RIPPER  STREET

Ripper Street è una serie britannica andata in onda per cinque stagioni, dal 2012 al 2016; è un giallo in costume a tinte forti, tanto da avere un rating adulto.
Come suggerisce il titolo ‘Ripper’, è ambientata nella Londra Vittoriana, nel 1889, qualche mese dopo la fine degli omicidi di Jack lo Squartatore ( Jack the Ripper ). Frederick Abberline, l’ispettore che aveva condotto le indagini per il serial killer, si è dimesso, e al suo posto c’è Ispettore Edmund Reid ( Matthew Macfadyen ), coadiuvato dal Sergente Bennet Drake ( Jerome Flynn), e da chirurgo Homer Jackson (Adam Rothenberg). Il trio si troverà a indagare su casi molto complicati, alcuni dei quali possono far pensare alla mano di Jack lo Squartatore…
La serie colpisce subito per la ricostruzione storica davvero molto accurata, pur nelle esigenze di spettacolarità proprie di un prodotto televisivo. Le strade e la vita durissima dei quartieri di Whitechapel sono riprodotte con realismo crudo: la prostituzione è praticata ovunque, la gente dipende dall’alcool, e cerca di sopravvivere come può. Nonostante l’abbrutimento i cittadini hanno l’orgoglio di appartenere al quartiere e si organizzano in ronde temendo nuovi omicidi. La società è immortalata per quello che poteva essere, con la sua violenza quotidiana, con gli ospedali simili a lazzaretti, con la pena di morte prevista anche per i minori e sostenuta dal consenso popolare, con il diffuso antisemitismo, con le idee socialiste che iniziano a prendere piede… Nessun aspetto sgradevole di quell’epoca è edulcorato, ci sono momenti paurosi descritti con movimenti di macchina inusuali, e non si risparmiano le violenze degli stessi poliziotti o le sequenze esplicite delle autopsie o dei ritrovamenti dei cadaveri.
Nonostante il titolo, lo Squartatore non compare mai: con fedeltà alla Storia, l’identità del famoso criminale non viene mai svelata, sebbene ci siano sospetti. Rimane una presenza fuori scena, che imprime alle vicende un tono cupo senza forzare la trama nel rischioso binario di un sequel destinato ad abbracciare una delle tante teorie sul serial killer. Sarebbe stata questa una scelta facile solo in apparenza, e commerciale; invece gli sceneggiatori hanno lasciato spazio a omicidi ricalcati o ispirati dal maniaco, senza ripercorrere le altre pellicole che cercavano di dare una spiegazione. Ogni soluzione avrebbe rassicurato lo spettatore, facendogli credere di essere al sicuro, poiché alla fine il criminale sarebbe stato assicurato alla giustizia. La scelta lascia la sola certezza che la polizia prova a risolvere i casi, e qualche volta ci riesce. Nessuno è al sicuro, Sherlock Holmes ce la fa solo perché è un eroe letterario, nonostante la serie ammicchi ai due film di Guy Ritchie. I parallelismi si limitano alla sigla iniziale, con i titoli che si alternano a varie immagini in un seppia che subito rende l’idea dell’epoca, con un motivo musicale orecchiabile simile a quello ascoltato nelle celebri pellicole. C’è anche più di una spruzzata di umorismo britannico, e qualche sequenza come il combattimento clandestino di Drake ammicca a quello di Holmes… ma lì finisce ogni somiglianza. Le indagini di Holmes prima dei due film di Ritchie erano quelle di un gentleman che seguiva casi tra signori e passava all’azione fisica se era proprio all’ultima spiaggia, tanto che se si pensa al giallo d’azione difficilmente viene in mente Sherlock Holmes. In questo caso la situazione è quasi diametralmente opposta, i protagonisti sono dipendenti della Corona, devono mantenere l’ordine a Whitechapel e se sono devoti alla professione, è per evitare sommosse o distrarsi da problemi personali, non per dare sfide al proprio cervello.
