R. L. STINE - I RACCONTI DEL BRIVIDO - NON CI PENSARE!
Robert Lawrence Stine è uno scrittore americano divenuto celebre per la serie Goosebumps, horror per ragazzi noti in Italia come Piccoli Brividi. Ha pubblicato ad oggi un centinaio di titoli, molti inediti nel nostro Paese. Si tratta di racconti lunghi ambientati nella provincia americana; le vicende sono raccontate quasi sempre in prima persona ed hanno per protagonisti preadolescenti. I toni horror sfumano nel weird e sono sempre mitigati da una buona dose di ironia. La sintassi è abbastanza semplice, il lessico è accessibile ai giovanissimi, e un po’ come avviene nelle fiabe ogni racconto ha alle spalle una struttura talvolta ripetitiva. R.L.Stine non è un mediocre emulo di Ray Bradbury o di Rod Serling (Ai confini della realtà), e pur producendo letteratura popolare per giovanissimi, mantiene un proprio stile ben caratterizzato e personale. I Piccoli Brividi non sembrano frutto di una scuderia di scribacchini reclutati con un unico avvilente pseudonimo. R.L. Stine si rivolge ai giovanissimi lettori senza bamboleggiare con vicende troppo zuccherose. Rielabora l’esperienza di Stephen King e proprio come il “Re dell’horror’, concilia esigenze di mercato e voglia di innovazione. In parte anticipa gli sviluppi della narrativa per ‘young readers’ fiorita in seguito al successo globale della saga di Harry Potter. L’autore si rivolge ai giovani senza sacrificare troppo l’intrattenimento degli adulti. Senza esagerare con particolari cruenti, Stine immette colpi di scena ben disseminati tra le pagine e lascia trapelare la morale del racconto piuttosto di porgerla in modo esplicito. Sfrutta la tecnica dello switching endings ovvero lo svolgimento dei fatti: ogni vicenda sembra piuttosto prevedibile, fino all’epilogo, quando la creatività dello scrittore dà il meglio di sé. Le conclusioni spesso ribaltano completamente il senso delle vicende.
La serie Piccoli Brividi, per gli anglofoni Goosebumps, ha avuto diverse trasposizioni televisive e cinematografiche. R. L. Stine: I racconti del brivido – Non ci pensare! (R. L. Stine’s The Haunting Hour: Don’t Think About It) è una di queste, diretta nel 2007 da Alex Zamm. Il regista è quasi sconosciuto in Italia tuttavia ha alle spalle diversi film per ragazzi, pellicole natalizie e serie televisive rivolte ai più piccoli. La sua esperienza si rivela decisiva per realizzare una pellicola scorrevole, paurosa quanto basta, e abbastanza fedele allo spirito dell’antologia da cui è tratta.
Ne è protagonista è Cassie Keller, una tredicenne dark con un fratellino viziato e lagnoso, Max. Si è trasferita in una scuola di provincia e fatica a legare con i coetanei, ragazzotti di provincia conformisti e privi di qualsiasi ambizione. Circondata da compagni ottusi oppure bulli, oppressa dalla presenza frignante del fratellino fifone, la ragazzina ha un’occasione di rivalsa quando riesce a mettere le mani su un libro magico. Il potere della parola pronunciata ad alta voce le sfugge di mano, con conseguenze inaspettate…
Cassie assomiglia a tante altre protagoniste di fan fiction, di manga oppure di film realizzati per teenager, sebbene si distingua per una certa spontaneità. E’ dark perché si sente a suo agio con quel genere di moda, legge Poe perché ama la sua arte e anche l’antipatia verso la reginetta della scuola Priscilla Wright è istintiva. Cassie la disprezza al pari di tutti gli adolescenti leziosi, bigotti oppure omologati. Siccome molti dei potenziali spettatori appartengono proprio al tipo di umanità che Cassie liquiderebbe senza ripensamenti, la sceneggiatura crea una motivazione concreta per tanto odio. Un bel ragazzo, Sean, diventa l’oggetto del desiderio di entrambe le giovani, scatenando la rivalità. Che la faccenda sentimentale sia solamente un pretesto, si capisce ad una visione più attenta: l’inimicizia è spontanea ed immediata e si percepisce dal primo reciproco sguardo, scambiato ancor prima dell’entrata in scena di Sean. Tra l’altro il bel figliolo e la protagonista condividono pochi interessi ed il sogno d’amore è davvero improbabile. Finita la sbandata, la povera Cassie si troverebbe tra le braccia l’ennesimo Big Jim dal muscolo lustro e dalle meningi opache.
