COPPERMAN

I super eroi hanno trovato una nuova giovinezza al cinema con il miglioramento delle tecniche di grafica digitale e con i costi più accessibili per ingaggiare artisti specializzati pronti a dar vita alle imprese. Quasi tutti i super eroi sono americani, oggi sono di qualsiasi aspetto, colore, genere, e ragionano come la maggioranza degli Yankee si attende. E’ difficile immaginare un super eroe all’italiana, e finora i tentativi sono sempre stati poco convincenti, dal canterino Dorellik al dimenticato Ragazzo Invisibile di Salvatores. Lo chiamavano Jeeg Robot è forse stata un’eccezione dal punto di vista di livello artistico, eppure resta sempre un film male esportabile perché radicato nell’esperienza italiana e poco comprensibile all’estero. Abbiamo una tradizione di cinema a sfondo sociale, versato al realismo più che alla fantasia. Anche Copperman, antieroe mascherato nato nel 2019  dalla fantasia di Eros Puglielli, risente di questa vocazione che forse crea personaggi più maturi, e snatura irrimediabilmente il concetto stesso di super uomo. Se l’Uomo Ragno può essere un nerd sfigato però mutante e Hulk può essere un bestione incapace di pensiero razionale ma fortissimo, Copperman è un bambino nel corpo di un adulto. Anselmo ( Luca Argentero), suo alterego umano, è un giovane affetto da un ritardo non troppo grave da essere inabilitante, una sindrome dello spettro autistico. E’ stato cresciuto dalla madre poiché il padre lo ha abbandonato e vive in un non precisato borgo del centro Italia. La donna gli ha fatto credere che l’uomo sia un supereroe allontanatosi dalla famiglia per combattere il male e il piccolo ha superato tanti momenti difficili della sua vita trovando rifugio nei fumetti. Ha continuato a guardare il mondo con occhi innocenti, evitato o bullizzato dai compagni di classe, con una sola amica, Titti, una ragazzina abusata dal padre e presto affidata a un orfanotrofio. Con gli anni Anselmo ha trovato un lavoro in un centro di igiene mentale popolato da un’umanità strampalata e si è fatto costruire un’armatura di rame dal fabbro del paese, Silvano (Tommaso Ragno). Ogni sera lui può trasformarsi in Copperman e fare il super eroe. Un giorno Titti torna…

