LA STORIA FANTASTICA

Alcune pellicole, pur senza brillare per meriti artistici, riescono a far breccia nel cuore del pubblico e imprimersi nella memoria. La storia fantastica è uno di questi casi, un fantasy girato senza troppe spese dall’abile mestierante Rob Reiner, che ha ben sfruttato il romanzo The Princess Bride di William Goldman. Premetto che il testo non è l’ennesima novelization di un film di successo, ma è un fantasy estremamente maturo, e meta letterario. Ne è protagonista un uomo che desidera regalare una fiaba, la stessa che gli veniva letta da piccolo. Ritrovato il libro, scopre un racconto molto diverso da quello che ricordava, e non per questo meno bello. Si tratta di una storia ambientata in un ucronico tardo Rinascimento, scritta da adulti per adulti, amara in molte sue parti… L’adattamento cinematografico alleggerisce la malinconia e le riflessioni esistenziali, e permette molteplici livelli di lettura.

La storia fantastica ironizza sugli stereotipi della letteratura fantastica, del cinema di cappa e spada, delle storie d’amore in ambientazione medievaleggiante. I luoghi comuni sono oggetto di ironia a volte anche pungente, tuttavia i toni sono affettuosi, a tratti elegiaci, analoghi a quelli usati da Sergio Leone per lo spaghetti western. Si tratta il cinema e la letteratura di genere, sapendo che i tempi delle gesta di Scaramouche o della bella Angelica sono ormai lontani; si attualizza con una sprizzata di fantasy, e si sorride con il cuore e con il cervello.

Tutti i personaggi sono ispirati a cliché collaudati, e grazie a dialoghi geniali tutti assumono uno spessore, sono vivi, grazie alle emozioni che (re)suscitano negli spettatori un tempo incantati da duelli, torture, belle dame e avventura. I comprimari divengono così i veri protagonisti, anche quando vivono nello spazio di poche battute, come il genio criminale Vizzini, il carceriere albino o il cerusico Max dei Miracoli. Vero mattatore è lo spadaccino Inigo Montoya, figlio di un mastro spadaio ucciso dal perfido Conte Rugen; Inigo da vent’anni insegue la vendetta. “Hola. Mi nombre es Inigo Montoya, tu hai ucciso mi padre... preparate a morir!” è un tormentone che ricorre, fino allo scontro decisivo. Indimenticabile anche il gigante Fezzik, interpretato dal compianto wrestler André the Giant: una montagna di muscoli dall’animo innocente, che parla in rima. Magnifico anche il principe Humperdinck, un uomo tanto vigliacco quanto astuto: vuole sposare Bottondoro per farla rapire e uccidere, incolpando sicari di una vicina monarchia, e scatenando la guerra. È comprensibile la scelta lasciarlo in vita affinché possa "vivere a lungo con la sua codardia", invece di farlo morire, magari combattendo. Weasley e Bottondoro sono la caricatura di tutti i protagonisti che il genere mette in primo piano. Sono legati dal Vero Amore, ovvero l’amore che esiste solo nelle fiabe e nei romanzi rosa, incondizionato e totale, capace di riportare in vita i defunti e di ispirare imprese altrimenti impossibili. Sarebbe stucchevole, se non ci fossero battute disincantate a riportare lo spettatore con i piedi per terra, su tutte quelle del guaritore che chiede al cadavere di Weasley la ragione per tornare in vita, e sente ‘Mucho dinero’ oppure dichiara che l’amore è la più bella cosa, dopo un panino col prosciutto magro e i pomodori ben maturi!

A proposito di miracoli e stregonerie: La storia fantastica è un low fantasy, ovvero ha pochissimi elementi sovrannaturali, e ancora meno effetti speciali. L’ambientazione è un’ucronia dell’Europa del primo Seicento rivisitata da qualche elemento fantasioso. Ci sono gli echi della guerra di corsa, gli spadaccini usano spade da lato (o early rapiers), la Groenlandia è stata scoperta e così l’Australia, esiste la Spagna, i matrimoni sono affidati al clero in molti casi asservito al potere del sovrano, la politica è basata su intrighi e veleni… un mondo quasi reale. In questo universo prospera il regno di Florin, con le sue paludi dalle sabbie mobili popolate da roditori grandi quanto ponies. Le magie sono quasi tutte riconducibili ai prodigi della tecnica: la macchina che risucchia la vita ai condannati è mossa da argani ad acqua, ricorda le balzane invenzioni del Principe di San Severo Raimondo di Sangro. La resurrezione di Weasley è miracolosa, e avviene grazie a una pillola speciale.

Tutti incantesimi terreni, fatti di suggestione, e resi sullo schermo senza dispendi di effetti speciali. La parsimonia nei trucchi fu a suo tempo criticata, relegando il lavoro di Rob Reiner nel limbo dei B-movies; a distanza di anni viene da notare come tanta sobrietà, insieme al soggetto atipico, abbia salvato il film dall’oblio. In Italia il titolo venne cambiato in modo da sfruttare il successo de La storia Infinita, di cui doveva essere un emulo povero. A distanza di venti anni, il kolossal di Wolfgang Petersen appare irrimediabilmente datato, distante dal testo di Micheal Ende e anche dal gusto dei giovani, mentre La storia fantastica conserva intatto il suo fascino.

Il suo messaggio educativo, porto senza troppa retorica attraverso i commenti del nonno e del nipote che lo ascolta, resta attuale. Il piacere della narrazione, affidato a un narratore o ritrovato leggendo con gusto ogni riga, è il vero protagonista. L’adulto è il necessario tramite che permette ai piccoli di gustare il piacere del raccontare, ha il compito di avvicinare storie vecchie e nuove, permettendosi anche di manipolare il testo quando lo ritiene necessario. Nessun videogioco, ci ricorda il film, potrà mai restituire il piacere del contatto umano e dell’uso dell’immaginazione che si scatena quando la rappresentazione di un fatto si fa astrazione, parola o logos. Il messaggio giunge al cuore della platea in modo assai più efficace di molte pubblicità realizzate appositamente per trascinare i teenager in biblioteca.

Da vedere, magari per gridare… "Mi nome es …, tu hai ucciso la leteratura... preparate a morir!".

     

Cuccussette vi ringrazia della lettura.

Questa recensione è stata edita dal compianto Professor Raffaele Licinio, per il suo sito CINEMA E MEDIOEVO 

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