AVENGERS - AGENTI SPECIALI
Alla fine degli anni Novanta la moda revival iniziava a riesumare i telefilm più amati degli anni Sessanta e Settanta, con la speranza di rinverdirne i fasti e magari poter far ripartire la serie sui teleschermi. The Avengers, distribuito in Italia col titolo di Agenti Speciali, è stato uno dei tanti tentativi. Si ispira ad una serie prodotta dal 1961 al 1969, divenuta oggetto di culto per amatori e collezionisti, quasi introvabile sul mercato a meno di rivolgersi ad incerti indirizzi di appassionati. Meriterebbe poter rivedere le puntate originali che, a giudicare dal successo ottenuto e dalle tante stagioni realizzate, dovevano essere davvero intriganti. A parte il valore affettivo, il telefilm possedeva caratteristiche tali da trasformarlo in un oggetto di culto, anche a scapito di produzioni più ricche. Il segreto del successo è in buona parte dovuto all’ atmosfera a metà tra il poliziesco e lo spionaggio stile James Bond, a un’ambientazione spionistica collocata in un prossimo futuro, a personaggi attraenti interpretati da attori carismatici, a tanta azione e un briciolo di humor britannico... ingredienti collaudati che hanno una buona presa sullo spettatore anche oggi. Nel 1998 è stato realizzato da Jeremiah S. Chechikil un lungometraggio sugli Agenti Speciali, con attori di successo e mezzi adeguati. I protagonisti, come allora, sono due investigatori, l’ agente John Steed (Ralph ‘Voldemort’ Fiennes) e la dottoressa Peel (Uma Thurman). Di solito, in ogni coppia di detectives cinematografici che si rispetti, i ruoli sono molto complementari; e gli Agenti Speciali sono un esempio perfetto di quanto si vedrà poi con X- Files. John Steed appare come un gentleman da cartolina di Londra, con tanto di abito scuro di ottimo taglio, bombetta ed ombrello; è atletico ma poco vistoso; sembra restio a gettarsi nel combattimento ravvicinato contro gli avversari che incontra ma è ben allenato e sa cavarsela. La partner, la dottoressa Peel, è invece scanzonata, razionale e caotica, fredda e a volte apparentemente scostante e cinica; è capace di usare molte armi, conosce le arti marziali e non esita ad impiegarle, ed è esperta nelle scienze più diverse. Per bilanciare il look un po’ da matusa del collega, non rinuncia ad abiti alla moda, sofisticati e che ammiccano sia ad un sadomaso molto soft, sia alle immagini che la tradizione ci tramanda dei più noti eroi dell’ avventura – tute aderenti da super eroe, mantelli stile Zorro, stivali da cavaliere o da pirata, completi orientali. I due agenti lavorano per il Servizio Segreto; dispongono perciò, al pari del collega James Bond, di armi ed utensili dei più sofisticati, sempre dissimulati in raffinati oggetti di uso comune. Nessuno dichiara apertamente che possiedano la licenza di uccidere, ma, come nella saga di 007, anche qui compaiono gilet di cachemire antiproiettile, scarpe con ricetrasmittente, fibbie di cintole con dentro cavi di acciaio, ed altri gadget speciali. L’ automobile di Steed è una spider d’ altri tempi, che nasconde sorprese, dall’ ovvio motore truccato ai radar, a telefoni e computer, fino ad apparecchi per garantire… il the delle cinque. Si tratta di trovate che quando il telefilm veniva programmato in televisione, dovevano meravigliare lo spettatore, e che magari fanno sorridere il pubblico contemporaneo, abituato a ben altre diavolerie. Esse però compaiono, caratterizzando i personaggi come in passato. Da notare come mentre per i nostri eroi la tecnologia appare sempre mascherata in oggetti quotidiani apparentemente familiari – scelta indispensabile per mantenere l’ atmosfera originaria – gli effetti speciali si sprecano per descrivere i mezzi nelle mani degli avversari: satelliti, serre speciali, giardini con climi differenti, addirittura cloni di esseri umani. Gli effetti speciali sono usati senza risparmio, e sebbene siano oggi superati, sono indispensabili per ricreare il sense of wonder dell’epoca.
