AIDA DEGLI ALBERI

L’Aida di Giuseppe Verdi è un’opera conosciuta in tutto il mondo, e nonostante il suo allestimento richieda spazi notevoli e mezzi…faraonici, è tanto popolare da essere stata trasposta in film, in fumetti e addirittura in performance di teatro di figura. Alla celebre opera si ispira Aida degli alberi, una pellicola d’animazione italiana realizzata nel 2001 da Guido Manuli e prodotto dallo studio Lanterna Magica.
Il regista si è ispirato molto liberamente alla celebre opera, trasformandola in un fantasy a lieto fine, dal chiaro messaggio educativo e destinato soprattutto ai giovanissimi. L’Etiopia diviene il boscoso reame di Arborea, una sterminata foresta priva di costruzioni e ricca di maestosi alberi. L’Egitto dei Faraoni si trasforma nella tecnologica e arida Petra, una città basata sullo schiavismo dove impera il culto del dio dragone Satam. Entrambi i regni sono popolati da creature antropomorfe in perenne guerra. Aida vive nelle foreste di Arborea, Radames a Petra; nonostante provengano da realtà tanto diverse, si innamorano e il loro sentimento cambierà la sorte dei rispettivi popoli…

Con poche, raffinate eccezioni, l’animazione in Italia è quasi sempre sinonimo di film per famiglie, prodotto natalizio rivolto ai piccoli e poco coinvolgente per gli adulti più smaliziati. Aida degli alberi segue questo filone, prende ispirazione da Balla coi lupi e da Pocahontas e rielabora con garbo la lezione dei grandi classici firmati Walt Disney.
La trama originale dell’opera lirica è stata riveduta e corretta in modo da dare spazio a svariati momenti umoristici e a qualche scena d’azione, ed ovviamente il finale tragico è stato sostituito da un happy ending un po’ forzato. Per stemperare il dramma, sono stati creati alcuni personaggi comici, assenti nel capolavoro di Verdi. Kak il grassoccio figlio del sacerdote Ramfis, è l’ennesima macchietta di giovane obeso e ingenuo. Più interessante è Raz, l’animale simile ad un coccodrillo che si abbuffa e piange lacrime magiche; sono l’ingrediente indispensabile per creare una pozzanghera incantata che permette di vedere quanto Raz ha visto. Per sapere cosa ha fatto il bel Radames la spasimante Amneris e il perfido Ramfis continuano ad rimpinzare il piccolo coccodrillo, in una gag geniale che si ripete in varie occasioni.
I personaggi umoristici sono disegnati con un tratto caricaturale, gli animali sono una buffa rivisitazione di quelli esotici più conosciuti, oppure appaiono in alcune sequenze per dare maggiore ricchezza all’animazione, come nel caso dei conigli azzurri e delle farfalle che vivono nella foresta. Danze di topi grassocci e coreografie di scarabei alati accompagnano gli intermezzi musicali. E fin qui, nulla di nuovo sotto il sole, molti capolavori dell’animazione occidentale hanno canzoni e sequenze ispirate al musical hollywoodiano.
Il design delle varie razze che popolano il mondo di Aida è invece particolarmente innovativo ed esteticamente riuscito; non sono uomini e nemmeno animali, hanno corpi umanoidi con grandi orecchie appuntite e lunghe code. La gente di Petra appartiene a razze diverse, proprio come nell’antico Egitto e così Radames e suo padre ricordano i leoni, Amneris fa pensare a un felino, ci sono guardie dalla testa di cobra viste nella saga di Stargate. Lascia di stucco l’aspetto degli Arboreani: anticipano i Na’vi di Avatar (2009), tanto da far pensare ad un plagio. Hanno la pelle blu, le orecchie appuntite, il naso schiacciato e gli occhi giallastri, inoltre vivono a stretto contatto con la natura. Parecchie sequenze verranno riproposte con inquadrature pressoché identiche nel celebre blockbuster di James Cameron.

In Aida degli alberi convivono tecniche di animazione tradizionale e intere sequenze realizzate in 3D. La scelta era innovativa per gli anni in cui fu realizzato il film, anni in cui la grafica digitale stava diffondendosi e presto avrebbe soppiantato gli effetti speciali artigianali. Sfortunatamente sullo schermo i due stili grafici si amalgamano malamente. Il film funziona fin quando i personaggi creati con tecniche tradizionali hanno alle spalle sfondi disegnati con lo stesso procedimento: quando le colorate creature si devono muovere all’interno degli spigolosi paesaggi in 3D, il risultato è goffo e irrimediabilmente datato.

