DUNE ALTERNATIVE & EXTENDED
Il romanzo Dune di Frank Herbert è un grande classico della fantascienza, affascina grazie al mix di misticismo, fantapolitica, riflessione sull’ambiente e sul colonialismo, sul ruolo della religione nel controllo politico dei popoli, sul cammino dell’eroe e sul fallimento delle rivoluzioni. Jodorowsky voleva trarne un film all’inizio degli anni settanta, con un cast stratosferico che doveva includere Orson Wells, Mike Jagger, Salvator Dalì, con le musiche dei Pink Floyd e di altri nomi di primo piano, con le scenografie di Giger. Il suo progetto naufragò, e anni dopo fu David Lynch a firmare la prima trasposizione, disconoscendola poi a causa delle troppe ingerenze da parte della produzione De Laurentiis. Del suo lavoro resta la controversa pellicola cinematografica da 137 minuti, oltre a molto materiale scartato dal montaggio e rimasto inedito. Si è parlato anche di una versione di cinque o sei ore, forse divisa in due parti, ma nessuno l’ha mai vista e quindi pare essere l’ennesima leggenda metropolitana riguardo a un film che nel corso degli anni si è trasformato in un cult. I fan si sono sbizzarriti a ricreare la pellicola immaginando come sarebbe potuta essere se i produttori avessero accettato l’idea di uno spettacolo di lunghezza inconsueta invece di costringere una vicenda di così ampio respiro nelle due ore abbondanti. Esiste l’Extended Version firmata Alan Smithee, pseudonimo usato dai registi quando disconoscono la propria opera e forse più coerente con lo stile di Lynch, e c’è pure l’Alternative Version di 183 minuti assemblata da Spicediver. 
Ogni variante riutilizza parte delle sequenze tagliate, montandole in modo diverso e cambiando anche l’incipit oppure l’epilogo. La vicenda narrata è la stessa, i fatti portati sullo schermo sono quelli del primo capitolo del ciclo di Dune. Nella versione cinematografica, si esasperano gli elementi che accostano Dune a Guerre Stellari, film ben più famoso che pure riprende tante idee da Herbert, purgandole della forte carica politica e riducendo il tutto al solito scontro tra Bene e Male in un’ambientazione accattivante adatta anche ai più piccoli. Al cinema l’ascesa del giovane Paul, rampollo della casata Atreides e predestinato a divenire il leader di una popolazione che vive sul pianeta desertico Arrakis detto Dune, assomiglia all’arco narrativo di Luke Skywalker, la Voce sostituisce la Forza, ci sono eserciti e astronavi. L’intreccio da thriller fantapolitico viene sminuito, in quanto la le analogie con la situazione del Medioriente sono descritte con minore dovizia di particolari. I Fermen sono ribelli e gli avversari Harkonnen sono nemici ributtanti e sanguinari quanto Darth Vader e le sue truppe.  Dune sembra, almeno per chi ignora le pagine, l’ennesima space opera, una versione triste di Guerre Stellari, realizzata con minore ritmo, con effetti speciali artigianali, con duelli decisamente sottotono e costumi elaborati. L’effetto di avere una versione più adulta e cupa della storia narrataci da Lucas è esaltato dal fatto che si racconta solo l’ascesa dell’eroe: la caduta avviene e non viene annunciata o fatta presagire, accade nel corso del secondo libro il Messia di Dune, oltre i titoli di coda.  
L’Alternative Version fa chiarezza su alcuni punti importanti, con un’introduzione che distribuisce parecchie nozioni necessarie per far capire che si sta guardando qualcosa di differente dalla scanzonata e solare saga di George Lucas. 
Prima di tutto, Dune è fantascienza e non è una space opera pronta ad ammiccare al fantasy e a negare qualsiasi spiegazione alla natura dei fatti straordinari. Invece del C’era una volta in una galassia lontana lontana, c’è una datazione precisa che inserisce gli eventi in un nostro futuro, sebbene quel domani sia lontano millenni. 
I poteri mistici non sono magie, ma sono la conseguenza di millenni di storia e di evoluzione. I Mentat, computer umani, sono figli della Jihad Butleriana, una sanguinosa rivoluzione che millenni prima delle avventure di Paul Atreides ha imposto di non creare macchine simili all’uomo. L’umanità aveva inventato robot sempre più sofisticati, e computer perfetti; poco a poco le macchine avevano reso dipendenti gli uomini, trasformandoli in una specie molle e degenerata. Vennero quindi distrutte tutte le macchine che imitassero il pensiero umano, tuttavia per potersi espandere nella galassia, era necessario avere un sostituto dei calcolatori. Alcuni uomini affinarono le loro abilità di calcolo e previsione statistica degli eventi possibili, impossibili, probabili o certi, e divennero i Mentat. Le Bene Gesserit, o Streghe, sono donne che si erano dedicate a addestrare il fisico e la mente, praticando la meditazione, le arti marziali, tecniche di ipnosi. Hanno poteri che sembrano paranormali, quando invece sono soltanto conquiste frutto di millenni di disciplina, e dell’uso della Spezia. Sono loro che combinano matrimoni e nascite presso o te e i nobili e manipolano le varie alleanze a vantaggio del loro progetto. Sperano che pilotando gli incroci un giorno nasca un uomo capace di padroneggiare i loro poteri e contemporaneamente, avere doti da Mentat, il Kwisatz Haderach destinato a regnare sulla galassia. 
