THE STORY OF A MOTHER

È divenuto il soggetto per uno splendido cortometraggio il racconto breve Historien om en Moder, edito nel lontano 1847 da Hans Christian Andersen. Lo scrittore danese divenne celebre per le sue fiabe romantiche o, piuttosto, per le discutibili riduzioni per l’infanzia a esse ispirate. Gli adattamenti sono stati apportati per semplificare il lessico e lo stile, per eliminare dettagli macabri e introdurre improbabili finali lieti. Sirenette che sposano i loro principi, fiammiferaie soccorse in extremis da ricche signore che le adottano, ballerine che si sfilano le scarpette rosse o conquistano il palcoscenico, questo è l’Andersen che un certo modello di scuola ci ha fatto conoscere. Un uomo differente dal Grande dell’Ottocento, l’autore maturo che si rivolgeva agli intellettuali della sua epoca trasfigurando la dura realtà con linguaggio poetico e sognante.

È doloroso scoprire quanto la censura possa nuocere a un’opera, decontestualizzandola e svilendola. Per fortuna ci sono persone che si accostano alla sensibilità del Romanticismo con rispetto per le sue atmosfere cupe, senza pretendere di modificare le pagine pur di accontentare i giovanissimi e gli inguaribili ottimisti.

Alessandro De Vivo e Ivano Di Natale hanno trasposto in 17 minuti di intenso cinema proprio una delle fiabe più cupe. In essa una madre veglia il suo bambino ammalato per tre giorni e tre notti. Senza che nemmeno se ne accorga, fa entrare colei che “va più veloce del vento e non riporta mai quello che ha preso”. La donna trova la culla vuota e parte all’inseguimento della Morte. La raggiunge percorrendo un cammino costellato di terribili prove e inquietanti presenze. Il confronto con la Morte porrà la madre davanti a una scelta radicale…

Il cortometraggio, The Story of a Mother, esaspera le atmosfere dark proprie della fiaba; ci sono lievi adattamenti che mantengono inalterato lo spirito della vicenda. I suoi ideatori ne parlano come di un horror fantasy, o di un fantasy con una forte struttura drammatica. Definizioni a parte, la ricerca del figlio assume i toni di una quest, sottolineata da prove, fino all’incontro con l’avversario finale. Il sentimento materno passa in secondo piano, diviene quasi un pretesto per narrare un cammino di consapevolezza, in cui l’Eroe cresce e matura, fino a superare i propri limiti o ad accettarli quali parte della propria condizione di mortale. La malinconica conclusione accomuna il percorso della madre a quello narrato in tanti miti, compreso il viaggio di Gilgamesh e la discesa agli inferi di Orfeo.

Fin dalle prime inquadrature lo spettatore si rende conto di trovarsi davanti un’opera paragonabile, per tecnica e linguaggio espressivo, a quanto si vede sul grande schermo. Colpisce l’uso accorto della grafica digitale. Il computer interviene a rendere omogenee le sequenze, tanto da non lasciare capire quali immagini siano state riprese dal vero e quali siano frutto della fantasia di abili animatori. Gli ambienti possono ricordare quelli del Labirinto del Fauno, siano essi il bosco, il fiume oppure la serra coltivata dalla Morte. Le locations utilizzate sono, per ammissione degli stessi registi, esterni situati in Campania: Napoli, Cusano Mutri, Civitella, zone montagnose del salernitano.

Anche se le riprese si sono protratte per poco più di una settimana, la postproduzione ha impiegato oltre un anno per assemblare, montare e sincronizzare il sonoro.

Gli attori coinvolti sono tutti professionisti: la protagonista Angela De Matteo, Renato De Rienzo, Nunzia Schiano, il cavaliere Nino Colella, Valeria Fralliciardi. Con un simile cast, la recitazione è all’altezza delle aspettative. La colonna sonora è un piccolo gioiello, che niente ha a invidiare alla Immediate Music o a compositori specializzati in partiture da cinema.

Il video è costato circa 20.000 euro; una bella cifra, necessaria per tradurre la pagina scritta in immagini di qualità visiva raramente raggiunta in produzioni del genere. I registi hanno diretto il corto con inconsueta abbondanza di mezzi, motivati dall’intenzione di proporlo in festival, e mostrare al mondo intero che l’Italia sa e può produrre film fantasy, come e meglio di altre Nazioni.

 

CUCCUSSETTE VI RINGRAZIA DELLA LETTURA

LA RECENSIONE è STATA EDITA SU TERRE DI CONFINE  https://www.terrediconfine.eu/the-story-of-a-mother/

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