OMEN 1 IL PRESAGIO

Di horror ce ne sono tanti, ma solo alcuni sono capaci di suggestionare la platea e conquistarsi un posto speciale tra gli incubi. Si fa presto a procurarsi una sceneggiatura ripetitiva, infarcirla con effetti speciali più o meno raffinati, affidare i copioni a qualche attore ed attrice di aspetto piacente, inserire una o più scena di sesso più o meno osé e scopiazzare le partiture della colonna sonora da titoli più celebri. Occorre investire su incassi che entreranno nell’immediato, non certo dopo sei mesi o più dalla prima uscita. O subito o mai: a meno di essere miracolati dall’amore di qualche critico controcorrente che dona nuova popolarità, o esaltati da passaparola sui social, il titolo avrà dato tutto quanto poteva offrire e verrà dimenticato. Un film horror però può anche giocare carte diverse, basarsi su soggetti davvero trasgressivi, sviluppando sceneggiature che vadano allo scopo di scioccare e far paura, entrando a ragione nell’immaginario collettivo. Quindi, occorre un’atmosfera perturbante creata anche concedendosi una certa lentezza, un uso accorto degli effetti speciali impiegati quando proprio non se ne può fare a meno, un bel cast di attori capaci ed espressivi meglio se con un paio di star accompagnate da caratteristi conosciuti, una bella colonna sonora e tanta voglia di osare. Quando un horror riesce ad soddisfare questi requisiti diventa un film di paura e il pubblico, a distanza di anni, ne mantiene un bel ricordo, divenendo un cult.
Un esempio ben riuscito in questo senso è Omen – il presagio, realizzato da Richard Donner , autore anche di Superman , Ladyhawke, I Goonies, la tetralogia di Arma letale, S.O.S. fantasmi, Maverick, Timeline - Ai confini del tempo… tutti classici che a distanza di anni dall’uscita sono invecchiati con grazia e spesso son divenuti esempi di cinema del periodo. Anche per Omen Donner ha saputo conciliare arte e capacità comunicativa, raggiungendo il vasto pubblico con stile e classe. Prima di allora c’erano uomini cattivi, mostri, vampiri, tutte creature cha avevano scelto il male o comunque erano distanti dall’essere creature divine come angeli e demoni. Poi c’erano stati il censuratissimo L’esorcista di William Friedkin e l’inquietante Rosemary's Baby - Nastro rosso a New York di Roman Polansky ad aprire la strada al filone delle presenze sataniche. Il pubblico credente o d’altro culto o ateo che fosse s’era fatto un’idea, magari molto superficiale, delle credenze e dei riti dei cattolici riguardo alla presenza fisica di entità maligne: non creature cattive, ma il Male stesso incarnato.
Omen narra l’arrivo dell’Anticristo profetizzato dall’Apocalisse sulla Terra, figlio di Satana. La signora Thorn, moglie di un diplomatico, perde il suo bambino durante il parto e probabilmente non è la prima tragedia del genere a rendere dolorosa la vita della donna. Su suggerimento di un sacerdote, il marito lo sostituisce con un altro neonato, un orfanello capitato chissà come nella clinica e privo di parenti noti che potrebbero reclamarlo. Il piccolo viene chiamato Damien, cresce nel lusso dell’alta borghesia e poco a poco iniziano a manifestarsi i poteri demoniaci, di cui non è ancora consapevole e che male controlla. Le morti atroci ed inspiegabili si moltiplicano fino a quando la stessa madre, nuovamente incinta, viene fatta cadere da una balaustra in modo da subire un nuovo aborto. Il  padre si convince che, come gli era stato annunciato da un coraggioso e sfortunato sacerdote, il bambino è davvero l’Anticristo e deve essere ucciso per impedire l’Apocalisse. Proverà a eliminarlo, ma lo scontro è impari.
La sceneggiatura firmata da David Seltzer e basata su un suo soggetto alterna occasioni in cui si suggeriscono i sospetti ad altre in cui poco a poco i timori si concretizzano, alle morti di quanti in qualche maniera si oppongono a Damien e alle rivelazioni scioccanti e sempre meno confutabili.
La narrazione è volutamente e doverosamente lenta, la fotografia incolore, poiché l’inspiegabile si fa strada poco a poco nella realtà più quotidiana ed è necessario creare un’atmosfera cupa e lugubre. Il senso di oppressione, l’ineluttabilità di un destino a cui l’uomo può opporre soltanto la fede e le preghiere, non fanno fare salti sulla poltroncina; lasciano invece un senso di inquietudine, di disagio, che può conquistare anche i non credenti e è destinato a perdurare.
