PAGEMASTER - L'AVVENTURA MERAVIGLIOSA

Richard Tyler è un bambino di dieci anni terrorizzato da qualsiasi pericolo possa minacciarlo, è fifone e rifiuta di mettersi alla prova e superare le tante paure. Un giorno viene mandato dal padre a comperare dei chiodi e viene sorpreso dal temporale. Si rifugia nella biblioteca dove trova l’eccentrico bibliotecario Mr.Dewey. L’uomo gli fa la tessera e lo invia al telefono pubblico per contattare la famiglia, ma il ragazzino scivola sull’acqua che gli cola dalla giacca, batte la testa e sviene. Quando riapre gli occhi è in un mondo coloratissimo popolato da bizzarri cartoon a forma di libro. Lui pure si è trasformato in un cartoon. Pagemaster, il custode della magia delle parole appare e lo invita a tirare fuori il coraggio e superare  tre prove nei reami dell’horror, dell’avventura e del fantasy. Solo superando le sue paure potrà tornare a casa…
Pagemaster - L'avventura meravigliosa (The Pagemaster) è un film diretto da Pixote Hunt e Joe Johnston. Era passato qualche anno dalla Storia Infinita, Roger Rabbit era ancora popolare e l’idea di fare un film in tecnica mista, con parti animate e parti recitate da attori in carne ed ossa restava un’idea attraente e potenzialmente lucrosa. Occorsero oltre tre anni per confezionare Pagemaster, che uscì nel 1994, pomposamente pubblicizzato come una pellicola che ereditava le migliori caratteristiche di quei fortunati titoli.
In teoria le premesse per aver successo c’erano tutte: l’innovazione tecnologica, un intreccio buono per tutta la famiglia con attori che erano mostri sacri, garanzia di qualità… Il cast includeva l’allora famosissima baby star Macaulay Culkin, il mostro sacro Christopher Lloyd e c’erano le voci di Patrick Stewart, di Whoopi Goldberg e di Frank Welker.
Che la realtà fosse ben distante dalle aspettative, se ne ebbero ad accorgere subito i malcapitati spettatori. Il film uscì in sala ed ebbe un modesto riscontro iniziale, un magro incasso che finì per calare progressivamente con il ridursi progressivo del numero di biglietti staccati. Finì in un grande flop, purtroppo meritato nonostante le pre(o)messe.
Il soggetto curato da David Casci e da David Kirschner si basa su due tormentoni della cinematografia americana per famiglie: l’idea che chiunque si impegni possa sconfiggere le proprie difficoltà, e la promozione della lettura. Purtroppo non sempre va così perché certe mete si raggiungono solo se ci sono i necessari attributi, dedizione monacale e un pizzico di fortuna. Quando il miracolo latita, gli ottimisti mettono da parte la storia perché è poco edificante e raccontano qualcosa coronato dal successo, o modificano la vicenda in modo che abbia il suo doveroso happy ending. Quanto alla passione per la lettura, difficilmente si sposa con la mentalità pragmatica di genitori come quelli che ha Richard. Spesso i bambini forti lettori, quelli che davvero divorano anche cinque o più libri al mese, sono tutto tranne che amanti dei giochi all’aperto e dello sport. Sono piccoli incoraggiati da genitori e educatori, che cresceranno nerd, secchioni e intellettuali e probabilmente son poco interessati alle attività fisiche, a meno che queste siano qualcosa che li accomuna ai loro eroi libreschi o abbiano talenti straordinari.
Richard però non è un nerd, è disinteressato ai libri e ignora l’identità dei personaggi letterari che incontra nel corso del suo sogno, sebbene siano famosissimi e abbiano trasposizioni in media diversi. E’ afflitto da delle fobie vere e proprie che condizionano la vita di tutti i giorni, come non voler salire scale, evitare qualsiasi trauma emotivo o fisico, girare su una bicicletta con ridicole luci e casco. A parte il fatto che se i ciclisti mettessero giubbini riflettenti, luci ben visibili e elmetto molti incidenti mortali o inabilitanti avrebbero conseguenze assai più lievi, e quindi è diseducativo far passare per incapaci quanti usano i dispositivi di sicurezza, il protagonista di Pagemaster vive un disagio tangibile. Cosa c’entrino queste problematiche con amare oppure odiare o magari essere indifferenti ai libri resta un mistero. Il piccolo allontana le simpatie dei coetanei, quelle dei primi della classe come quelle dei ragazzini che amano gli sport e i giochi in cortile, e a nulla serve il look da pulcino smarrito o da Alvin la superstar.
