DICK TRACY

Tra gli anni ’30 e i ’50 i giornali americani includevano le strisce a fumetti di un investigatore molto speciale: Dick Tracy. Alto, atletico, elegante, con i lineamenti marcati, il naso aguzzo, cappello e un impermeabile giallo, Dick Tracy è a capo della polizia e lotta contro il crimine. Le sue avventure, nate dalla fantasia di Chester Gould, sono poliziesche più che gialle e le trame danno rilievo all’ azione più che all’ investigazione. Si svolgono in un’ ipotetica metropoli americana nell’ epoca del proibizionismo, pur non dichiarando apertamente l’ anno o il fatto che fosse vietato bere alcolici, con gangster e pupe. Rispetto a eroi hard boiled come Philip Marlowe, Dick Tracy appare meno duro. Rispetta sempre e comunque la legge, rifugge dai trucchi sporchi, ricorre alla violenza solo in alcune situazioni estreme, non beve, non fuma, e ha una sola eterna fidanzata, la zuccherosa Tess Sweethearth. Suo aiutante è The kid, un ragazzino di strada che salva più volte il protagonista e che rammenta Il Monello di Chaplin. Dick Tracy è disegnato con un tratto particolare, che lo rende ben riconoscibile. Anche i cattivi sono molto caratterizzati, spesso accentuando fino alla mostruosità tic o difetti fisici. I gangster hanno la testa piatta, conica, balbettano fino a essere a malapena intelligibili, sono obesi all’ inverosimile oppure rinsecchiti, e tutti i lineamenti sono sconvolti all’ eccesso, quasi che la loro malvagità si traduca storpiando le fattezze e i corpi. Oggi sarebbe impossibile far accettare simili ritratti, al limite del body shaming e dell’abilismo. La violenza c’ è, ed in abbondanza: sparatorie, stivali di cemento, cadaveri nascosti nelle fondamenta di edifici in costruzione e tutto il repertorio della malavita sono presentati nelle varie puntate, anche se poi non viene mostrato nulla di sconveniente per la mentalità puritana dell’ epoca. I dettagli cruenti vengono sempre mascherati in qualche modo, magari esaltando il dialogo a scapito dell’ immagine, o più spesso, suggerendo quanto accade. Tutta la realtà viene mostrata a tinte vivide. Il tratto fumettistico è scarno ed asciutto, ricorda un po’ il cubismo, un po’ la pop art. Le scene appaiono colorate a tinte forti, con prevalenza di toni decisi. Stessa netta divisione si ritrova per la moralità ed il carattere dei personaggi. Nel fumetto, la legge e la bontà si contrappongono in modo netto all’ illegalità ed alla cattiveria. Tutti i personaggi sono schierati dall’ una o dall’ altra parte; anche il ragazzo, protetto da Dick Tracy lascia la vita da monello per comportarsi come se fosse appena uscito da un college. Con simili presupposti, l’ introspezione è limitata ai tratti principali, con poche sfumature anche se azzeccate. Il carattere dei personaggi appare condizionato da cliche: anche qui, mancano i mezzi toni. Ogni personaggio è definibile con pochi aggettivi, e si muove in modo da rispettare sempre le qualità che gli sono state attribuite. In parte questa schematizzazione si può spiegare col fatto che, in una striscia che esce poco alla volta, essere semplici e concisi è una necessità. La mentalità americana di oltre 50 anni fa poi poteva preferire eroi corretti e schierati in un modo netto ed impeccabile: dopotutto, anche Superman era così, alle origini, ed è sopravvissuto fino ad oggi, al contrario di Dick Tracy, proprio perché gli sceneggiatori hanno saputo dare nuovo spessore alle sue avventure creando dubbi e dilemmi per il super eroe, risollevando le vendite con colpi di scena e trovate narrative di ogni tipo. Dick Tracy invece ha mantenuto intatto il suo ruolo, e quando la gente ha iniziato a preferire eroi più sporchi, la sua fama si è appannata fino a scomparire. Può darsi che il personaggio abbia goduto di una certa popolarità fino a quando è stato disegnato, e che poi, realizzato da altri autori, abbia perso la grinta e il candore che colpivano i lettori; oppure, le sue stesse caratteristiche di paladino della legge lo hanno datato, al punto che oggi, almeno in Italia, non è poi così popolare.
Con simili presupposti, sorprende ed incuriosisce il film di Warren Beatty  dedicato all’ investigatore, realizzato nel 1990. L’ eroe viene interpretato dallo stesso Beatty, che ne dà una versione abbastanza coerente: forse è leggermente più violento durante gli interrogatori, ma in generale è reso con fedeltà. Sono presenti molti dei personaggi comparsi nei fumetti, e tutti sono interpretati da attori famosi come De Niro o Dustin Hoffman, o da esperti caratteristi. Grande importanza ha il trucco, e le maschere che i malviventi indossano: da Flat Top a 88 Tasti, in modo più o meno evidente tutti i malavitosi sono riconoscibili. Compare anche Madonna: la cantante interpreta una soubrette legata ai boss della malavita, ed esegue i brani della briosa colonna sonora. Il ruolo di Mozzafiato Mahoney sembra costruito su misura per lei; non è una grande prova recitativa, la cantante non è mai stata una vera attrice, ci ha provato ma...
il regista ha saputo dosare battute, montaggio e fotografia in modo da far figurare al meglio la pop star. E’ un merito che non tutti gli autori con cui Madonna ha lavorato hanno saputo fare, ottenendo in parecchi casi risultati discutibili se non ridicoli. Warren Beatty le ha affidato un ruolo fatto di canzoni, danze, sensualità dichiarata e mostrata, ambiguità che riserva sorprese fino alle ultime inquadrature.
La sceneggiatura di Jim Cash, e Jack Epps Jr. porta sullo schermo una vicenda con un buon ritmo, ricca di azione e colpi di scena, e riesce ad avvincere lo spettatore senza cedimenti. I personaggi hanno tutto il risalto possibile, date le premesse abbastanza moralistiche del fumetto, che non vengono contraddette, ma solo alleggerite in modo da rendere l’ eroe più vicino al gusto moderno. Come nelle strisce, sesso e violenza sono suggeriti allo spettatore ma non mostrati direttamente, mentre il Ragazzo viene gestito con equilibrio. Spesso capita che in certi film dove all’ eroe adulto si affianca un bambino il tono della vicenda diventi bamboleggiante e dolciastro. In Dick Tracy questo non accade, forse per l’ abilità dello sceneggiatore o forse perché si tratta di un disilluso monello, che sulla strada ne ha viste di tutti i colori e non ha tempo per apprezzare certe stucchevoli abitudini che certi adulti riservano ai piccoli. Ragazzo riesce a conservare una certa sincerità, sa come mandare a quel paese adulti e orfanotrofi: è credibile, molto più credibile della dolce Tess Cuorsincero. La fidanzata di Dick Tracy è una ragazza acqua e sapone, innamorata dell’ eroe fino a sopportare di essere trascurata o forse tradita; il suo personaggio è dolce, ingenuo, proprio come nel fumetto; e forse era così che gli Americani sognavano le loro mogli ideali, o quello davano ad intendere. A poche donne oggi piacerebbe identificarsi in lei, ma il maggior pregio del film è  la resa di un’ atmosfera e di un certo modo di fare fumetto o cinema.

