LA STORIA INFINITA

Spesso, il titolo La Storia Infinita evoca il ricordo sbiadito dell’omonimo film per ragazzi e pre-adolescenti, proiettato nel periodo natalizio di molti anni fa. Era uno spettacolo pieno di effetti speciali favolosi per il lontano anno di produzione, e oggi superati, con una bella colonna sonora, scenografie vistose… e ben poco d’altro di memorabile.

È un vero peccato che non si pensi piuttosto al libro, poiché il film ne rappresenta una versione hollywoodiana semplicistica, destinata senza mezzi termini a un pubblico giovanissimo. Sebbene come pellicola non sia disprezzabile di per sé, può apparire assai irritante a quanti hanno la possibilità di fare un debito confronto con la pagina scritta. Spesso le realizzazioni cinematografiche di romanzi non sono all’altezza delle aspettative di critica e fan; in questo caso però, la divergenza è immensa. Die Unendliche Geschichte – questo il titolo originale – è un romanzo meraviglioso, e per nulla infantile, di cui possono essere date tante interpretazioni diverse. Male s’inquadra in categorie e generi predefiniti, a meno che per genere non si intendano il “fantastico” in ogni sua accezione o i “libri scritti bene”.

BASTIANO BRUTTO ANATROCCOLO, NON ASPIRANTE CIGNO

Sia libro che film partono raccontando la stessa storia, quella del piccolo e goffo orfano Bastiano Baldassarre Bucci, oggetto di bullismo da parte dei compagni di scuola, che s’impadronisce di un libro magico e, grazie ad esso, entra in un regno oltre la nostra dimensione, e là vive avventure meravigliose, coinvolto dalle vicende del coetaneo fantastico, Atreyu.

Questo è l’unico elemento comune.

Già dai primi capitoli, si può scoprire quanto diverso sia l’approccio di ENDE rispetto a quanto ci vorrebbe far credere il regista PETERSEN. Bastiano nella pagina scritta è un piccolo sconfitto e triste, perché ha vissuto il dramma della morte della madre, e non solo. Privo di grandi capacità utili a farsi largo nella vita, non si distingue in modo negativo ma nemmeno brilla per simpatia o personalità. È oppresso da una scuola fatta a misura di adolescente assai concreto e spigliato, poco creativo e poco sognatore. Bastiano male si adegua a quel modello.. Disfatta anche nella vita sociale: è incompreso dai compagni, dediti ad attività e giochi sportivi in cui lui riesce male, ed è sempre discriminato, scelto per ultimo quando proprio non se ne può fare a meno. In famiglia va anche peggio: Bastiano è ignorato dal padre, che ancora vive il dolore dalla morte della moglie e non pensa a curarsi del piccolo come dovrebbe. A differenza del film, dove Bastiano è perdente perché poco s’impegna, è pigro e sfiduciato, nel libro oltre a ciò il ragazzo è un brutto anatroccolo nato anatroccolo, privo di ogni talento. La sua unica arma è la fantasia, ma un’arma a doppio taglio, perché pur consentendogli di sopportare meglio la sua condizione, è forse anche uno dei motivi per cui i coetanei lo irridono e i professori lo trattano da innocuo idiota della classe.