Le storie sull’Anticristo inizialmente sembrano frutto dei deliri di fanatici religiosi cattolici e ogni tragedia  potrebbe avere le sue spiegazioni razionali, per quanto le sue cause e le modalità siano insolite. Le dipartite degli avversari del bambino sono dei piccoli capolavori di montaggio, a partire dallo spettacolare suicidio della governante. Le sequenze risultano memorabili proprio grazie a tanta apparente semplicità. Tutte le morti hanno alle spalle una coreografia calibrata al minimo fotogramma, e sono sostenute da una tensione che si instaura dal primo all’ultimo fotogramma, in un crescendo che raggiunge il suo culmine nella sequenza dello sparo nella cattedrale.
Non ci sono effetti speciali sorprendenti, vistosi, e non solo perché nel 1976 i trucchi erano tutti artigianali anche nelle pellicole ad alto budget. La testa mozzata che rotola sulla strada riesce a terrorizzare anche se si vede benissimo che è artificiale, poiché è inquadrata per un breve istante, e perché lo spettatore ha avuto il tempo necessario per affezionarsi al personaggio decapitato.
Se tecnicamente L’Esorcista è un vero saggio di bravura e ha anche effetti speciali per l’epoca appariscenti, Omen il Presagio regge il confronto senza sfigurare e si muove in modo antitetico e parallelo a Rosemary’s Baby. La possessione è il caso di un essere umano che si trasforma anche esteriormente in un diavolo, mentre l’incarnazione di Damian è la parodia dell’incarnazione di Cristo: un Demone che si fa uomo, e che ‘fa miracoli’ crudeli senza dover sembrare un mostro da leggenda medioevale.
La necessità di poter far paura senza chissà quali effetti speciali ha permesso alla pellicola di invecchiare restando attuale, ed anche le interpretazioni hanno contribuito a mantenerla giovane. Il diplomatico è stato interpretato dal bravo e affascinante Gregory Peck, un’icona del cinema, la moglie da Lee Remick. Gli altri ruoli sono stati affidati a professionisti forse meno conosciuti ma di solida esperienza, come David Hattersley Warner ( il fotografo) o Patrick Troughton (il prete ), Martin Benson ( Padre Spiletto). Indimenticabile l’espressione del bambino, Harvey Stephens, alla sua prima, intensa e quasi unica incursione nel mondo del cinema.
Davvero pregevole è la colonna sonora di Jerry Goldsmith. Il compositore, allievo di Mario Castelnuovo-Tedesco, ha realizzato splendida colonna sonora, con il brano Ave Satani ancora oggi incluso nei programmi da concerto di tante orchestre dotate di coro.
La confezione della pellicola è raffinata; non ci sono scene di sesso o di nudo, parolacce, o momenti da Grand Guignol con sangue a fiumi e budella a spasso per il set, e neppure se ne sente la mancanza. Nonostante questa sobrietà, o grazie ad essa, la pellicola infrange parecchi tabù. Il ‘cattivo’ è infatti un bambino, predestinato a compiere l’avvento del padre Satana e tuttavia incerto, incapace di capire il turbamento che lo attraversa proprio come qualsiasi bambino stia crescendo. Sebbene gli spettatori sappiano che è l’Anticristo, l’azione pare contro natura. La stessa Chiesa cattolica mostra la sua facciata meno rassicurante, quella dei fanatici pronti a credere e far credere alle storie più bizzarre e truci, a profezie, a leggende, spingendo i fedeli a violenze che sono motivate nel contesto del film però potrebbero lasciare la fantasia cinematografica per calarsi nella realtà. Se la Chiesa può creare folli assassini, l’alta borghesia è altrettanto pronta a cedere alle lusinghe del Male.
Pur essendo una pellicola indirizzata al grande pubblico, o forse proprio per questa ragione, non mancano i sottintesi sociali: Il Male rappresentato da Damien è una presenza temibile che si nasconde tra banale mondanità della vita di un diplomatico e della moglie, gente avvezza al lusso, ai ricevimenti, ai viaggi. La classe dirigente sembra covare in sé la malvagità, ed in ogni caso si dimostra molto poco dedita ai valori dello spirito. Quando la vita glieli pone davanti, l’ambasciatore Thorn vorrebbe credere ma riesce, e quando finalmente comprende è tardi. Non c’è lieto fine in questa pellicola, ma due bare in un cimitero militare americano, e due occhi che lo spettatore non dimenticherà facilmente.
La realizzazione della pellicola venne funestata da incidenti, tanto da regalare la fama di film maledetto; nonostante le difficoltà, la vicenda dell’Anticristo ebbe un grande successo. Ha due sequel che seguono la crescita del figlio di Satana mantenendo un buon livello. C’è anche un remake, mal paragonabile con la trilogia, ed una miniserie, Damien, che in dieci puntate ci racconta l’evoluzione del trentenne Damien Thorne. Se il remake cinematografico si è fermato al primo capitolo e se il serial è durato una sola stagione, un motivo ci sarà, ma solo se si è vista la trilogia è possibile capire le motivazioni di tanto insuccesso.  

 

Cuccussette vi ringrazia della lettura.

Questa recensione è stata edita su questo sito. Se la volete ospitare, contattatemi. Florian Capaldi  su Facebook

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