Nel mondo derelitto dei sovraffollati  quartieri sottoproletari si muovono i tre protagonisti, ritratti a trecentosessanta gradi. Sono tre uomini non perfetti, ciascuno con le proprie colpe, con i propri dolori. Sono tre ritratti dotati di un’introspezione abbastanza rara, soprattutto nei telefilm crime con sfumature horror e con tanta azione. L’Ispettore è un uomo che ha sulle spalle la colpa di aver lasciato la figlia sola al momento di un incidente avvenuto su un battello. Le cicatrici delle ustioni che ha sul corpo sono niente in confronto al dolore che ha nell’anima, anche perché il cadavere della ragazzina non è stato mai trovato e segretamente spera che sia viva, e affonda nel proprio inferno personale anche dopo aver saputo la verità. Il Sergente è un uomo schivo, tormentato da ricordi atroci e devoto al dovere. Compie tutti i lavori sporchi, è intuitivo ma siccome è un esperto pugile e ha una faccia da duro, usa metodi poco ortodossi e fa tutto quanto il suo superiore non compie in prima persona. Il chirurgo ha un vero fiuto degno di Sherlock Holmes, oltre che un aspetto esteriore che ricorda Robert Downey Jr, tanto che riesce a capire molto del mestiere e delle abitudini di quanti finiscono dissezionati. Sciupafemmine incallito, ha un passato torbido che crede di essersi lasciato alle spalle in America. Anche i personaggi femminili sono ben caratterizzati. Il bello è che tutti i personaggi si comportano con verosimiglianza, agendo con i limiti dovuti all’educazione della loro epoca. Hanno i loro pregiudizi, sono libertini o molto attenti alla famiglia, e non esitano a torturare i prigionieri pur di ottenere informazioni importanti. Sono antieroi riusciti, resi interessanti dai copioni e dagli attori impiegati, davvero molto bravi ed espressivi. Se sfoderano anche un notevole sex appeal, è dovuto all’essere carismatici, non bellissimi ma caratterizzati e credibili.
Le avventure sono one shot, legate però da fili conduttori diversi e da sotto trame che riguardano la vita familiare o sentimentale dei tre protagonisti, o al loro doloroso passato, oltre al fil rouge della presenza dello Squartatore. I casi sono quasi sempre circoscritti al quartiere di Whitechapel. La scelta è motivata, ormai sembra la formula più funzionale, almeno per i soggetti gialli e polizieschi. Nel caso specifico, permette di accostarsi alle avventure anche da neofiti, almeno per la prima stagione. Col progredire delle stagioni, resta meno facile seguire il percorso dei personaggi, ma la qualità narrativa è palpabile e spinge a recuperare la serie fin dai suoi inizi.
Se questa serie è stata cancellata, lo si deve al calo di ascolti della quinta stagione. Anche in precedenza c’erano stati annunci analoghi, dovuti però ai costi elevati e presto smentiti dall’audience meritatamente elevato. La conclusione probabilmente è diretta conseguenza dell’aver scelto di far morire uno dei tre investigatori alla conclusione della quarta stagione. E’ stato un errore imperdonabile, in quanto quella dipartita poteva essere parte di un epilogo dolente ed epico; il proseguo smorza la tragedia e sembra proseguire inutilmente una vicenda che ha già espresso quanto doveva. Sarebbe come voler raccontare Harry Potter e far morire Ron al terzo anno di scuola, o immaginare i Fantastici Quattro senza la Cosa…  Di conseguenza la stagione conclusiva appare sottotono e i fan lo hanno capito subito. Il trio ridotto a duo non ha la forza narrativa sfoderata in precedenza, c’è poco da fare. E’ un telefilm che  ha una bella fotografia, un montaggio impeccabile ma soprattutto vive di caratterizzazioni di ambienti e di personaggi. Da recuperare, senza indugio.

 

Cuccussette vi ringrazia della lettura.

La recensione è stata edita su questo sito nel 2023. Contatta Florian Capaldi su Facebook per adozioni e gemellaggi !

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