FIRE AND ICE - LE CRONACHE DEL DRAGO
In seguito al successo della trilogia de Il Signore degli Anelli, e grazie allo sviluppo della grafica digitale che ha consentito di abbattere i costi degli effetti speciali, l’interesse per il fantasy si è rinnovato. Il genere è tornato anche sul piccolo schermo; Fire and Ice è una di queste pellicole nate per la televisone, e in un secondo tempo diffuse nel mercato dell’home video. Il sottotitolo ammicca al più fortunato telefilm, Games of Thrones, Le cronache del drago suona un po’ come Le cronache del ghiaccio e del fuoco. Ogni analogia si limita al titolo: il telefilm americano ha per target lo spettatore adulto, abbonda con situazioni di sesso e violenza esplicita, mentre Fire and Ice è una fiaba adatta anche a adolescenti, priva di qualsiasi verosimiglianza. Ritroviamo atmosfere analoghe a quelle di vecchi sceneggiati televisivi, su tutti il nostrano Fantaghirò. Non a caso la protagonista, la principessa Luisa, è una giovane che ama cacciare, cavalcare, combattere, e rifugge il ruolo tradizionalmente attribuito a una nobildonna. Vive nel pacifico reame di Carpia, governato con saggezza dai genitori, Re Augustin e la regina Remini. Un triste giorno il regno viene attaccato da un drago di fuoco, e nessuno pare in grado di fermare la creatura. Dietro le incursioni del drago c’è la mano del consigliere Paxian Ru, un uomo apparentemente inoffensivo che in realtà serve il vicino Re Quilock. Proprio il vicino sovrano offre aiuto al popolo di Carpia, a patto di unire i regni e regnare su entrambi. Luisa si ribella alla volontà paterna e va a cercare l’unico uomo che abbia mai fermato un drago, un cavaliere bandito per tradimento. L’uomo è morto e gli sopravvive il figlio, Gabriel. Il ragazzo accetta di difendere Carpia, e insieme al saggio amico Sangimel, organizzano un piano rischioso: richiamare un drago di ghiaccio in modo che attacchi il drago di fuoco…
C’è ben poco di originale, a partire dal titolo: Fire and Ice è anche un film d’animazione heroic fantasy, nato dalla fantasia degli illustratori Ralph Bakshi e Frank Frazetta. Un cartone animato a suo modo d’essai, destinato agli adulti e per molti aspetti vicino alle sperimentazioni di Dark Crystal o di Metal Hurlant. Il Fire and Ice di Pitof è purtroppo ben altra storia, anzi, oserei dire, è storia vecchia. Dal punto di vista formale, accusa i limiti tipici dei telefilm: ritmi lenti, fotografia spesso ritoccata nei toni aranciati, scene d’azione confezionate alla meno peggio, costumi artigianali, e una certa approssimazione nell’uso degli effetti speciali. E pensare che il regista Pitof è un artista grafico, specializzato in effetti ottici; ha realizzato Vidoq e Catwoman, due pellicole più che decorose, se ci si limita all’estetica. Da un simile esperto verrebbe da attendersi film leggeri nei contenuti, tuttavia visivamente apprezzabili. In Fire and Ice la fotografia ha dei buoni momenti, in particolare le panoramiche iniziali oppure le scene con Sangimel tra i ghiacci; poi si torna alla banalità delle solite fiction, con primi piani nei dialoghi e campi lunghi in tutte le altre situazioni. Né gli effetti speciali rimediano, poiché sono quasi artigianali e creano draghi e paesaggi visibilmente artificiosi. È quasi più bello il sito dedicato alla pellicola, del film stesso… ed è tutto un dire. Può darsi che, per il budget limitato che aveva a disposizione, Pitof abbia compiuto miracoli, tuttavia quanti sono a digiuno di grafica digitale male valutano le difficoltà tecniche, e vedono solamente ritocchi approssimati, con animazioni degne di un cortometraggio amatoriale.
La sceneggiatura dell’esordiente Angela Mancuso tralascia dettagli importanti, pare contraddirsi, non spiega alcune scelte dei protagonisti, oppure risolve ogni dubbio fornendo motivazioni didascaliche. Le rare innovazioni possono dispiacere agli appassionati del fantasy più classico. Delude l’aver ridotto i draghi allo status di grossi animali. Solcano i cieli, simili a mante coperte di fiamme o gelo, distruggono tutto quello che trovano e mancano dell’intelligenza attribuita loro dalle leggende. Secondo quanto racconta Sangimel, sono tutti femmine e portano tutta la vita un uovo, chiamato draconte; quando la vita del drago volge al termine, l’uovo si schiude e un nuovo drago esce. Chi possiede il draconte controlla il drago stesso. Il mito di una creatura leggendaria, simbolo di potenza e saggezza, si dissolve; restano bestioni volanti, pericolosi e stupidi.