La rappresentazione dei libri antropomorfi prosegue la sequela di equivoci. Avventura è un pirata, Horror è un mostro ma ricorda più il Quasimodo di Notre Dame de Paris che una malvagia creatura sovrannaturale. Suscita compassione con i suoi strilli da zitella che vede un topo, e svia dall’idea di paura. Si tocca il fondo con Fantasy, una melensa fatina con scarpini da Cenerentola e bacchetta. La scelta mi appare del tutto inopportuna poiché, almeno in quegli anni, il fantasy attraeva soprattutto lettori maschi, che non si rispecchiavano affatto in quel tipo di rappresentazione leziosa.
L’avventura è un succedersi di tre prove, come ha stabilito il Pagemaster, una sorta di Albus Silente che nella visione tra sogno delirio e incubo si stacca dal soffitto. Ogni prova consiste nel dimostrare il proprio coraggio, in premio c’è il poter uscire e portare fuori quei libri. I personaggi scelti sono protagonisti di grandi classici, testi di cui si parla a scuola. Si tratta di Jeckyll e Hyde, di John Long Silver e della sua ciurma, di Jack col fagiolo magico, del Capitano Achab, di un drago. Ebbene, Richard dovrebbe conoscerli perché ha dieci anni e va a scuola, inoltre sono in romanzi classici, trasposti anche in film, o presenti in fiabe tradizionali che dovrebbe aver sentito narrare. Invece si guarda attorno smarrito, chiede cosa si fa, e poi trova una soluzione, spesso con l’aiuto dei tre libri antropomorfi e della bacchetta magica.
Le interpretazioni di Patrick Stewart, di Whoopi Goldberg e di Frank Welker ovviamente si perdono nel doppiaggio, quindi allo spettatore italiano restano tre buone voci, invece di quelle di tre mostri sacri. C’è una canzone, come era di norma nei vecchi film Disney; è carina quanto dimenticabile
A peggiorare la situazione, la sceneggiatura ripropone in ogni prova lo stesso schema narrativo, con pochi adattamenti. Forse un bambino piccolo si diverte ripetendo la sequenza di eventi con poche variazioni, come in una filastrocca, e uno un po’ più grande si annoia. Tra l’altro il tanto sognato compenetrarsi di sequenze animate e con attori in carne ed ossa non c’è, ma c’è una cornice con attori e soltanto il sogno è a cartoni, un po’ come avveniva nel Mago di Oz con il bianco e nero e il colore.
Il tratto grafico è deludente, anche per spettatori abituati all’animazione occidentale per serie televisive. Le figure sono caratterizzate da un tratto semplice, colorato, e l’espressività è molto semplice.
In questa accozzaglia di stereotipi, frasi fatte, morale da biscotto della fortuna si salva il Bibliotecario Mr Dewey, Dewey come il pedagogista più amato dagli Americani. Christopher Lloyd crea un personaggio eccentrico e dotato di un fascino ambiguo, che sta sullo schermo il minimo indispensabile.
A proposito, questo film è quasi un mediometraggio con i suoi settantadue minuti. Può darsi che, nonostante le troppe pecche, sia perfetto per bambini da quattro a sette, otto anni. In questo caso, hanno fatto male a presentarlo come un film per famiglie, poiché non è vero che soddisfa tutte le generazioni. Ammesso e non concesso che uno spettacolo possa davvero venire incontro a un audience misto per età, per cultura, per gusti. Pagemaster delude e dovrebbe essere vietato ai maggiori di otto anni: un adulto a meno che non decida di tornare alla prima infanzia si annoia.
Come reciterebbe un noto meme, è La Storia infinita… quando la ordini da Wish…!

 

 

Cuccussette vi ringrazia della lettura.

Questa recensione è stata edita da TERRE DI CONFINE  https://www.terrediconfine.eu/mytho-logique/

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