I GOONIES
I Goonies sono un gruppo di ragazzi di Goon Docks, un piccolo paesino di mare dove sono vissuti assieme condividendo gioie e dolori della crescita. A causa delle cattive condizioni finanziarie dei genitori, sono sotto sfratto. Molto presto saranno costretti a lasciare la loro città, ognuno per una differente destinazione. Si trovano per trascorrere un ultimo week-end insieme: l'ultimo week-end dei Goonies, dopo un’ infanzia vissuta insieme tra scherzi, avventure e fantasia scatenata. E’ un giorno piovoso, e per non farsi soffocare dalla tristezza, decidono di “spulciare" la mansarda di Miky in cerca di qualcosa di bello da fare. La soffitta è colma di oggetti da museo, antichità apparentemente di poco conto, che il padre del ragazzo avrebbe dovuto riportare al museo cittadino. Gran parte del materiale riguarda la pirateria, e grazie ad un gesto distratto che provoca la rottura di un quadro, i Goonies trovano la mappa di un tesoro nascosto, il tesoro di Willy l'Orbo. L’avventura attende i ragazzi, trasportandoli verso l’adolescenza. The Goonies è un esempio di film che pur senza brillare ( apparentemente ) per estro artistico, per recitazione, montaggio o altro, è diventato un cult generazionale, emblema dell’ottimismo degli anni ’80 e della speranza. Ci ha creduto Spielberg, producendolo, e così ci hanno creduto Chris Columbus e Richard Donner. Era il 1985 e Spielberg riusciva ancora a scovare soggetti fantastici interessanti, con un buon equilibrio trai voli dell’immaginazione e il rispetto della mentalità pragmatica tipica delle famiglie medie americane. Chris Columbus era già allora il regista e sceneggiatore con maggiore affinità per l’adolescenza e il suo mondo: da Piramide di Paura ai primi capitoli di Harry Potter, il passo è stato breve. La sua squisita sensibilità è riuscita a parlare ai teenagers senza trattarli da bambini piccoli, e in questo moco è riuscito a farsi ascoltare dai giovani senza mettere da parte gli adulti. Anche Donner non è mai stato un regista di essai, ma è riuscito a creare tanti indimenticabili cult, come Superman e Ladyhawke, o Arma Letale.
L’avventura dei Goonies, pur essendo una storia originale, attinge elementi da tutto il repertorio della letteratura per ragazzi e della cinematografia di genere. Il film vive di citazioni continue, rivisitate però in forma disincantata ed umoristica, tanto da piacere sia ai ragazzi, sia agli adulti cinefili.
La caccia al tesoro di Willy l’Orbo è sorretta da un ritmo eccellente, che mai si inceppa, e che valorizza al massimo le incredibili caratterizzazioni dei personaggi. E’ difficile, ripensando alla propria infanzia, non potersi riconoscere in almeno uno dei personaggi: dal grasso, goloso e buffissimo Chunk (Jeff Cohen, nella sua quasi unica esperienza cinematografica ) all'ingegnoso Data (Ke Huy Quan), l’orientale col pallino della tecnologia; dallo sbruffone Mouth al fratello possessivo Brand e così via... Sono tutti attori bambini che in molti casi hanno visto proseguire le proprie strade artistiche da adulti, spesso con ruoli di primo piano, come Sean Astin ( Mikey Walsh, capo dei Goonies ), Josh Brolin ( Brandon "Brand" Walsh, il palestrato fratello ), Corey Feldman (lo sboccato Clark "Mouth" Devereaux ), Martha Plimpton ( Stef Steinbrenner )… Altri sono stati meno fortunati o hanno
Gli avversari sono gangsters caricaturali, la Banda Fratelli, una spietata quanto imbranata famiglia di delinquenti italiani capitanata da Mama Agatha Fratelli ( la strepitosa Anne Ramsey, mascolina nell’spetto e doppiata, nella versione italiana, da un uomo). E poi c’è il magnate della città che intende abbattere le case del quartiere. Tutti sono cattivi da operetta, e danno il meglio in gag fortemente fisiche, analoghe a quelle delle comiche del muto.
