LE CRONACHE DI NARNIA - miniserie BBC
Le Cronache di Narnia sono un ciclo di ben sette romanzi creati da C.S. Lewis, una saga fantasy per giovanissimi popolare nel Regno Unito. In Italia è conosciuta grazie ai tre film realizzati a partire dal 2005, Il Leone, la Strega e l’armadio, Il viaggio del Veliero, Il Principe Caspian. La prima trasposizione dei romanzi risale alla fine degli anni Ottanta, come serie televisiva realizzata dalla BBC. In tre stagioni vengono trasposti Il leone, la strega e l'armadio (1988), Il principe Caspian e Il viaggio del veliero (entrambi del 1989) e La sedia d'argento (1990). Gli altri romanzi sono stati lasciati da parte, o per l’estraneità alla storia principale, quella che coinvolge i quattro fratelli Pevensie, o per la posizione ideologica troppo esplicita, oppure per la conclusione dolceamara.
Gli ostacoli che uno sceneggiatore si trova davanti sono molteplici, e sono solo in parte riconducibili ai limiti tecnici degli effetti speciali, o al costo elevato delle scenografie necessarie.
Le opere di Lewis non lasciano indifferenti, sono ricche di allegorie cristiane e i personaggi si comportano secondo i dettami di quel credo. Molti sono i dettagli e gli eventi ispirati alla Bibbia o ai Vangeli o all’Apocalisse, e anche quando i riferimenti sono meno espliciti, questa visione del mondo condiziona scelte e eventi. Rimane come un rumore di sottofondo; se si è credenti, le vicende funzionano perfettamente, mentre se si è atei o si hanno altre convinzioni, alcune parti risultano difficili da accettare. Il costo di una trasposizione resta altissimo, lo stesso di soggetti più laici, tuttavia le persone che seguono il cristianesimo in ogni forma restano sì e no una metà della popolazione del globo. Di conseguenza eventuali film possono avere un pubblico potenzialmente più ristretto, un po’ come avviene con i film indiani ispirati all’Induismo, popolari nell’Unione Indiana e sconosciuti da noi.
La nascita di Narnia segue in parte la Genesi della Bibbia, con tanto di Aslan che cantando crea Narnia dal nulla e la strega che ruba il frutto che dona sapere e immortalità: forse oggi si potrebbe tentare di trasporre una simile storia in immagini, negli anni Ottanta era impossibile, a meno di non ricorrere a un’animazione di autore. Narnia è popolata da ogni sorta di creatura fantasy, nani, centauri, fauni, driadi, animali parlanti, e su tutti regna il leone Aslan, allegoria di Cristo. Il mistico leone si rivela tanto buono quanto risoluto nell’imporre le sue decisioni, è un sovrano assoluto e quanti non sono dalla sua parte sono avversari da scacciare, eliminare o ridurre all’impotenza. La lettura deve essere consapevole, Narnia è un mondo con regole che possono apparire decisamente rigide, talvolta contraddittorie e sempre sottoposte all’arbitrio del potente felino, quindi non sempre logiche e condivisibili.
Inoltre sono romanzi destinati a bambini che nel secondo dopoguerra ancora passavano dai pochi classici per l’infanzia a libri impegnativi, senza attardarsi su ‘letture di passaggio’ come oggi possono essere i titoli di Geronimo Stilton. Le Cronache di Narnia contengono personaggi e situazioni adatte ai piccoli, narrano eventi con prosa semplice ed essenziale, mai sciatta e assai più complessa di quella che si trova nell’oggi abbondante ‘letteratura di passaggio’. Per i piccoli Narnia è una lettura impegnativa, le vicende traboccano di simbologie allegoriche che non riescono a cogliere. Quando sono più grandi possono avere già sviluppato un forte senso critico e in quel caso vedono tutti i buchi di trama e le illogicità. L’introspezione è quella che ci si può attendere da una fiaba, il world building è ridotto ai minimi termini rispetto a quanto oggi un lettore adulto si aspetta da un fantasy, e spesso è contraddittorio. Creature della mitologia classica convivono con Babbo Natale, gli animali parlano ma ci sono anche esemplari muti e commestibili, la logica è quella possibile in una fiaba teologica. Narnia può rivelarsi una delusione atroce per i giovanissimi di oggi, e l’appeal per gli adulti è più dovuto alla curiosità suscitata dal fatto che Lewis e J.R.R. Tolkien si conoscevano molto bene, che alle qualità artistiche dei testi.