Il film è diviso in due parti, cronologicamente diverse per durata e disomogenee per alcuni aspetti. La parte iniziale, più breve, racconta con delicato lirismo ed ironia la vita di un bambino con difficoltà. La narrazione è molto poetica, sebbene le durezze della vita siano mostrate per quello che sono, dal bullismo dei compagni all’amore per l’unica compagna che lo accetta così come è, la sfortunata Titti.
Nella seconda parte Anselmo è ormai il giovane uomo che ha scelto di diventare Copperman. La sua vita si complica col ritorno di Titti, con le imprese da super eroe e con le minacce a sua madre, e il registro narrativo è costretto a adeguarsi alle varie situazioni. La scrittura di Mauro Graiani, Riccardo Irrera, Paolo Logli e Alessandro Pondi alterna momenti da fiction nostrana di ambientazione prettamente drammatica e realistica a tentativi di citare il cinema di genere americano. Talvolta i vari linguaggi si amalgamano bene, più spesso convivono faticosamente e le parti realistiche sembrano quelle più partecipate, pur nella prospettiva di un film sui supereroi tutto ‘all’italiana’. Ci sono sequenze bellissime, virate in colori accesi che ben rendono la visione della vita di Anselmo, e  sequenze più modeste che assomigliano a quanto si vede nei serial televisivi italiani. Volutamente la pellicola manca di scene davvero spettacolari, il migliore effetto speciale sono i bellissimi scorci dell’Umbria.
“Le cose non sono mai quelle che sembrano e neanche io sono quello che sembro”, dichiara Anselmo, e in effetti la frase sembra proprio il manifesto programmatico per questa pellicola. I film di super eroi possono piacere o possono suscitare sbadigli o fastidio; tutti però hanno in comune un buon ritmo e un’irrinunciabile dose di effetti speciali, perché i personaggi devono saper fare qualcosa di sovrumano. Anche Tim Burton  per raccontarci il ‘suo’ Batman aveva realizzato sequenze mozzafiato e c’era il meglio della tecnologia allora disponibile, perché parlare di super eroi non obbliga all’esibizione quasi pornografica delle prodezze tecnologiche, e queste invece possono accompagnare una bella introspezione dei personaggi. Proporre un super eroe senza donargli superpoteri, senza dotarlo di una tecnologia avveniristica o della più ancestrale magia, è una scelta coraggiosa e coerente col messaggio ‘sociale’ della pellicola di Puglielli. Purtroppo è anche una scelta difficile, se si desidera far di Copperman un ‘vero’ supereroe e farlo apprezzare anche all’estero. Lo spettatore si attenderebbe qualche sfoggio di tecnologia,  e invece niente da fare, la disabilità è il ‘superpotere’ di Copperman. Grazie alla sua mente infantile, che aborrisce gli oggetti gialli, ricorda l’ora esatta di ogni avvenimento importante e trova rifugio nelle cose di forma circolare, Anselmo scopre il super eroe in sé e combatte il Male.
L’aspetto dell’Uomo di Rame richiama alla mente l’Uomo di latta del Mago di Oz, o a voler essere ottimisti, lo steampunk e l’idea del ‘futuro di una volta’. La vicenda è invece collocata in un passato non troppo remoto, ricostruito con un’estetica vintage. L’insegnante di sostegno è stata inserita nelle scuole nel 1977, e Anselmo, avendone avuta una alle elementari, deve essere nato dopo il 1970.
Anche il paese del centro Italia fa pensare più a un episodio di Don Matteo che alle pellicole di supereroi ambientate di solito tra grattacieli e monumenti facilmente riconoscibili. Copperman intento a correre sui pattini per le vie di Spoleto e di altri borghi umbri brandendo un boomerang vinto alla pesca di beneficienza richiede davvero una forte sospensione dell’incredulità, più di quanto non ne richieda credere a Superman che vola tra i grattacieli di una modernissima megalopoli.
O si accetta il presupposto che la diversità sia il potere e la forza di Anselmo e degli altri strampalati eroi che lo seguiranno, o lo spettacolo può soltanto deludere. Si ha l’impressione che manchi qualcosa, magari la genesi di questo atipico supereroe, per capire come e quando ha deciso di dare una svolta tanto estrema alla sua vita. Le prime avventure sorprendono e divertono; le successive, dopo la sorpresa iniziale, sono fiacche o prevedibili. Sembrano parentesi fantastiche inserite in un contesto realistico da un autore che di fantastico, fantasy o sovrannaturale se ne intende poco e probabilmente nemmeno intende avvicinarglisi.
La razionalità e parecchi movimenti di macchina che cambiano il punto di vista ci illudono che molto - se non proprio tutto -  della vicenda potrebbe esser frutto dello sguardo puro di Anselmo. Lui rielaborerebbe eventi realmente accaduti con la sua particolare sensibilità, trasformando fatti banali agli occhi dei più in un racconto epico. Si travestirebbe per davvero credendosi un super eroe come il padre, e i criminali sarebbero solo pesci piccoli che fingono di arrendersi  pur di non avere problemi con un disabile ben conosciuto in paese... Sarebbe stato bello se il regista avesse deciso di intraprendere un simile sentiero e di percorrerlo con coerenza, fino in fondo, suggerendo con ambiguità che superomismo sia solo la fantasia di una persona che tocca con mano i suoi limiti sebbene non li possa capire del tutto, e si consola raccontandosi storie ispirate ai fumetti. Invece ci sono i titoli di giornale a farci ricredere, ce ne vengono mostrate le pagine. Sono i giornalisti a citare Copperman, e non è solo la voce di Anselmo che fa finta di leggere un articolo - e chissà se ha imparato a leggere - creandolo con l’immaginazione e rendendosi protagonista delle sue invenzioni. E’ la prova che il super eroe esiste nella realtà e non è solo il sogno donchisciottesco di un giovane autistico.
Copperman è quindi erede di Forrest Gump, che pur se ritardato riesce a diventare tante cose nella sua vita, atleta, eroe di guerra, imprenditore… in questo mondo o in quello della fantasia. L’omaggio a Forrest Gump è costante, dalla figura materna qui più angelicata e perfetta, alla storia d’amore angelicata con la bambina abusata che diviene una donna dal passato comunque sofferto, le riflessioni all’ombra della balla di fieno o sulla panchina...  Ma Eros Puglielli non è Robert Zemekis, i mezzi a disposizione sono ben diversi e Luca Argentero non è Tom Hanks. Pur essendo molto bravo Luca Argentero mi sembra troppo piacente, manca della goffaggine di Dustin Hoffman in Rain Man o di Tom Hanks. Certo, un autistico può essere prestante, eppure qualcosa dello sguardo e del portamento di solito rivela la fragilità e può mettere a disagio chi ci si rapporta. L’attore trasmette qualche volta quelle sensazioni, aiutato da una sceneggiatura che esplora con delicatezza anche il tema dell’affettività e della sessualità. Mi resta il dubbio che la produzione abbia voluto un super eroe diversamente abile ma poi ci abbia ripensato. Ipotizzando gli incassi miseri, avrebbe scelto un interprete belloccio e abbastanza bravo, con una compagna adeguatamente piacevole invece di un goffo e innocuo uomo privo di appeal.
Fino a quando Copperman fa proprio il messaggio dell’antieroe di Robert Zemekis, il film funziona molto bene. Quando cerca di inseguire i modelli delle vere pellicole di super eroi, il meccanismo si inceppa. La recitazione di tutto il cast è convincente, però non basta per farci credere di guardare una storia di super eroi. Ben presto lo spettatore capisce di aver davanti una pellicola pregevole e molto originale, fortemente pedagogica e orientata all’inclusione. Un film che falsamente parla di super eroi, e invece ci racconta con la metafora della poesia la vita di un ‘diverso’.

 

Cuccussette vi ringrazia della lettura.

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