L’avventura vive di battute eccezionali, di situazioni sospese tra la fiaba contemporanea e i classici archetipi del cinema di avventura. E’ un susseguirsi dii scene a dir poco esilaranti, che ai giorni nostri forse non potremmo vedere e sentire, cancellate dal progressismo estremo e dalla spesso forzata correttezza verso le minoranze. Ci sono caratterizzazioni etniche che riflettono stereotipi etnici, come la donna delle pulizie ispanica o la Banda Fratelli che anche nella versione in lingua originale è italiana e criminale. I ragazzini dicono parolacce e hanno qualche idea su alcool, droghe e sesso, con battute a doppio senso ed anche un po’ esplicite, e ci sono scene di baci tra attori che all’epoca delle riprese erano minorenni.
Il deforme Sloth pure è trattato come un mostro di quelli buoni e simpatici, più che una persona diversamente abile cresciuta tra le sevizie dei familiari.
I ragazzi ritratti sono caricaturali ed autentici nello stesso momento, nerd ante litteram, poiché negli anni Ottanta la categoria stava nascendo all’ombra delle Università e negli scantinati Personaggi teneri, istruiti e imbranati, un po’ freak tra piccoli yuppies e giovani anabolizzati: i Goonies poco hanno da spartire con certi bambini discoli che a fine avventura capiscono che un bel gioco dura poco e devono rigare dritto. Sono distanti anche da quei bambini angelicati che di buona grazia escono dal mondo incantato per accettare una realtà mediocre e suggeriscono in modo più o meno velato allo spettatore grande o piccolo che crescere significa chinar la testa e accettare di essere persone comuni, senza lamentarsi.
Alcune sequenze sono molto poetiche, come quella del Pozzo dei Desideri o l’incontro con Willy l’Orbo. Altre sono umoristiche e ci sono anche scene un po’ paurose, stemperate dall’umorismo, come quella del frigorifero col morto o la tortura per estorcere informazioni.
Il mix tra stereotipi del cinema d’avventura vecchio stile con la caccia al tesoro, con scheletri e trabocchetti e trappole, di commedia anni Venti e umorismo sopra alle righe da commedia adolescenziale è perfetto. La confezione è quasi impeccabile, con la bella colonna sonora che include la traccia cantata dalla allora all’apice del successo Cindy Lauper, con belle scenografie e i migliori effetti speciali disponibili in quegli anni.
Tutto questo funziona nonostante qualche disattenzione, o forse proprio grazie alle imperfezioni. Nell’epilogo ad esempio si cita l’incontro con una piovra, e lo spettatore ignora se sia un modo per raccontare l’avventura inserendo particolari fantasiosi, o se più probabilmente si riferisce a un episodio scartato dal montaggio finale. In altre pellicole sarebbero state trascuratezze imperdonabili, bloopers; invece in Goonies ci si fa poco caso, tanto è travolgente il ritmo e la simpatia dei personaggi. Quando si notano sono compensate da tantissimi dettagli azzeccati; prima o poi succede, perché questo film è un classico e si lascia vedere e rivedere senza stancare. Il ragazzino si immedesima nei sette Goonies, l’adulto avverte un senso di malinconica nostalgia per l’età in cui si poteva davvero credere ai pirati e ai tesori. The Goonies è un’elegia del passaggio all’adolescenza, una rapsodia sull’amicizia mossa da affetti sinceri, e un’esortazione a credere nei sogni.
Soddisfa davvero il finale, in cui i ragazzi riescono a salvare il loro futuro, e la loro amicizia, e a farsi credere e quindi considerare un po’ meno bambini. L’avventura li ha maturati, ma non ha impedito loro di credere nei sogni: potranno crescere con la convinzione che qualche volta crederci possa far cambiare davvero la vita. Le scene finali, con il galeone che si allontana al largo in un cielo nebbioso che fa tutt’uno col mare, sono emblematiche. Il galeone porta con sé la loro infanzia, lasciando però la certezza che, in qualche caso almeno, l’amicizia e la capacità di abbandonarsi ai sogni vengono premiate.
E’ un film per sognatori di qualsiasi età, un fantasy che non rinuncia ai sentimenti pur di girare quella scena mozzafiato in più, e per questo è diventato un successo al botteghino prima, e un istant cult.
Cuccussette vi ringrazia della lettura.
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