Stupendo in questo senso è l’uso delle scenografie e del colore. E’ raro trovare una pellicola ispirata ad un eroe dei fumetti che sappia mantenere con fedeltà il tipo di scene e i colori usati nelle tavole, senza abusare di effetti speciali e liste di controfigure lunghe quanto quelle degli attori: in questo film invece accade. Tutti i particolari sono ricostruiti alla perfezione, le immagini traboccano di rosso, giallo, blu, verde, nero e tinte forti, irreali, proprio come si vedeva nelle strisce. Particolari gli edifici e le auto, create appositamente in base alle tavole: simili macchine non sono mai state prodotte per circolare nelle strade. Sembra che il regista abbia scelto con molta attenzione quali trucchi impiegare e quando usarli; e questo avviene in una situazione particolare, che poteva scappare di mano al regista. Infatti  la vicenda è stata girata in interni, con la possibilità di scegliere in tutta libertà e precisione il tipo di risultato “migliore”. Cadere nel pacchiano era facile, dato che in fondo ogni sequenza tende a ricreare l’ atmosfera del fumetto, e quindi presuppone un grosso lavoro da parte di scenografi, e una ricerca minuziosa di dettagli, fino al virtuosismo, o al kitsch. Il film delinea bene un mondo immaginario al limite tra violenza, realismo ed ingenua rappresentazione popolare, dove esistono regolamenti di conti spietati ed un poliziotto può venire incastrato con un piano ben congegnato,  dove la testimonianza di un ragazzino può salvare un eroe da una brutta fine e il bene prima o poi trionfa… 

Pazienza, se il realismo viene a compromessi; Dick Tracy appartiene al mondo del fumetto di un certo Paese in un momento particolare della sua storia. Perciò risente di una visione ottimistica della vita, quella degli anni della ripresa economica dopo la grande crisi del 1929; volerlo attualizzare sarebbe un tradimento. Troppo lontano dai gusti delle platee degli anni Novanta, questo live action ci fa riscoprire un personaggio ed un ambiente lontani nel tempo, descritti però con un forte segno grafico che potrà affascinare anche i più agguerriti sostenitori del fumetto d’ autore.   

 

 

 

Cuccussette vi ringrazia della lettura.

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