THE  CURSE  OF  YIG

La maledizione di Yig (The Curse of Yig) è un racconto horror dello scrittore statunitense Howard Phillips Lovecraft. L’Autore rielaborò un intreccio ideato da Zealia Brown Bishop fino a dargli la forma che conosciamo, pubblicata sulla rivista pulp Wierd Tales nel 1929. E’ stato reso in forma di piece teatrale da Tim Uren, che poi ha adattato la trasposizione allo schermo. Nel 2011 il regista Paul von Stoetzel ha realizzato un cortometraggio basandosi appunto sul lavoro di Uren.
In mezz’ora assistiamo al compiersi del tragico destino del pioniere Walker Davies e della sua giovane moglie Audrey. La coppia si trasferisce in una fattoria della frontiera, in una regione abitata da Nativi fedeli al culto di Yig, il dio serpente. Walker ha la fobia dei rettili ma si converte presto al culto, certo di poter tenere a bada gli animali grazie ai riti appresi dai Pawnee. La moglie conosce la paura del marito e un giorno uccide alcuni serpenti nel loro nido pur di evitare una crisi al compagno. Per i Nativi questo atto è un sacrilegio e secondo le loro tradizioni Yig stesso reclama le persone blasfeme trasformandole in rettili. In Autunno, stagione sacra alla divinità, dopo una notte di festeggiamenti per All Saints Eve il dio punirà la coppia… Sembrerebbe una storia di paura del vecchio West, se non fosse che è narrata dal direttore del Guthrie Asylum in Oklahoma a una giovane etnologa giunta nella regione per studiare i culti del dio serpente. La terribile prova della genuinità del racconto è chiusa nei sotterranei del manicomio…
Il soggetto è stato portato sullo schermo per la prima volta, ed è comprensibile come mai sia così poco gettonato dalla Settima Arte. Non basta il fatto che sia uno dei rari racconti con donne protagoniste e uomini fragili, per renderlo accattivante. E’ un testo piuttosto breve e non ha materiale sufficiente per riempire il minutaggio di un film da sala di lunghezza regolare. Gli sceneggiatori sarebbero costretti a inventare episodi non previsti dal testo pur di diluire gli eventi in un tempo più lungo. Inoltre Lovecraft è un Autore che vive di atmosfere perturbanti difficili da esemplificare visivamente e poco affini al gusto dell’horror contemporaneo che invece fa vedere, spesso anche troppo e a sproposito. Paul von Stoetzel usa con maestria la mezz’ora, lasciando crescere poco a poco il senso della paura e della condanna irrevocabile. L’orrore è costruito con dettagli, e con quanto viene lasciato intravedere: i segni premonitori della presenza dell’antica divinità, la sagoma vermiforme della sua progenie, lo sguardo prima curioso, poi attonito ed infine turbato della giovane etnologa o di Audrey.  Forse non ci sono momenti davvero spaventosi per gli spettatori che si attendessero salti sulla sedia, ma fa parte delle caratteristiche stesse dell’Autore e è un pregio. 
Gli effetti speciali sono pochi, ma usati con rispetto per la sensibilità di Lovecraft, ghe diceva che la più grande delle paure è quella per l’ignoto. Esibire l’ibrido uomo serpente avrebbe fatto un pessimo servizio, privando lo spettatore della morbosa curiosità per la creatura. La mostruosità dell’essere viene prima fatta percepire, poi intravedere e anche quando la creatura viene inquadrata, non lo è mai nella sua interezza o a distanza ravvicinata. 
La ricostruzione d’ambiente è curata, sia nelle parti che descrivono la dura vita dei pionieri, sia in quelle che si svolgono nel manicomio. La fotografia alterna i toni caldi a quelli freddi, usati per le sequenze in cui l’orrore si realizza in tutta la sua brutalità.
Gli attori coinvolti sono volti del cinema indipendente e se la cavano più che dignitosamente. Amy Schweickhardt ha il doppio ruolo dell’etnologa e di Audrey, Tim Uren interpreta il direttore del manicomio e Walker… Sembrerebbe un cortometraggio ‘fatto in casa’, con un team minimale di interpreti che sono fan, ma in questo caso non siamo davanti a un prodotto nato per soddisfare l’ego di pochi nerd che giocano a fare il cinema, perché la qualità è alta.  
Il cortometraggio si presenta al meglio e soddisfa sia le aspettative dei fan di Lovecraft, sia quanti amino il buon cinema.

 

 

Cuccussette vi ringrazia della lettura.

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