L’arrivo nelle sale di Aida degli alberi è stato preceduto ed accompagnato da una campagna pubblicitaria condotta in grande stile. Le interviste rilasciate a importanti testate giornalistiche, i trailer martellanti, i servizi televisivi preannunciavano un film rivoluzionario che avrebbe segnato la storia dell’animazione italiana… I media hanno creato aspettative spropositate rispetto alle reali caratteristiche della pellicola, enfatizzandone tutti gli elementi innovativi e tacendo le eventuali debolezze. La delusione di molti spettatori adulti è almeno in parte comprensibile, all’indomani della prima visione: le premesse necessarie per sviluppare un film memorabile c’erano, e tutte sono state sminuite da scelte narrative troppo convenzionali.
Sarebbe semplicistico, a distanza di anni, ricondurre le cause di tante perplessità esclusivamente all’uso incerto della grafica 3D oppure al design assai particolare dei protagonisti. Se Aida degli alberi è rimasto soltanto un gradevole film di animazione invece di essere divenuto un classico, è a causa dei troppi compromessi che affliggono la narrazione. La tanto agognata fusione tra idee tradizionali ed innovazione risulta faticosa, sia dal punto di vista estetico, sia nei contenuti.
La protagonista ad esempio sembrerebbe molto abile con le armi e pronta all’azione, da sola sconfigge un manipolo di soldati e poi torna a comportarsi come una donzella in pericolo, rischia di affogare e si fa salvare da Radames, cittadino di un mondo… privo di fiumi! Quando Radames crolla stremato dalla nuotata burrascosa, lo soccorre e lo accudisce nel bel mezzo della giungla. Ovviamente lei non prende parte attiva ad alcuna battaglia, mentre lui va a combattere, perché Verdi ha stabilito che Radames fosse il forte guerriero e lei, la bella prigioniera! Lo spettatore scopre un personaggio diverso da quello conosciuto nel primo quarto d’ora di proiezione. Se Aida non è una guerriera ma è una giovane abituata a vivere a contatto con la natura, lontana dai bamboleggiamenti delle dame di palazzo, allora sono i primi minuti del film a creare l’incomprensione.


Avvicinare la musica operistica vuol dire anche accettare personaggi nati da una sensibilità a volte molto lontana da quella attuale, creature che affrontano situazioni estreme con una mentalità sorpassata. Può essere difficile avvicinare un bambino d’oggi a questo genere musicale, anche perché un tempo le romanze risuonavano ovunque, nei teatri e nelle aie, nei salotti o all’osteria. L’opera lirica era un rito sociale condiviso, i giovanissimi ascoltavano gli adulti e volevano assistere alle rappresentazioni. Nessuno si sognava di modificare la tragica sorte dei personaggi pur di evitare qualche trauma. Oggi la situazione è ben diversa, la lirica è assai meno popolare di un tempo, e un epilogo tragico in un cartone animato resta un tabù che pochi in Occidente si permettono di violare. Aida degli alberi non ha fatto eccezione e la sceneggiatura ha eliminato qualsiasi elemento possa turbare, spaventare o rattristare i più giovani. Gli adattamenti forse possono passare inosservati agli occhi di un preadolescente tuttavia un teenager si rende conto che c’è qualcosa di stonato nella vicenda, e guarda perplesso il manipolo di furries (immaginari personaggi animali antropomorfi con personalità e caratteristiche umane) canterini. La presenza di un adulto è indispensabile per spiegare ai giovanissimi quali analogie e quali differenze intercorrano tra l’opera e il film. Senza spiegazioni mirate il film si riduce ad un intrattenimento piacevole, una garbata fiaba che allieta le vacanze natalizie e diverte con garbo i bambini, gli ottimisti di ogni età, quanti vogliono uscire dal cinema rassicurati. Il lieto fine che dovrebbe accontentare tutti quanti imbarazza gli adulti cresciuti con l’esempio dell’animazione giapponese: si attendevano uno spettacolo qualitativamente analogo al capolavoro ecologista e antimilitarista Nausicaä della Valle del vento (1984) di Miyazaki. Lo spettatore più smaliziato potrebbe consolarsi con la musica, ma anche le partiture hanno alti e bassi. I brani da musical sono sotto tono rispetto alla magnifica colonna sonora orchestrale di Ennio Morricone. L’assolo di Kak è spassoso, ma non siamo al livello di Asterix e Obelix e del loro ‘Quando l’appetito c’è’. Le altre canzoni sono pause gradevoli, amate dagli appassionati di concorsi musicali e gare di karaoke.

Nell’epilogo del film italiano c’è un interessante invito alla ricerca dell’equilibrio: Petra è arida, Arborea manca di tecnologia, il mondo ideale è una ‘via di mezzo’. Purtroppo l’armonia è una meta difficile da raggiungere, ed i compromessi sono troppi: ieri come oggi, nessuno potrà sentirsi davvero offeso dalla simpatica rivisitazione dell’Aida, e probabilmente nessuno si sentirà davvero soddisfatto dallo spettacolo. Forse sarebbe stato preferibile trasgredire fino in fondo e reinventare i personaggi e gli eventi, calcare la mano sulle suggestioni del cinema etnografico contemporaneo, creare uno scontro risolutivo davvero pauroso, inserire episodi d’azione… oppure accettare la storia per quello che è, con tutte le caratteristiche volute dagli autori e mantenere intatta la vicenda musicata da Verdi.

Aida degli alberi poteva trasformarsi in un cult, e invece è un film di animazione piacevole e divertente, destinato a palati esigenti ma non troppo.

 

Cuccussétte vi ringrazia della lettura.

Questa recensione è stata edita da FANTASTICINEMA https://www.fantasticinema.com/aida-degli-alberi/

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