IL MISTERO DI AYLWOOD HOUSE
Il mistero di Aylwood House è a trasposizione televisiva del romanzo A Watcher in the Woods di Florence Engel Randall, inedito in Italia ma già sfruttato per lo sfortunato Gli occhi del parco.
Questa nuova versione cerca di rimediare a quanto non era piaciuto del film della Disney.
La vicenda narrata è quasi la stessa: una famiglia americana si trasferisce in un villaggio gallese, in una villa d’epoca messa in affitto controvoglia dall’anziana Mrs. Aylwood. La donna custodisce un terribile segreto, e ha comportamenti bizzarri che vengono tollerati dai compaesani in quanto la signora ha perso sua figlia Karen, scomparsa nel bosco molti anni prima senza lasciare traccia. Il paese è un villaggio rurale circondato da un bosco oggetto di leggende, e la gente accetta il sovrannaturale senza stupirsi troppo. Anche nella dimora affittata iniziano ad accadere fenomeni inspiegabili. La figlia maggiore Jen si mette ad investigare sul passato, facendo luce su un mistero che dura da secoli…
Questa trasposizione della regista Melissa Joan Hart cerca in primo luogo di spiegare gli eventi e rassicurare gli spettatori. La vicenda imbocca la strada di una ghost story di tipo classico, priva di elementi di magia rituale, di esoterismo, di cerimonie pagane o di contatti alieni. In questo senso la trama scorre veloce, perdendo però irrimediabilmente molte delle suggestioni del film. Si tende a dare troppe motivazioni, si dice molto, anche troppo, fin dall’inizio, quando si introduce la presenza dell’Osservatore. E’ lo spirito del bosco che produce gli eventi paranormali, uno spettro che chiede solo un ‘battito’ per poter lasciare la sua condizione e liberare Karen. Jen è più sensibile di altri, ma questo non la rende medium o sensitiva, e perciò i suoi dubbi si riducono a quelli che chiunque potrebbe sperimentare nella sua condizione. Anche l’omertà di quanti parteciparono al gioco nel bosco è meno oppressiva. Una testimone è una povera donna impazzita che vive in una roulotte e rivela subito quanto ha visto, e un ricco amico presente ai fatti conferma, pur nel terrore di poter infangare il buon nome della sua famiglia. Solo il terzo partecipante chiude la porta in faccia a Jen. Mrs. Aylwood è più ambigua, tratta con il fantasma richiamandolo attraverso il lancio di fiori in uno stagno, e farebbe di tutto per rivedere la figlia, anche scambiare le anime innocenti della sorella minore. Che l’Osservatore sia un fantasma, come sia diventato uno spettro e cosa desideri da Karen viene presto a galla. Sono scelte coerenti, più coerenti di quelle del film Disney, però privano presto la vicenda del suo fascino e la spingono verso un sovrannaturale sezionato ed esplorato per filo e per segno per essere completamente svelato allo spettatore. Al pubblico è richiesto solo di credere all’esistenza dei fantasmi, che si comporteranno come vuole la tradizione.
La pellicola vuole rassicurare lo spettatore, proponendo un lieto fine che nel romanzo non è poi così lieto, e nel film del 1980 è già stato edulcorato, in modo meno trionfalistico però. Nella scelta di tradire il romanzo, ci sarebbe stato meglio un lieto fine apparente, o mancato.
Anche le scene paurose sono prevedibili, spesso prese di peso dalla pellicola, e quando ci sono delle invenzioni nuove, sono supportate da effetti speciali mediocri e in molti casi usati con imperizia. Il mistero di Aylwood House è del 2017, e quindi in teoria potrebbe avvalersi delle migliorie tecniche dei nostri giorni, però quanto si vede è davvero povero e troppo ostentato, come nella scena della serra che replicherebbe le sequenze della casa degli specchi del primo film, ma in modo meno claustrofobico e quindi meno angosciante. L’immagine di Karen così netta e definita smorza la paura anche nelle altre apparizioni, poiché non è una visione che si insinua nella mente di Jen in modo subliminale, ma è qualcosa che appare, e lo fa quando è presente anche la proprietaria di casa.
La goffaggine non si limita solo ai trucchi ostentati in sequenze troppo lunghe perché all’occhio dello spettatore sfuggano i dettagli approssimati, ma si estende a tanti particolari. Ad esempio, un libro fondamentale per la trama dovrebbe risalire agli anni della Peste Nera ma è grande quanto un diario e scritto in un Inglese corrente invece che in Medio Inglese o in Gaelico Gallese, lingue che dovrebbero essere incomprensibili per un’adolescente americana. Purtroppo non è la sola sbavatura, ce ne sono altre, ed alcuni personaggi sono poco più che accessori di scena parlanti.
La recitazione è quella tipica delle produzioni televisive: spigliata e priva di grandi prove attoriali.
Tanta goffaggine trova motivazione nel fatto che si tratta di un film nato per la televisione, realizzato con mezzi contenuti e mai finito al cinema. La protagonista Tallulah Evans non brilla e quasi fa rimpiangere Lynn-Holly Johnson , attrice del film Disney, che già non era granché espressiva. La presenza di Angelica Houston è uno specchietto per le allodole e pur essendo brava, Bette Davies era più iconica e maggiormente valorizzata da un copione più interessante.
La Houston solleva appena il livello di una pellicola senza grandi pretese che deve sottomettere la sceneggiatura ai ritmi placidi di una visione disimpegnata. La sceneggiatura è fatta apposta per venire interrotta da frequenti pause per la pubblicità: gli stacchi sono annunciati da un paio di secondi con la scena nera che si ripetono ogni circa quindici minuti. Inoltre pur essendo horror un film per la televisione deve mantenersi nei canoni di autocensura imposti alle trasmissioni, quindi non si spinge mai abbastanza il pedale dell’orrore.
Ci si può intrattenere con questo film, a patto di accettarne fin da subito i tanti limiti.
Cuccussette vi ringrazia della lettura.
Questa recensione è stata edita su questo sito. Se la volete ospitare, contattatemi. Florian Capaldi su Facebook
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