IL GIARDINO DEI SOGNI PERDUTI

C’è un giardino meraviglioso dove il tempo è cristallizzato in un eterno presente. Tra alberi secolari, fiori, laghetti con pesci si aggirano adulti dai comportamenti infantili: vagano curiosi, fanno il girotondo, giocano con l’acqua delle piccole cascate che allietano il luogo. Quando si incontrano si salutano e giocano. Tutti indossano vestiti che ne identificano la professione: c’è una veterinaria, un manager, un’attrice, un acrobata, un pilota d’aerei…
Il cortometraggio della regista pratese Sasha Alessandra Carlesi racconta con vena visionaria e grande delicatezza le storie di quei bambini che non sono mai nati. Gli ospiti del giardino hanno l’aspetto di adulti ma non è un paradiso creato da mani umane, o una sorta di rivisitazione idilliaca del Vortex popolato da immortali in Zardoz. Tutte queste persone indossano abiti che identificano la professione che avevano sognato di fare da grandi, a parte il fatto che tutti sono scalzi.  Altrettanto ‘virtuali’ sono i corpi, nessuno diventerà adulto per davvero. A poco a poco svelano loro stessi: come si chiamano, il mestiere desiderato, la storia della famiglia e il motivo che ha impedito loro di realizzare i propri sogni.
La sceneggiatura alterna i loro racconti permettendo agli spettatori di scoprire l’amara verità poco a poco. Nonostante ci sia un lavoro di montaggio e non sia un alternarsi di piani sequenza, il risultato è di stampo teatrale. Se gli attori fossero stati su un palcoscenico a recitare le loro battute, sarebbe cambiato poco. La forza espressiva del cortometraggio è affidata alle interpretazioni di Martina Palladini (la veterinaria Michelle), di Ciro Buono ( Vincenzo il manager di attori e cantanti) e di Patrizia Pellegrino (Francesca la diva del cinema). Ci sono anche un acrobata e un ragazzo Down pilota d’aerei (Valerio Paolucci e Andrea De Dominicis). I personaggi si alternano raccontando la propria non storia e lo spettatore poco a poco capisce cosa sia accaduto. La maggiore difficoltà affrontata nella stesura dei copioni e nelle relative interpretazioni è il dover far parlare adulti trasmettendo però l’innocenza e l’ingenuità di bambini che contemplano la vita umana da lontano, dal lontano Giardino dell’Eden.
Il tema dell’aborto è affrontato con l’intenzione di restare neutrali sulla questione e rispettare le scelte di ciascuno. L’obiettivo è centrato in parte, nonostante la regista abbia dichiarato di lasciare da parte ogni condanna o giudizio. Aver fatto dei bimbi mai nati delle creature con sogni e speranze e con la malinconica consapevolezza di non poter concretizzare le proprie aspirazioni dà loro un’identità di persona, fa entrare in empatia con loro. Vengono spiegate anche le ragioni dei genitori, la giovane età, la depressione, la condizione della trisomia, l’incesto… Le giustificazioni perdono tuttavia parte della loro forza poiché vengono svelate quando lo spettatore si è ormai appassionato ai personaggi e parteggia per loro. Inoltre sono testimonianze che parlano di speranze e nessuno può dire con certezza che i bei sogni si sarebbero concretizzati, anzi. Il ragazzo Down non sarebbe certo diventato pilota d’areoplani come tanto desiderava, e magari si sarebbe consumato nella tristezza riuscendo a capire almeno in parte il suo fallimento, e chissà se Francesca sarebbe diventata una grande attrice, una soubrette o piuttosto avrebbe vissuto la vita scialba di chi si deve accontentare di obiettivi modesti.
Il giardino dei sogni è un Eden e in esso i desideri vengono accolti, a patto di saperli guardare con occhi di bambino; è una Spoon River che sarebbe bello trovare dal vivo, come performance teatrale.

 

 

GUARDALO  QUI  https://www.youtube.com/watch?v=JpXRLnkCNiw

 

Cuccussette vi ringrazia della lettura

La recensione è stata edita da FENDENTI & POPCORN - se avete un film da far conoscere, contattate Florian Capaldi su Facebook