Paul Atreides è l’Eletto, il Madhi atteso dai Fremen, ma è tale non per qualche miracolo o per scelta di qualche divinità: è semplicemente benedetto dalla genetica e favorito dall’addestramento Bene Gesserit voluto dalla madre. E neppure è un puro di cuore che aspira alla pace e all’armoniosa convivenza, sebbene non arrivi ad essere un freddo calcolatore quanto si rivela essere il corrispettivo personaggio nel romanzo e anche nella versione di Villeneuve.
Altra differenza dalla saga di Guerre Stellari, ben spiegata, è l’assenza di alieni. L’homo sapiens sapiens pare essere l’unica specie senziente. Si è sparsa nelle galassie, le ha conquistate, diversificandosi a causa dell’evoluzione imposta dalle sfide ambientali dei vari pianeti. Gli stessi Navigatori che guidano le astronavi e sembrano quasi pesci, sono solo umani mutati a causa della assunzione continua della Spezia. 
Tutti questi dettagli, spiegati allo spettatore in una lunga introduzione che può scoraggiare quanti sono alla ricerca di uno spettacolo leggero, fanno la differenza.
Il maggiore minutaggio consente anche di inserire qualche sequenza in più per rappresentare come vivano i Fremen, popolo del deserto dell’unico pianeta dove si trova la Spezia e per questa ragione conteso da tutte le casate nobiliari. La descrizione etnografica era un po’ il punto debole della pellicola cinematografica, e le aggiunte rimediano solo in parte alla carenza. Probabilmente lo stesso Lynch era meno interessato a approfondire questo aspetto del romanzo, oppure, se la leggenda metropolitana del Dune da sei ore fosse vera, potrebbero essere parti ancora da recuperare. In fondo il popolo Fermen compare solamente passata la metà del film, e a quel punto resta troppo poco tempo per rivelare tutte le consuetudini e far avanzare la narrazione. Le versioni di Alan Smithee e di Spicediver non riescono a minimizzare la sproporzione tra la parte iniziale e quanto avviene dopo la morte del padre di Paul, il Duca Leto Atreides. Alcuni personaggi si giovano delle aggiunte, in particolare l’Imperatore Padishah Shaddam IV Corrino e il sadico e ripugnante barone Vladimir Harkonnen, descritto in sequenze tanto violente e morbose quanto iconiche. 
Per quanti non hanno letto i romanzi, approcciarsi all’universo di Dune attraverso queste versioni estese può essere ostico, in quanto le immagini suggeriscono caratteristiche dell’ambientazione che non trovano il tempo di avere una spiegazione. Quando la hanno, aumentano il carico di informazioni, appesantendo la visione con la voce fuori campo. Extended o Spicediver accusano lo stesso problema, in quanto entrambi i rifacimenti attingono allo stesso bacino di materiale scartato dal montaggio cinematografico. 
Di migliore l’Extended Version forse ha il ritmo narrativo più spigliato, e l’epilogo, più adatto a un film che non avrà mai un seguito e quindi si avvantaggia di una conclusione poetica che rende completo il ciclo degli eventi. Manca però l’introduzione che distanzia quest’opera così singolare dalle tante storie avventurose che si svolgono in galassie lontane lontane. Per quanti invece adorano il talento visionario del compianto Lynch, e hanno familiarità con il testo invece l’Alternative Version può essere davvero interessante. I cambiamenti apportati aiutano gli spettatori a riconoscere nelle sequenze alcuni elementi importanti della saga. Le battute aggiunte rendono giustizia alla bravura degli interpreti, oltre a valorizzare l’estetica retrò quasi steampunk delle scenografie, dei modellini e dei costumi. L’epica di Dune è fatta di battaglie campali, di uomini che cavalcano i vermi delle sabbie in un deserto sconfinato, di profezie instillate nella mente dei popoli attraverso una macchinazione che dura da secoli e scoli, di falsi dei e di superuomini destinati però a cadere preda dell’ambizione o del fanatismo dei popoli che guidano. Non è una storia adatta a fare un film action in salsa fantascientifica e la lentezza, la sovrabbondanza di dettagli in questa prospettiva divengono un pregio. L’Alternative Version è caldamente consigliata a quanti vogliono visitare Arrakis e a malincuore tornano sulla vecchia Terra.
Cuccussette vi ringrazia della lettura.
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