I film usciti in sala in parte smorzano la posizione ideologica radicale dell’autore, privilegiano la spettacolarità figlia della grafica digitale e l’azione, in modo da poter rendere apprezzabile la vicenda in tutto il mondo e divertire anche spettatori adulti. Per chiare ragioni commerciali, le trasposizioni per il grande schermo tradiscono in parte lo spirito che c’è sotto alle pagine, col risultato di avere pellicole gradevoli, adatte ai piccoli e capaci di intrattenere anche un adulto, se avvezzo ai blockbuster.
La serie invece è molto più fedele ai libri, segue i dialoghi e le varie situazioni nell’ordine presentato sulle pagine, rispetta perfettamente sia le ambientazioni, sia la mentalità. Ovviamente la produzione ha dovuto fare i conti con le tecnologie disponibili a fine anni Ottanta, e con i mezzi a disposizione, tipici delle opere destinate alla televisione.
Le riprese sono avvenute nel Galles, sfruttando splendidi panorami e maestosi monumenti esistenti, oppure sono state allestite scenografie chiaramente fatte di cartapesta o fondali dipinti con maestria.
C’è una forte vocazione teatrale nelle Cronache di Narnia televisive, sia come estetica, sia come recitazione. Gli attori sono volti noti della BBC, partecipa anche Tom Baker (il leggendario interprete del Quarto Doctor Who), compare Warwick ‘Willow’ Davis, Samuel West è un bravo Caspian adulto, Richard Dempsey si è lanciato professionalmente interpretando Peter. Gli attori ragazzi sono bravi, anche perché nel Regno Unito il teatro è spesso materia di studio già durante la scuola elementare, e su tanti alunni è possibile scovare talenti da coltivare. Le interpretazioni hanno per tutti ruoli i toni di una piece teatrale, con voci caricate come se dovessero farsi udire dalle file di poltroncine più distanti, e una gestualità che deve coinvolgere immediatamente. Il risultato è interessante, ha un suo fascino, a patto di entrare in un’estetica da palcoscenico o da teatro di figura e mettere da parte ogni inopportuno e imbarazzante paragone con il grande cinema internazionale.
Gli effetti speciali sono la croce e la delizia della vicenda. Alla fine degli anni Ottanta la grafica digitale era un sogno, anche per le produzioni più ricche. Di conseguenza la Narnia televisiva è popolata da attori truccati in modo più o meno goffo o piuttosto, in modo teatrale. Su un palcoscenico i personaggi devono essere riconosciuti immediatamente per quello che il loro ruolo richiede, non ci si aspetta verosimiglianza, quindi anche se la pelliccia è pelouche e le armi sono di gomma pressata la magia si scatena lo stesso, se gli attori si immedesimano. In un prodotto audiovisivo oggi lo spettatore medio ha ben altro atteggiamento, i prodigi della grafica digitale hanno imposto un’estetica verista. Nella serie l’artigianalità si nota molto in quanto gli unici esseri umani sono i quattro fratelli, Caspian, Eustachio e pochi altri, tutti gli altri sono fauni, centauri, ippogrifi, animali antropomorfi. La famiglia di castori ricorda il Tenerone che allietava i varietà degli anni Ottanta, e Aslan in particolare tocca le vette del kitsch, insieme al drago del Viaggio del veliero. Il leone è un grosso pupazzo animato che apre la bocca e muove lo sguardo quando il burattinaio riesce a azionare le leve nascoste sotto alla pelliccia. Le scene dove dovrebbe volare sono particolarmente penose, se viste con lo sguardo di un adulto o di un adolescente smaliziato. Né il drago ha un’immagine migliore, sembra la versione povera delle creature animate da Ray Harryhausen negli anni Sessanta. Dove non arriva il discutibile make up o la povera scenotecnica, arriva la poesia del disegno animato, per quanti la sanno cogliere. Parecchie creature fatate sono cartoni animati disegnati con tratto da acquerellista, inseriti nelle sequenze e fatti muovere come se fossero incollati su sfondi che a volte si amalgamano bene e più spesso rivelano impietosamente l’artificio. Gli effetti speciali o si amano in quanto si contestualizzano in un’estetica differente da quella che è tipica del cinema fantasy di tradizione americana, o possono rappresentare un grosso ostacolo alla visione.