Il film mescola elementi ereditati dalla serie con altri dettagli imposti dall’ evoluzione delle tecnologie, dai cambiamenti politici e sociali, e la sceneggiatura calca la mano sull’ humor, proseguendo nella direzione già indicata dalla serie di 007 interpretata da Roger Moore. Dopo il caso della pecora Dolly e gli esperimenti sulle piogge artificiali israeliane e americane, lo spettatore può anche accettare di vedere un doppio della dottoressa Peel pronto a sabotare un progetto di controllo del tempo e ad uccidere quanti ne sono a conoscenza, e cicloni e tempeste scatenarsi a comando, vendute per corrispondenza. Anche se non è mai dichiarato l’ anno in cui la vicenda dovrebbe essere ambientata, non ci sono nemici russi o spie orientali, L’ avversario di turno è Sir August de Wynter, un classico megalomane scozzese ricchissimo, ex funzionario dei Servizi Segreti. Ha i mezzi per controllare il tempo atmosferico e ricatta il mondo minacciando di scatenare una glaciazione. Il personaggio interpretato da Sean Connery è l’ennesimo super criminale multimiliardario che può permettersi di dedicare la vita alla vendetta contro quanti hanno riso od ostacolato le sue ricerche scientifiche. La parte è piuttosto concisa; il ruolo sembra tradizionale, ma, forse per la presenza dell’ affascinante attore, il personaggio ha una sua caratterizzazione inconfondibile.
Il piano di de Wynter andrebbe a buon fine, se non ci fossero i nostri due investigatori che prima raccolgono le prove di quanto sta accadendo, e poi salvano il mondo, in un finale magari scontato, ma adeguato allo spirito rassicurante ma non troppo del telefilm.
Difficile aspettarsi dei colpi di scena clamorosi in questa vicenda patinata: la migliore invenzione è probabilmente il clone della protagonista. Lo spettatore la vede sparare al partner e poi tramortirlo a colpi di karate prima venga rivelata l’ esistenza del doppio, e c’è un bel depistaggio che farebbe pensare alla schizofrenia della protagonista. Inutile illudersi, la trama è molto semplice, i personaggi sono bidimensionali, però tutto sommato la pellicola è una sfida tra lo spettatore ed il regista per rispolverare dei personaggi amati rivedendoli alla luce del gusto attuale. Se si sta al gioco, il film diverte e piace, anche se bisogna rinunciare alla pretesa di voler trovare a tutti i costi interpretazioni troppo moderne di personaggi tradizionali. Agenti Speciali è distante dallo spirito del Batman di Tim Burton, che è una reinterpretazione distante dalla versione a fumetti classica o dai chiassosi telefilm. Uno dei pregi di The Avengers è proprio l’ aver saputo modernizzare con misura un’ affermata serie, senza travisarne troppo lo spirito.
In questo senso, ben funziona il senso dell’ humor britannico, necessario per sdrammatizzare situazioni classiche dello spionaggio d’ azione. L’intento viene dichiarato allo spettatore fino dalle prime sequenze, quelle in cui vediamo John Steed alle prese con un percorso di combattimento simulato in un paesino inglese, di quelli con tante belle casette a graticcio col giardino pieno di fiori, popolate da meccanici armati di chiavi inglesi, lattai assassini, bambinaie col mitra nella carrozzina del pupo, piante in vaso che cadono dai davanzali e simili. I doppi sensi sessuali sono frequenti, e ben scandiscono un dialogo altrimenti prevedibile; come durante l’ incontro tra il nemico e la dottoressa Peel, nella serra, oppure quando Steed, a corto di spazio, preme con il manico dell’ inseparabile ombrello il sedere della partner. Non aspettatevi però volgarità o scene esplicite: tutte le possibili allusioni sessuali si limitano a battute scambiate, senza che poi venga mostrato nulla. Situazioni classiche del genere spionistico sono reinterpretate con bonaria ironia e con allusioni pesanti, senza finire per raccontare una farsa sulla falsariga di Austin Powers il controspione.
Per quanti hanno seguito la serie TV certe caratteristiche sono note, e il risultato, considerando gli anni trascorsi ed i necessari adattamenti, può essere un piacevole amarcord. Le generazioni che non hanno avuto la fortuna di conoscere il telefilm possono anche restare insoddisfatte dalla resa cinematografica del soggetto. Le tante puntate davano il tempo di definire il carattere dei protagonisti, descrivendone abitudini, vizi, hobbies e passioni, mentre in un’ ora e mezza tanti particolari sono dati per scontati. Per i più giovani gran parte del piacere se ne va: Questi personaggi sono poco conosciuti in Italia, i telefilm a suo tempo sono arrivati in parte e mai sono stati replicati. Per quanto Ralph Fiennes sia un grande attore, Sean Connery un mostro sacro e Uma Thurman bellissima e convincente, i personaggi rischiano di apparire piuttosto piatti per quanti li conoscono solo attraverso il cinema. La differenza notevole che c’ è tra lo spionaggio ricco di glamour di 007 , il realismo dell’ Agente Palmer, la sognante verosimiglianza di Lemmy Caution, trash di Austin Powers, e quello degli Agenti Speciali può essere intuita, ma rischia di sfuggire all’ occhio livellandosi con produzioni analoghe per uno sguardo inesperto.
Cuccussette vi ringrazia della lettura.
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