Nel corso della vicenda qualche battuta pare avvicinare Cassie alle tante teenager in piena tempesta ormonale; sono parole poco convincenti e sembrano un’aggiunta posticcia, inserita per rassicurare le spettatrici. Cassie invece dimostra di possedere un suo personale equilibrio, maturato nella conoscenza e nel rispetto delle proprie propensioni, e nella consapevolezza. Si accorge delle tante differenze che la separano dalle compagne e vorrebbe essere accettata per quello che è, senza dover diventare una copia sbiadita di Priscilla e delle sue emule. La reginetta della scuola è il tipico bullo al femminile: appariscente e leziosa, non perde occasione per deridere Cassie e per manipolare i ragazzi meno dotati. Gli altri studenti si dimostrano in più occasioni assai superficiali, pronti ad osannare il leader di turno e a deriderlo spinti dall’opinione del momento, come un branco di pecore… Cassie guarda la realtà con sguardo sognante e piedi per terra: sa come la più fervida fantasia non possa trasformare i provinciali giovani yankee in nerd affascinati dall’occulto.
Sembra insomma di assistere al video della canzone Hard Rock Halleluja dei Lordi, diluito nei tempi rilassati di un onesto film televisivo. Non mancano le cheerleader cinguettanti, tutti i personaggi seguono modelli ben noti, ed anche l’ambientazione riserva poche sorprese: una placida cittadina di provincia, immersa nelle atmosfere bonariamente paurose di Halloween, con le casette dal giardino addobbato ed un negozio misterioso che appare e poi scompare finita la festa. Alcuni di questi luoghi comuni sono elementi necessari allo svolgersi della vicenda, altri vengono inseriti per creare una certa continuità con le atmosfere dei paperback, o per suggerire citazioni da capolavori dell’horror americano, o del fantasy, tra tutti Carrie – Lo sguardo di Satana, le saghe di Halloween e di Nightmare e Labyrinth.
Gli elementi paurosi sono tutti affidati all’evocazione del mostro, fatto comparire dalla lettura ad alta voce del libro La creatura del Male. Trattandosi di un horror per giovani i particolari più spaventosi vengono suggeriti. Le inquadrature ed il montaggio lasciano spazio all’immaginazione, e benché siano piuttosto di mestiere, non edulcorano troppo i fatti. In questo modo il regista evita le scene troppo esplicite e riduce i costi senza penalizzare il risultato finale, anzi. Ieri come oggi i mezzi accessibili ad una produzione televisiva sono limitati rispetto a quanto si vede sul grande schermo e molti spettatori fanno confronti inopportuni, basando il gradimento di una pellicola sulla verosimiglianza degli effetti speciali. Alex Zamm vi ricorre solamente quando l’intreccio davvero impone di far vedere situazioni e personaggi sovrannaturali. Quando finalmente il mostro prende corpo, la vicenda è giunta al suo culmine e l’attenzione dello spettatore è tutta rivolta al destino incerto dei protagonisti. E’ più facile allora accettare i trucchi rozzi, realizzati artigianalmente ed esibiti senza inutili sfoggi di abilità, con un’estetica tutta retrò che ammicca ai vecchi fumetti pulp di Zio Tibia e alle illustrazioni della serie di libri che ha ispirato il film.
La fedeltà alle pagine di R.L. Stine traspare da ogni fotogramma; l’epilogo della vicenda, con la pericolosa entità apparentemente sconfitta ed un colpo di scena inserito all’ultimo minuto, rispetta lo spirito dei libri.
Se il coinvolgimento emotivo latita, la cause vanno semmai ricercate altrove, in una caratterizzazione dei personaggi poco incisiva, nei copioni prevedibili, nella confezione modesta da film televisivo. La sceneggiatura fa miracoli per trasporre le atmosfere della serie letteraria, minimizzare la povertà dei set e valorizzare la recitazione dei giovani protagonisti. Emily Osment, Cody Linley e Brittany Elizabeth Curran hanno dalla loro la freschezza dell’età e hanno partecipato a molte produzioni di successo, tra cui Hannah Montana, tuttavia sono volti graziosi capaci di reggere i ritmi massacranti delle fiction e delle sitcom meglio dei primi piani del cinema e della televisione d’autore. Dopo questa trasposizione dei Gooseboomps hanno proseguito la loro carriera professionale in produzioni analoghe, con maggiore o, nel caso di Cody Linley, minore fortuna. E’ inutile pretendere dai tre protagonisti un tipo di recitazione diverso, sul modello degli attori teatrali visti nei telefilm britannici.
La pellicola, dal primo all’ultimo fotogramma, dichiara i suoi intenti con estrema onestà, e il fatto che almeno in Italia sia stata distribuita direttamente in DVD la dovrebbe dire lunga. R. L. Stine – Racconti del brivido – Non ci pensare! è un film fresco e divertente, con qualche momento da commedia per teenager e un intreccio che può avvicinare all’horror anche i più piccoli, o a quanti amano la tensione ma rifuggono le scene più esplicitamente descrittive o le ambientazioni troppo cupe.
Cuccussette vi ringrazia per la lettura.
Questa recensione è stata edita da Fantasticinema https://www.fantasticinema.com/r-l-stine-i-racconti-del-brivido-non-ci-pensare/
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