IL MAGICO LIBRO

Un giorno, Bastiano riesce a sottrarre il libro da un antiquario (che si lascia derubare senza far capire d’essersene accorto). Il ragazzo si rifugia in un’aula abbandonata della scuola e inizia a leggere. È un libro dalle pagine verdi e bordeaux, con i capolettera miniati, simile a quello che il lettore ha tra le mani, ammesso che stia leggendo la versione originale e non una ristampa economica. Una volta tanto, vi consiglio di spendere qualche soldino in più e acquistare l’edizione in copertina rigida, che replica il tomo magico, sia all’interno che all’esterno. Infatti è stampata con inchiostro rosso scuro quando la vicenda è ambientata nel nostro mondo, in verde quando si passa nel Regno di Fantasia. Sulla copertina rosso cupo è impresso un oroburos, ovvero un disegno con serpenti che si mordono la coda, antico simbolo di completamento ed eternità, usato da molte antiche civiltà indoeuropee per indicare l’Infinito, l’eterno ciclo delle stagioni, l’Oceano… e da stregoni e alchimisti di età rinascimentale, che ne fecero l’emblema della trasformazione ciclica. In Ende l’oroburos rappresenta i caratteri di completamento: ovvero una realtà che può essere vissuta appieno solo se viene illuminata dalla Fantasia, dal Sogno, dalla Speranza; e una Fantasia che può rinnovarsi e uscire da una piatta stereotipia solo se riceve stimoli dalla Realtà. Ricordo che Ende è nato e vissuto in una famiglia d’intellettuali tedeschi, che finirono in esilio a causa del Nazismo, non perché Ebrei ma perché artisti che si opponevano alle norme estetiche del Terzo Reich. Il padre di Michael Ende, Edgar, era un pittore surrealista e la sua arte venne condannata e in gran parte distrutta poiché considerata “degenerata”. Creava quadri ispirati alla psicanalisi e interessati all’occulto, inteso come sorgente di simboli collettivi appartenenti all’intera umanità e non certo solo alla Germania o ai popoli europei.

Allegorie, richiami magici e alchemici la fanno così da padrone nelle pagine del figlio Michael. Nel film ogni riferimento esoterico va a sfumarsi, e il ciondolo Auryn – formato da due serpenti uno bianco e uno nero – passa a diventare non certo qualcosa di analogo al Tao, quanto un mero stemma, un bel ciondolo che molti appassionati fantasy porterebbero volentieri al collo. Pure altri ammiccamenti del genere vengono smorzati: come i simboli legati allo specchio che compaiono nell’avventura di Atreyu dall’Oracolo, e in altre occasioni rispuntano; o il senso delle spirali che si concretizzano nella Torre d’Avorio, nella scala che conduce al Veggente, i significati attribuiti a forme o animali, i labirinti….

AVVENTURA FILOSOFICA

Il carattere di complementarità tra reale e fantastico nel film resta a livello di una generale empatia tra quanto accade nelle pagine e ciò che vive Bastiano: temporali quando è triste, fame quando ha fame Atreyu, animali impagliati illuminati da lampi quando nel racconto compaiono personaggi del genere.

Di solito nei romanzi fantastici ci sono scontri tra Bene e Male o, a voler strafare, tra Ordine e Caos, con schieramenti netti e interessanti eroi che si muovono in bilico tra essi. Nel libro si va oltre, la battaglia assume toni filosofici, la lotta è tra l’Essere e il Non-Essere. Il Nulla che minaccia il regno di Fantàsia non corrisponde al Male, quanto al Vuoto, all’Assenza, al Non-Essere. Non c’è alcuna concretizzazione in nubi cupe o vortici, in mostri orribili o crudeli. Pur opposti, Bene e Male sono a loro modo realizzazioni dell’Essere, mentre il Nulla è un’altra cosa. In questo caso è assenza di capacità immaginativa, che uccide i personaggi buoni così come i cattivi, nella stessa maniera: quando non si sa più immaginare, non si può dar vita ad alcun personaggio, positivo o negativo che sia, resta solo una realtà sciatta e degradante.

Il magico libro narra le peripezie di Atreyu, giovane pelleverde (sorta di indiano d’America versione fantasy) che deve salvare il regno di Fantàsia, pur essendo un ragazzino solo e disarmato. Il Regno di Fantàsia è minacciato dal Nulla; per salvarlo occorre portarvi qualcuno da oltre confine, una persona capace di dare un nuovo nome all’Imperatrice Bambina. C’è un solo grosso problema, che scopriamo dopo molte avventure: Fantàsia non ha confini, e nemmeno una geografia fissa e immutabile. Solo la fede nei sogni e nella fantasia permette a Bastiano di entrare in Fantàsia. Il piccolo lettore grida il nome della madre, e in quell’attimo i confini dei mondi si abbattono, spalancandogli il Regno dei Sogni e dei Desideri. Là compirà imprese – dice la voce narrante nel film – ma quelle sono riassunte nelle poche scene di Bastiano sul Drago della Fortuna intento a prendersi rivincite virtuali sui compagni, tra i titoli di coda.