Ebbene, Fire and Ice dimostra quanto sia facile creare un’icona, e quanto sia semplice demolirla. Cadono i draghi, e crolla miseramente la protagonista. All’inizio gira in abiti maschili, ama combattere, cavalcare, cacciare, non intende maritarsi, vuole governare il regno come un buon sovrano fa, occupandosi di politica ed economia. A parole è bravissima, ma appena l’avventura prende il via, ecco che Luisa corre dietro a Gabriel, chiede di accompagnarlo, si lascia mettere in seconda linea oppure si rivela inetta. Poco a poco il personaggio sbiadisce e diventa una donzella qualsiasi, forse un po’ meno fragile nel carattere, ma altrettanto imbelle. Alla fine, promette di non perdere le antiche abitudini, ma la vediamo con le sottane, intenta a cinguettare con Gabriel. Maturazione, oppure morte letteraria, ciascuno interpreti come desidera; di fatto, Luisa poteva essere una virago indipendente e fiera, votata all’avventura o alla difesa del proprio regno, invece si ritrova ingabbiata in quel ruolo di regina che tanto sembrava detestare.
In questa pellicola qualsiasi personaggio esca dagli stereotipi è condannato a prematura fine, oppure è una presenza necessaria a far proseguire la storia, un accessorio di scena. Sangimel in parte sfugge a questo destino; anche se viene ben presto ucciso, a lui è affidato il copione più interessante, ed è impersonato dal grande ‘Gimli’ John Rhys-Davies. La sua interpretazione, per quanto breve, è convincente al punto che al confronto gli altri attori sembrano dei dilettanti allo sbaraglio. Più probabilmente si tratta di bravi caratteristi sminuiti da battute degne di una soap opera; se Gabriel ha un ruolo tutto fisico e ruba poco a poco la scena a Luisa, e i sovrani hanno qualche momento felice, per gli altri mancano concrete occasioni di riscatto. Sono prevedibili, come il consigliere traditore Paxian Ru, oppure passano lievi sulla scena, come il cavaliere Ponteiro.
È difficile stabilire se le cause di tanta superficialità nella sceneggiatura e nei dialoghi siano imputabili solamente a una mediocre sensibilità artistica, o se siano dovuti agli scarsi mezzi a disposizione dei produttori. I costumi rivelano una povertà disarmante, e se la corte pare uscita da una chiassosa festa medievale paesana, le armature ricordano i costumi improvvisati dai primi appassionati di gioco di ruolo dal vivo. Anche le scene di combattimento sono sottotono, come se avessero messo in mano a degli sprovveduti delle armi giocattolo. Non basta far oscillare la macchina da presa, per simulare la violenza di un bel fendente… Considerato che in Romania e in Est Europa esistono ottime compagnie di rievocazione storica, viene da chiedersi come mai abbiano fatto a meno di queste comparse specializzate. Grava il sospetto che il non geniale Pitof sia stato costretto a realizzare una pellicola professionale con strumenti inadeguati, degni di un film indipendente, e magari in tempi esigui.
Di fatto Fire and Ice è una pellicola che cede a troppi compromessi ed è penalizzata da ovvie ristrettezze economiche. Pitof si sforza di accontentare le esigenze del target televisivo medio, trascurando il fatto che il fantasy piace a un pubblico meno eterogeneo di quello che accende la televisione ogni sera. Non è un caso se le serie televisive fantasy o fantascientifiche che hanno conquistato i cuori e gli schermi hanno avuto il coraggio di restringere il target degli spettatori: o si punta sui giovanissimi, o si va verso gli adulti. Le mezze stagioni non esistono più, e anche le mezze misure sono in crisi. Provaci ancora Pitof, ma stavolta cambia sceneggiatore!
Cuccussette vi ringrazia della lettura.
Questa recensione è stata edita dal compianto Professor Raffaele Licinio per il suo sito CINEMA E MEDIOEVOhttps://www.cinemedioevo.net/altrerecensioni/lazzarini03.htm
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