CONAN IL DISTRUTTORE
Il grande successo ottenuto in tutto il mondo dal film ì Conan il Barbaro di John Milius nel 1982 sembrò riportare sugli schermi le storie di indomiti e muscolosi eroi pronti a vivere avventure mozzafiato in mondi ricchi di esotismo, mistero e magia. La tentazione di dare un sequel al capolavoro dell’heroic fantasy era inevitabile, Milius aveva fatto calare i titoli di coda mostrando il Cimmero invecchiato e assiso su un trono. La voce fuoricampo lasciava immaginare tante altre peripezie, tutte da narrare. Milius però non era disponibile per dirigere il sequel, e il progetto venne affidato a Richard Fleischer sotto l’egida della produzione De Laurentiis. Si auguravano che Conan potesse essere la nuova gallina dalle uova d’oro, quindi investirono sulla nuova pellicola che venne realizzata all’indomani del successo di critica e pubblico del primo capitolo. Il sequel ebbe un budget ancora più ricco di quanto non fosse stato disponibile per la pellicola di Milius e in Italia andò in sala nel 1985.
La vicenda stavolta non è tratta da un collage di parti di racconti di Robert Howard e dei suoi seguaci. E’ invece un soggetto originale ispirato alla lontana a quei racconti pubblicati dalla rivista pulp Weird Tales. Sebbene qua e là si citino situazioni e nomi ispirati alla saga letteraria, come la regina Taramis di A Witch Shall Be Born, il Thot-Amon di The Phoenix on the Sword, la lotta con l’antropoide dalla cappa rossa di Rogues in the House, e ci sia pure il dio Dagoth che riecheggia quel Dagon reso famoso dai racconti di H.P. Lovecraft, e ci siano riferimenti a Conan il Barbaro, sembra di essere in un universo parallelo a quello narrato nel primo film.
Conan (Arnold Schwarznegger) dopo aver sconfitto Tulsa Doom è tornato a fare l’avventuriero; viene ingaggiato dalla crudele regina Taramis per accompagnare la giovane ed ingenua principessa Jennah ( Olivia d'Abo ) alla ricerca del Corno di Dagoth, il Dio dei sogni e degli incubi, e di una gemma magica. Conan disprezza la magia e non crede negli dei, accetta solo in quanto la ricompensa è il poter riavere Valeria, la guerriera che amava e che era morta nel precedente capitolo. Conan si trova a dover accompagnare la principessina in quanto per quanto sia noiosa e inetta a una vita da avventuriero, è l’unica che può trovare e maneggiare gli oggetti magici richiesti. Ma Taramis non ha buone intenzioni e il tradimento attende l’eroe…
Fin dai titoli di testa è possibile avvertire il cambiamento di ottica nell’affrontare le tematiche howardiane. Alla sceneggiatura non troviamo più i "duri" Oliver Stone e John Milius bensì gli abili ma edulcorati soggettisti della Marvel Comics Gerry Conway e Roy Thomas. Il mondo pseudo medievale della prima pellicola appare contaminato da fantasie derivate da canali di più facile approccio ma inevitabilmente più superficiali e artefatti. Gli eroi non sono più "problematici", la vicenda è prevedibile e gli aspetti propriamente fantastici sono piuttosto convenzionali, anche se inseriti con meritevole garbo e maestria. La sceneggiatura di Stanley Mann va sul sicuro e cerca di attirare anche gli adolescenti, tanto che il rating cambia dalla R per adulti al PG, adatto a ragazzi accompagnati da adulti. Il risultato è una storia propriamente fumettistica, una bella avventura stile Advanced Dungeons and Dragons, del tutto priva di toni seri e assai lontana dallo spirito del creatore del personaggio.
I personaggi sono bidimensionali, la recitazione è tutta affidata alla presenza scenica, ma la sceneggiatura cerca di ridurre gli stereotipi, o almeno di reinterpretarli in chiave ironica. Non si arriva a ridere come avverrà anni più tardi con il semi parodistico Barbarians and Co di Deodato, tuttavia l’epica malinconica e la violenza esplicita del primo film sono irrimediabilmente smarrite, soppiantate da un’avventura ricca di effetti speciali e ben ritmata.
Il Conan di Milius era quello di Howard: un uomo incapace di comprendere la ‘civiltà’, pronto a usare la spada per sopravvivere, consapevole di poter soccombere e quindi pronto a sperperare i guadagni per godere di gioie effimere. Quanti cercassero di riconoscere Conan nel muscoloso guerriero di Fleischer rimarrebbero delusi, perché il Distruttore è un personaggio profondamente diverso, dotato di una moralità meno distante da quella di un uomo di oggi. C’è un ottimismo di fondo, la sicurezza che Conan se la caverà salvando gli indifesi e ristabilendo la giustizia, proprio come avveniva nei vecchi film mitologici. Anche la violenza, presente nei racconti sebbene in forma molto “educativa” in quanto associata al comportamento di un personaggio cattivo, oppure usata da Conan per difendersi o per salvare un alleato, è quasi inesistente. Quando si vede una sequenza meno edulcorata, c’è sempre una chiara contestualizzazione, sappiamo chi sono i ‘buoni’ e chi è invece ambiguo. Ci sono combattimenti, ovviamente, tuttavia è un tipo di violenza simile a quella che potremmo trovare in un fumetto di Spiderman o di qualsiasi altro super eroe, esplicita quel tanto da risultare coreografica ed essere tollerata dagli adolescenti.