FANTASIA E RITORNO

Bastiano infatti entra in Fantàsia e dona il nuovo nome all’Imperatrice Bambina, dando inizio alla nuova vita del Regno. Si ritrova a poter realizzare i suoi desideri, grazie alla magia dell’Auryn, a lui affidato. E povero ragazzo, con tutti i fallimenti subiti nella vita “reale”, di sogni da vivere è pieno. Si libera prima del suo corpo, sostituendolo con quello di una specie di giovane ed atletico principe indiano; desidera poi dimostrare coraggio, avere un’arma soprannaturale, volare sul drago, essere un campione di torneo cavalleresco, e un grande scrittore, e un benefattore, sconfiggere un nemico tremendo, essere saggio e illuminato, e così via fino all’unico desiderio che dovrebbe restare proibito: sostituirsi alla stessa Imperatrice.

Bastiano non si accorge per tempo di un’implacabile legge che governa Fantàsia e l’Auryn: ad ogni desiderio che esprime e realizza, perde qualcosa dell’esistenza precedente, un ricordo. A volte dimentica fatti tristi o spiacevoli, o eventi di minore importanza; pian piano, però, inizia a scordare anche le cose belle. Solo spogliandosi poco a poco dei suoi desideri futili potrà far ritorno al mondo reale più maturo e consapevole, pronto a migliorare la sua vita e quella di chi gli sta vicino. È un cammino lento e doloroso, che alla fine poco ha a spartire con atmosfere epiche che bene figurano sullo schermo. Niente gran finale in tripudio, niente battaglie o magie esorbitanti. Gli ultimi capitoli ci mostrano Bastiano che un po’ alla volta si priva di ogni suo sogno realizzato, cercando di recuperare sé stesso per poter tornare alla realtà.

MORALE SENZA MORALISMO

Bastiano in Fantàsia finisce per comprendere a sue spese che tutto può essere desiderato ma tutto ha un prezzo, e ogni scelta produce una conseguenza non sempre prevedibile. Si tratta di un messaggio trasmesso nelle pagine senza morali già stabilite o leziosaggini. In fondo ciascuno – Bastiano, suo padre, i compagni bulli, il lettore – ha un desiderio vero e deve provare a realizzarlo, non solo nella fantasia, la quale aiuta a vivere meglio ma non può sostituirsi alla vita e tanto meno diventare una consolazione o un surrogato di quello che non possiamo avere.

La morale è “fai ciò che vuoi senza sfogare inutili capricci”. Lo scrittore invita a conoscersi, a scoprire cosa davvero si desidera, a scegliere con consapevolezza di sé e dei propri valori, senza condizionamenti morali esterni, ad agire sapendo che ci possono essere conseguenze, a volte spiacevoli. Con una coerenza lucida, viene mostrato che anche desideri espressi con le migliori intenzioni e ideali di bontà (come trasformare le creature più orride e tristi in ridanciani clown) possono creare guai (in quel caso lasciare a secco una città che sorge su un lago formato dalle lacrime delle infelici creature).

AMORE PER LA LETTURA

È oggettivamente difficile trasmettere insegnamenti filosofici con un film commerciale, e così pure esaltare il magnifico senso di magia che è presente in ogni libro, e non solo in quelli fantasy. Ogni narrazione, secondo Ende, ci spalanca più di una porta da cui entrare in Fantàsia, solo che non ci si fa caso. Leggiamo senza piacere, perché dobbiamo leggere o perché non sappiamo come impiegare meglio il tempo. Così passiamo davanti alle porte e nemmeno le vediamo!

La pagina scritta aggiunge tantissimi personaggi, luoghi e situazioni che completano il mondo e lo rendono vicino a ogni creatura umana. La descrizione di questi elementi non è mai fine a sé stessa, non è inserita per stupire o fare scenografia: vuole ribadire come la fantasia sia qualcosa di comune all’intera umanità, e vuole stimolare il lettore a crearsi i suoi sequel. Il Regno di Fantàsia accoglie e mescola volutamente simboli e personaggi che provengono dalla fantasia e dal folclore di ogni popolo, di ogni credo ed epoca. Troll e Centauri, Elfi e Mordiroccia, Incubi e Cavalieri Medievali, Streghe e Lupi e qualsiasi creatura sia mai uscita dal pensiero di un essere umano si ritrovano in Fantàsia, sottomessi al potere di un’Imperatrice che, lungi dall’essere una Lolita yankee sommersa di pizzi e merletti candidi, è un’eterea creatura giovane e vecchia, eterna nel suo dover costantemente rinnovarsi tramutandosi nei nuovi nomi.

