RESURRECTED

In un futuro non troppo lontano la Chiesa Cattolica ha scoperto un misterioso procedimento capace di riportare in vita i defunti, a patto che siano stati in vita perfetti Cristiani e che cedano ogni dato personale, ogni file e mail e cronologia di ricerca sul web. Inizialmente la pratica è riservata a quanti sono morti in modo improvviso, tanto che il primo risorto è un ragazzino morto in un incidente causato dalla sbadataggine paterna. Col boom delle conversioni e delle donazioni, la possibilità di un ritorno dall’aldilà si apre anche a giovani morti per malattie, e a convertiti. Quanti vengono fatti resuscitare sono però cambiati, sono persone diverse, non solo perché controllati dalla Chiesa stessa…
L’idea alla base del thriller distopico Resurrected realizzato da Egor Baranov nel 2023 è surreale e innovativa, e ha il coraggio di toccare argomenti spinosi proprio come nella migliore tradizione dei film di serie B.
La società futura viene presentata attraverso qualche minuto di vita quotidiana di una famiglia simile a tante altre. Sono sequenze scialbe, apparentemente degne di una fiction a base di drammi personali, finalizzate però a farci capire come vada quel mondo. La tecnologia si è sostituita ai rapporti interpersonali, le famiglie vanno avanti tra chat e telefonini sempre a portata di mano, e l’alcool è un problema diffuso anche tra persone che sembrerebbero appagate delle loro vite, per quanto ordinarie. Proprio la bottiglia è la causa dell’incidente che distrugge la famiglia di Stanley Martin ( Dave Davis). L’uomo era alla guida alticcio al momento dell’incidente in cui perde la vita il figlio Nicholas Martin (Beau Boyd),, e oppresso dal senso di colpa e abbandonato dalla moglie, si fa prete. Fin qui sembrerebbe una triste cronaca familiare, di quelle che potremmo vedere in una qualsiasi fiction, a parte il fatto che gran parte degli eventi sono raccontati tramite schermate di internet, con pop up e elementi di chat. In seguito scopriamo il miracolo, con la chiamata di un alto prelato che contatta la madre e le offre di riavere Nicholas, Sembrerebbe un atto di amore, un gesto di clemenza di un dio benevolo e pietoso, eppure a distanza di alcuni anni, fa discutere. All’improvviso avvengono stragi prive di apparente motivazione. Stanley Martin, divenuto prete, collega gli autori dei massacri ai nomi di persone che sono resuscitate e che frequentano sedute online con sacerdoti. La situazione precipita quando un suo follower impazzisce e uccide ben diciassette persone. Aiutato dalla hacker Rat (Erika Chase) il sacerdote fa luce su un complotto che mira a fare della Chiesa un Grande Fratello.
Che Resurrected sia stato realizzato con tante idee e pochi mezzi, è fin troppo evidente: di fantascientifico c’è solo l’ascesa delle teocrazia cattolica attuata attraverso una congiura a livello mondiale, e l’unico elemento fantastico è la resurrezione della carne, peraltro mai spiegata nelle sue modalità.
Gli attori sono nomi e volti semisconosciuti; il problema è che le riprese sono in gran parte costituite da chat montate con la tecnica dello split screen. Vengono inquadrati prevalentemente i volti in primissimo piano, così come sarebbero visibili i partecipanti di una videochiamata. Purtroppo la recitazione non è sempre all’altezza delle aspettative, e in alcune sequenze gli interpreti sembrano impacciati, anche se i loro copioni sono decisamente interessanti e insoliti.
La sceneggiatura è tutta basata sull’alternare chat, pop up e screenshot di quanto il protagonista e gli altri personaggi comunicano. Gli eventi si snodano con maestria, passano dal registro drammatico al thriller e sono sempre raccontati attraverso il filtro dei mezzi tecnologici. Questa scelta singolare abbatte i costi di produzione, elimina riprese in esterni, uso di stuntman o di effetti speciali, tuttavia alla fine rischia di diventare ripetitiva. La stanchezza si avverte soprattutto nella parte finale, anche a causa di un epilogo che risulta prevedibile, dopo che la congiura è svelata.
Le sequenze realizzate in esterni sono rare e i luoghi che fanno da teatro agli eventi sono, con l’eccezione del ricco salone che richiama il Vaticano, anonimi sobborghi di una qualsiasi periferia residenziale, con auto che troviamo in circolazione e abiti che vediamo tutti i giorni.
Gli effetti speciali si limitano a riprodurre le chiese virtuali con gli avatar dei sacerdoti pronti a officiare la messa per i follower. Saggiamente il miracolo è rappresentato con la dovuta ambiguità: la madre attende la resurrezione del bambino e si vede una luce oltre la porta nel momento in cui si realizza il prodigio. Cosa sia accaduto tra quelle quattro mura resta ignoto, tanto da instillare il dubbio che il miracolo non si a qualcosa di voluto dal Padre Celeste ma sia invece qualche trovata tecnologica spacciata per intervento divino pur di ottenere conversioni e donazioni, in modo da instaurare una teocrazia cristiana cattolica con il consenso popolare. Dalla sorpresa surreale del miracolo si passa a un buon thriller complottista che perde efficacia soprattutto quando si arriva al finale, che risulta prevedibile.
Nonostante la povertà dei mezzi, il film non lascia indifferenti in quanto osa porre domande esistenziali non scontate e tocca tabù radicati nella cultura cristiana. La gente che risorge deve aver avuto una condotta cattolica irreprensibile, anche la visita di un sito hard può far scartare il candidato. Inoltre questi spesso non decide personalmente se accettare il destino infausto o chiedere il miracolo, sono le famiglie a implorare i preti pur di riavere i loro cari. Per questo ci sono oppositori, persone che contestano le resurrezioni e scendono in piazza. Chi torna dalla morte baratta la ‘seconda possibilità’ con la libertà personale e di opinione: deve rigare dritto secondo i dettami cattolici, e sottoporsi a controlli periodici da parte di sacerdoti addetti a questo compito. Il clero ha accesso ad ogni suo dato personale, sorveglia quanti sono tornati e li segue attraverso colloqui via chat, e se mai cadessero in fallo morirebbero, anche per peccati di lieve entità. Il regista ci chiede se valga la pena avere qualche anno in più davanti, se il prezzo è la perdita della privacy e della libertà. Il dubbio permane, forse per un cattolico osservante è una scelta valida in quanto rinuncia a opportunità che avrebbe comunque respinto. A venir rianimati sono però anche fedeli di altri culti, che si trovano a dover conciliare la visione del mondo della fede di appartenenza con i nuovi dettami, e sono costretti alla conversione al cristianesimo. Ancora più inquietante è la reazione dei risorti trasformati in kamikaze. Se mai ci fosse una resurrezione attuata attraverso mezzi mistici e non attraverso le conquiste della scienza medica, chi tornasse potrebbe non essere per davvero la persona di prima, amata per i suoi pregi e per i suoi difetti. La resurrezione della carne diventa quindi un’amara esperienza, un ricatto imposto a un’umanità che rinuncia a sé pur di sopravvivere o consolare i familiari.
Il pregio del film è quello di suscitare le riflessioni, senza imporre soluzioni confessionali o laiche.

 

Cuccussétte vi ringrazia della lettura.

La recensione è stata edita da questo sito. Vuoi adottarla e scambiare i link del tuo sito? Contatta su Facebook Florian Capaldi !

LEGGI ALTRA FANTASCIENZA 

HOMEPAGE

Crea il tuo sito web con Webador