I comprimari stessi sembrano meno verosimili, più attinti dall’immaginario dei giochi di ruolo che fedeli ai modelli letterari. Roy Thomas utilizza anche il personaggio fumettistico di sua creazione: Zula, guerriero- sciamano di colore ideato per attirare l’attenzione e la simpatia del pubblico afro americano di lettori, qui però trasformato in chiave femminile per l'attrice e cantante Grace Jones. A dire la verità, Zula è una delle poche figure femminili che siano piacevoli ma anche molto credibili. Ne ammiriamo la grazia felina, il fisico sportivo, e non viene da sghignazzare vedendola maneggiare un’arma bianca …semmai si ride delle raccomandazioni che dà alla stucchevole principessa. Il gender swap in questo caso è sopportabile, in quanto il personaggio è proprio del fumetto e mai compare nei racconti originali, proprio come Mombaata ( il cestista Wilt Chamberlain). Riescono a divertire anche il ladro fifone, Malak (Tracey Walter) e il mago Akiro (Mako), sebbene sembrino personaggi un po’ di maniera, come del resto tutto il film.
Le scenografie alternano scenari potentemente immaginifici, come la torre sul lago del negromante, oppure la reggia con la statua del Dio del Sogno, ad altre meno riuscite. In alcune sequenze si ammirano veri siti archeologici riadattati per l’occasione, in altre è evidente l’uso e abuso di cartapesta e di compensato. La sovrabbondanza di dettagli, l’artigianalità non sempre ben dissimulata accentuano l’atmosfera da fumetto, contribuiscono a sdrammatizzare quel mondo, o la possibile violenza dell’azione. La natura fittizia ricorda, soprattutto ai più giovani, che il mondo fantasy in cui Conan mette a posto tutti i guai con la forza è una creazione dell’immaginazione, un mondo di cartapesta, mentre la realtà è ben altra cosa. Anche considerando la questione in simili termini, molti appassionati lettori dei racconti di Howard rimasero delusi da queste trasformazioni, pur motivate. Conan il Distruttore distrugge ben poco, a parte l’impostazione data da Miulius. Inoltre, un paio di sequenze sono proprio ridicolizzate da penosi bloopers: si vedono giganteschi massi che cadendo galleggiano sull’ acqua. Non bastano gli effetti speciali di Carlo Rambaldi o le musiche wagneriane di Basil Polieduris a salvare Conan il Distruttore dal sembrare un’accattivante favola, in cui il realismo crudo delle situazioni e dei paesaggi miliusiani si stempera in una versione adatta ad un pubblico più vasto. La stessa bellissima colonna sonora di Basil Poledouris prevede il recupero di brani musicali dell’ originale, dai titoli ben precisi, per sequenze di natura totalmente diversa: Riders of Doom diventa Riders of Taramis, Atlantean Sword accompagna l’ingresso nel Tempio di Dagoth, la poderosa e ariosa Mountain of Power Procession viene usata col titolo di Approach to Shadizar per l’ingresso di Conan alla reggia di Taramis, Wifeing fa da contrappunto al ricordo di Valeria e The Orgy sottolinea il duello finale. Al regista sfugge l’accezione barbarica tanto cara a Howard e Milius, nonostante il fatto che Fleischer stesso abbia diretto un film prettamente barbarico come The Vikings, uno dei pochi film in costume che fossero storicamente accettabili.
Accettate le differenze tra Milius e Fleischer, Conan il Distruttore a distanza di tanti anni resta un prodotto godibile, superiore alla media di un genere in cui spesso buone idee e budget adeguati per metterle sullo schermo non sempre vanno d’ accordo. Probabilmente nelle intenzioni dei produttori poteva divenire una serie adatta anche a adolescenti, ma lo stesso Schwarznegger era scontento della nuova versione dell’eroe, edulcorato a puntino e servito a platee familiari. Non volle prestarsi per un terzo capitolo, e anche se ci avesse ripensato, la stagione del fantasy di spada e stregoneria terminò prima del previsto. Finora l’unica serie sul Cimmero è stata quella animata, rivolta in modo esplicito ai bambini. Oggi è inutile sognare film o serie sul barbaro più famoso della biblioteca. La trasposizione di Milius è cupissima e poteva mettere a disagio per la crudezza, eppure aveva sollevato l’eroe dalla massa di eroi palestrati del vecchio cinema mitologico, elevandolo con una pellicola autoriale. Oggi sarebbe impossibile proporre il personaggio di Milius, tra censure e autocensure di produttori e distributori, e anche la versione edulcorata di Fleischer sembrerebbe sempre troppo scorretta. Non resta che attendere cambi di rotta, e ricordare l’eroe per come è stato e poteva essere.
Cuccussette vi ringrazia della lettura.
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