SCEMPIO E NECESSITÀ COMMERCIALE

Con Bastiano in volo sulla città reale termina il film, che rende con decorosa approssimazione la prima parte dell’opera, e magari può appassionare i più piccoli. Inutile dire che una simile conclusione inevitabilmente mutila il romanzo. Peggio ancora cercare fedeltà alla pagina scritta negli orribili sequel cinematografici, che hanno usato qualche elemento del romanzo per produrre favolette filmiche scialbe e moraliste. Può darsi che non si potesse fare di meglio per conciliare trama filosofeggiante ed esigenze produttive, soprattutto se si considera che quando uscì questo film non esistevano programmi di grafica per creare mondi e personaggi a costo accettabile. Né gli spettatori erano abituati a film della lunghezza di due ore e mezza o più. E si potrebbe da maligni aggiungere che Petersen è lo stesso disgraziato che ha macellato allegramente l’Iliade, nel Troy di qualche anno dopo. Ma allora, si potrebbe obiettare, male fecero a non trasporre La Storia Infinita in un cartone animato, come qualcuno aveva proposto. A ben vedere nemmeno così la resa poteva funzionare appieno, dato che in Occidente il cartone animato è considerato ancor oggi tecnica per bambini. Di certo era difficile rendere i simbolismi sullo schermo, e farli digerire a un pubblico ampio, magari abituato a vicende realistiche o di fantasia ma tradizionali, con attori in carne ed ossa.

All’uscita del film, Michael Ende provò a fare causa alla produzione, perché almeno togliessero il suo nome dai titoli, ma purtroppo perse, e quindi molti giovani hanno davvero creduto che quel film traducesse il libro in modo fedele. E magari hanno evitato il romanzo temendo di trovare atmosfere zuccherose o edificanti: un vero peccato, poiché il viaggio di Bastiano in Fantàsia è quanto di più lontano esista dalla legge hollywoodiana del voler piacere a tutti, a qualsiasi costo, senza turbare nessuno.

Comprendo il disappunto dell’Autore nel vedere la sua opera trasformata e troncata a quel modo, anche se non mi sento di dire che la pellicola sia un obbrobrio inguardabile. Ende doveva immaginare lo scempio, conoscendo Hollywood e le leggi del mercato, e avrebbe potuto negare l’utilizzo del soggetto; così non è stato. Sarebbe facile cedere alla tentazione di paragonare il film al libro e torcere il naso, ma pretendere che un film costoso – e quindi desideroso di un grosso rientro commerciale – eviti compromessi è quasi impossibile. Così, più che accanirmi a sparare sulle inadeguatezze della pellicola, o protestare perché non vengono rappresentati tutti gli eventi e i personaggi del libro, preferisco invitare a leggere il romanzo, lasciando il film a una visione separata e libera da imbarazzanti confronti.

GLI EREDI DI FANTÀSIA

E che dire delle storie iniziate e non concluse che “scappano” dalla vicenda principale? A loro volta potrebbero diventare racconti meravigliosi e generare altre storie. Questo suggerisce l’Autore: che nessuna storia sia compiuta in sé, ma che tutte diano la possibilità di generare infiniti “spin-off”. Dalla trama portante vengono lasciate incompiute migliaia di vicende secondarie, che potrebbero originare interessanti sequel paralleli (e questi generarne altri, all’infinito), se qualche autore ritenesse conveniente puntarvi l’attenzione. In Germania oggi esistono gruppi di appassionati di Fantàsia che, a livello di abili dilettanti, stanno cercando di costituire raccolte di racconti ambientati nell’universo di Ende. Si vocifera che presto i gruppi tedeschi cercheranno di estendersi ai paesi di lingua inglese… Potrebbe allora essere più facile avere fan anche in Italia.

 

Cuccussette vi ringrazia della lettura.

Questa recensione è stata edita da TERRE DI CONFINE  https://www.terrediconfine.eu/la-storia-infinita/

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