusa porta a quanti mai hanno accettato il reboot al femminile. La formula pare abbia funzionato: a prestare fiducia alle informazioni che girano su web, il 20 Dicembre dovrebbe uscire un nuovo capitolo, sempre dedicato ai futuri eventi in casa Spengler.
Cuccussette vi ringrazia della lettura.
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