Tra l’altro la maggiore fedeltà ai romanzi implica anche scelte narrative oggi male accettabili, che si vanno a sommare all’estetica così particolare, e anch’esse necessitano di una buona contestualizzazione. Ad esempio, bambini sono definiti ‘figli di Adamo’ se maschi, ‘figli di Eva’ se femmine, e tutti si comportano obbedendo alle rigide convenzioni di genere del periodo del secondo dopoguerra. Nessuna ragazzina sogna e riesce a andare in battaglia, e quando la piccola Lucy vorrebbe, viene ‘raddrizzata’ e costretta a fare l’infermiera, dispensando gocce di una magica pozione ai feriti. Anche la meno goffa sorella riceve un arco ma le viene intimato di non entrare nel conflitto. Peter invece viene obbligato a combattere in singolar tenzone contro un campione della Strega, e si dà per scontato che possa sopravvivere a un guerriero ben scafato senza mai aver preso in mano una spada e uno scudo… perché è un maschietto quindi si dà per scontato che sia capace di far la guerra, o piuttosto vince perché questa è la volontà di Aslan.
Oggi sarebbe probabilmente intollerabile proporre ‘eroi’ afflitti da simili stereotipizzazioni, ma negli anni Cinquanta il mondo era molto diverso da quello che conosciamo oggi e la miniserie rispetta lo spirito originale dell’opera. I personaggi risentono di questa visione del mondo, crescono e cambiano poco nel corso delle puntate, e l’unico che ha un arco evolutivo vero e proprio è Edmund. Passa dalla caduta della tentazione al redimersi attraverso il pentimento e il sacrificio in battaglia, mentre gli altri vengono poco toccati dalla presenza di Aslan, in quanto sono già schierati dalla sua parte. Il mistico leone… o lo si ama o lo si odia, in quanto è un Deus ex machina, gli spettatori vedono i protagonisti mettersi nei guai ma c’è sempre Aslan pronto a salvarli, rendendosi simpatico quanto Superman prima che venisse inventata la kryptonite.
Non sono soltanto i trucchi artigianali e modesti a rendere la storia infantile, non è colpa della sceneggiatura, o degli attori: l’ostacolo più grande è la pesante ideologizzazione. In un certo senso appare più problematica la versione cinematografica, perché cerca di spacciare a gente diversa per etnia, cultura, età, un soggetto che è dedicato ai bambini, e a spettatori che vedono lo spettacolo come una parabola e apprezzano il valore ideologico della narrazione. La miniserie è schietta e genuina, non scende a patti con la sensibilità laica contemporanea e si rivolge al suo pubblico con onestà.
Nonostante tutti i limiti, può essere interessante leggere i libri e visionare questa garbata miniserie, anche per capire come mai una serie o un reboot cinematografico potrebbero avere problemi insormontabili. Da anni i media annunciano reboot, ora pare che ci sia un progetto affidato a Greta Gerwig, regista famosa per il live action di Barbie… Resta da vedere se snatureranno la saga pur di farla apprezzare a una platea mondiale o faranno scelte coraggiose, contro corrente.
Cuccussette vi ringrazia della lettura.
La recensione è stata edita su questo sito nel 2025. Contatta Florian Capaldi su Facebook per adozioni e gemellaggi !

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