IL GIRO DEL MONDO IN 80 GIORNI - serie BBC ANNI '90

Il Giro del Mondo in ottanta giorni d Jules Verne non è propriamente un fantasy, e neppure è fantascienza, ma ha caratteristiche in comune con entrambi i generi. Il viaggio di Phileas Fogg vive dello stesso senso di meraviglia che anima le peregrinazioni degli eroi fantasy o gli esploratori dello spazio profondo, e la smisurata fede nel progresso e nella scienza sono ingredienti indispensabili di molte opere fantascientifiche. Per l’umanità del 1873 navigare su piroscafi a motore oppure percorrere grandi distanze in treno era assaggiare un boccone del domani, con l’utopia di una scienza applicata capace di rendere la vita migliore.
La trasposizione del 1989 in una miniserie di tre puntate parte dal testo del romanziere francese, modificandone diverse parti in modo da attualizzare un intreccio ormai ben noto. Si tratta di cambiamenti motivati e necessari per dare movimento a una storia altrimenti troppo conosciuta per sorprendere. Il regista Buzz Kulik sfrutta la solida struttura a episodi del romanzo e vi introduce variazioni che solleticano la curiosità dello spettatore. Non si arriva a una rivisitazione radicale come quella steampunk del film del 2004 o come quella più drammatica e socialmente impegnata della serie Around the World in 80 Days del 2021, ma è un piacevole misto di vecchio e di nuovo, di comicità e di azione con un briciolo di sentimento e attori di prim’ordine.
C’è qualche trovata mirabolante come l’areostato a motore che permette l’attraversamento delle Alpi, ci sono incontri con personaggi storici quali Sarah Bernhardt, Louis Pasteur, il sovrano di Burma, l’Imperatrice della Cina, Jesse James, Cornelius Vanderbilt ; compare anche la regina Vittoria.
Come anche nel premiatissimo film del 1956 con David Niven, alcuni episodi sono inventati appositamente per la serie, per dare brio. Verne ha scritto un romanzo breve, fatto di contrattempi, di inseguimenti, di trovate picaresche e satiriche, di equivoci. Sono momenti divertentissimi sulla pagina, ma troppo poco appariscenti per riempire il minutaggio di un film, figurarsi quello di una miniserie. I momenti di concitata azione sulla carta si limitano al salvataggio della vedova e all’attacco dei pellerossa: pochi per accontentare spettatori abituati a film d’azione. Anche il fascino delle location esotiche è sbiadito, perché ormai siamo abituati a viaggiare in prima persona o a vedere documentari su Paesi e civiltà lontane, a portata di un click del mouse. Inventare nuove avventure diventa quindi una necessità, e i tempi di un film faticano a contenere quanto occorre per soddisfare le aspettative di spettatori meno ingenui e più esigenti.
Inoltre il testo, pur nella sua brevità, ha una struttura tale che impone di spendere tempo per raccontare bene alcune situazioni e alcuni passaggi narrativi. Una buona partenza deve prendere il tempo necessario per presentarci il ricco ed eccentrico viaggiatore, il domestico pasticcione e l’ambiente in cui la scommessa ha avuto origine. E’ altrettanto necessario preparare il colpo di scena finale. Ci sono poi eventi che devono essere obbligatoriamente inclusi, come le indagini di Fix e le reazioni dei compassati membri del Reform Club a Londra. Il format di un film fatica a contenere gli eventi, quello della miniserie è più adatto, non potendo sacrificare gli elementi chiave e dovendo includere avventure supplementari.
Le tre puntate da 266 minuti complessivi coniugano le esigenze della narrazione tradizionale con quelle di un pubblico moderno. Lo sceneggiatore John Gay estendere la vicenda senza annoiare gli spettatori.
Anche i personaggi sono cambiati, alcuni sono irriconoscibili. Fogg (Pierce Brosnan) è un magnifico esemplare di gentleman britannico, della migliore borghesia. Apparentemente è metodico e pieno di self control, attraente ma scapolo e poco abituato ai contatti con l’altro sesso . Impacciato e schivo, poco a poco matura, mette a frutto quanto ha imparato e scopre l’amore. Passepartout ( lo spassoso Eric Idle, del gruppo comco Monty Python) è una spalla comica ma si dimostra coraggioso, creativo e pronto a credere nel suo datore di lavoro. La principessa Adua (Julia Nickson) è il personaggio più attualizzato. Nel romanzo la donna è la remissiva vedova di un rajah salvata dal rogo rituale che un tempo era diffuso in India. Anche se viene salvata e portata via da Fogg, resta sempre in disparte. Un personaggio simile non può piacere alle donne di oggi, quindi diventa una principessa coraggiosa, capace di parlare a testa alta davanti alla corte dell’Impero Cinese e salvare così la vita a Fogg e a Passepartout. Le viene attribuita una coscienza anticolonialista forse anche troppo moderna, e più volte si rapporta con fierezza e dignità verso Fogg, rappresentante dell’Impero britannico.
La serie, pur nell’ambito di un intrattenimento garbato, guarda in senso critico il passato, non sempre così idilliaco. I gentlemen del Reform Club sono ricchi annoiati che cercano distrazioni scommettendo sulle sfide più insensate, Passepartout ha un cuore d’oro ma è schiavo dei pregiudizi della sua epoca e non esiterebbe a far fuoco sui Nativi che attaccano il treno nel West. Sui Britannici grava il peso di secoli di dominio coloniale. Anche il salvataggio di Adua risente di un atteggiamento paternalistico, del conquistatore che comunque applica le proprie vedute verso una cultura diversa. Il colpo di fulmine o il senso di giustizia ( la giovane è stata drogata e il sacrificio non è una scelta volontaria ma imposta dalla famiglia o dalla società) convivono con l’idea che un occidentale possa e debba imporre a ‘civiltà inferiori’ la propria morale e i propri costumi.
Il vero spasso è invece Fix, il grasso detective che insegue Fogg spinto dalla taglia che pende sul viaggiatore, che gli consentirà di ristrutturare un cottage e sposare l’amata. L’interpretazione sorniona di Peter Ustinov è indimenticabile e il personaggio assume una tridimensionalità sconosciuta al testo originario.
Il cast  è quanto di meglio offre la pellicola, con grandi nomi del cinema e del teatro anche impiegati in ruoli da caratterista o secondari, come Christopher Lee , John Mills, Robert Wagner e tanti altri volti noti.
Questa miniserie nasce da una coproduzione tra Stati Uniti d'America, Francia, Regno Unito e Italia, e ha avuto mezzi più abbondanti delle consuete produzioni televisive. Gli ambienti sono stati ricostruiti in studio o filmati in località a buon mercato, i pochi effetti speciali sono abbastanza semplici, ma il cast stellato rende l’insieme una spanna sopra ad altre opere del genere.
La miniserie risente della sua natura di prodotto per la televisione generalista, ovvero non ci sono scene troppo crude, i combattimenti hanno un tono scanzonato,  ci sono stacchi piazzati in modo strategico per poter inserire le pause pubblicità. L’umorismo sfrutta doppi sensi, equivoci, gag da slaptick comedy e anche qualche allusione sessuale, che sfuggono ad uno spettatore bambino e che l’adulto può apprezzare.
Il bello di questa miniserie è l’essere davvero adatta a tutti, venendo incontro a spettatori eterogenei per età e preferenze. Trasmette un senso di ottimismo, fa riflettere e non annoia, nemmeno a successive visioni.

 

Cuccussette vi ringrazia della lettura.

La recensione è stata edita su questo sito nel 2023. Contattami su Facebook, sono Florian Capaldi se volete adottare o gemellarvi !

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