LA RAGAZZA CHE CREDE NEI MIRACOLI

 

Kevin Sorbo è noto agli appassionati di fantasy e di fantascienza per aver interpretato due telefilm iconici oltre a svariate pellicole. E’ stato l’Hercules della serie (1995-1999), il capitano Dylan Hunt in Andromeda e Kull nel film Kull il conquistatore. Si tratta di ruoli rimasti nei cuori dei fan, che preferirebbero ricordare il buon Kevin in quelle vesti epiche piuttosto che vederlo recitare imbolsito in pellicole di serie D.
E’ doloroso scoprire come abbia potuto partecipare a La ragazza che crede nei miracoli - The Girl Who Believes in Miracles, opera indipendente ‘ispirazionale’ firmata da Richard Correll nel 2021.
I film a sfondo religioso sono un fenomeno prevalentemente americano. Sono diversi dalle nostrane biografie di santi, perché le agiografie quasi sempre si attengono a fatti concreti o a leggende che si sono consolidate in secoli di tradizione popolare. C’è di mezzo la Storia, e anche se non si crede, sono rappresentati personaggi e vicende che ci dicono tanto sul passato. I film ‘ispirazionali’ americani si distaccano anche dai film religiosi induisti, basati sulla ricca tradizione indiana. Si basano su soggetti inventati per l’occasione, sono una sorta di fiabe religiose che esortano la gente a credere alla Bibbia e al Vangelo attraverso le improbabili gesta di protagonisti eccezionali vissuti solo sullo schermo.
E’ questo il caso de La ragazza che crede nei miracoli - The Girl Who Believes in Miracles, storia di Sara Hopkins, una bambina che dopo aver ascoltato un predicatore dire che la fede muove le montagne e si impegna così tanto nella preghiera da riuscire a compiere veri e propri miracoli. Prodigi in grande stile, si intende, resurrezioni di animali, guarigioni di bambini ciechi e malati. Diventa famosa, fino a quando non crolla a causa di un tumore inoperabile. Chiede allora di tornare al lago dove avrebbe incontrato Dio e la comunità fa di tutto per farla uscire dall’ospedale e accompagnarla. Là tutti vedono l’anima della bambina lasciare il corpo per ascendere in un vortice luminoso con tanto di Gesù che l’accompagna. Ovviamente la piccola muore, ma quando viene trovato un quadro con la scena della bambina che lascia Gesù salutandolo, ecco che…Shhh, SPOILER.
Per capire un film di questo tipo bisogna fare uno sforzo e calarsi nella mentalità delle province rurali, con i paesini sorti lungo una strada principale, con qualche ristorante, rari negozi che vendono un po’ di tutto, l’Istituto scolastico con l’equivalente di nido, infanzia, elementari e medie e a dir tanto il college, e la chiesa a fare da centro della vita sociale. Quanti non hanno ceduto al richiamo delle grandi città, e son riusciti a evitare di finire preda del fentanyl o dell’alcoolismo, di solito sono workholic, persone che trovano soddisfazione nel lavoro, oppure sono religiosi ai limiti del fanatismo.
Ci vuole una mentalità come la loro, puritana e credente con un’ingenuità impossibile ai più, per accettare un soggetto discutibile che mescola la fede con il miracolo, e mette in relazione diretta il chiedere con l’ottenere. Visto con uno sguardo disincantato il messaggio risulta quasi offensivo, per quanti pregano e chiedono con tutta la sincerità dei loro cuori, e vengono disattesi nonostante siano di animo buono e caritatevole. Per quanto una storia simile sembri assurda a gran parte degli Europei, anche a quanti si dichiarano cristiani, tanti americani hanno sostenuto questo film, uscito nei momenti più cupi dell’epidemia del COVID19. Qualcuno sarà caduto nell’inganno di un titolo fuorviante e di un poster ambiguo, magari recandosi nell’unico cinema nel raggio di cinquanta chilometri. L’immagine di presentazione con una ragazzina dal sorriso radioso e gli adulti attorno, fa pensare a innocue commedie sulla falsariga dei live action che la Disney produceva direttamente per la televisione negli anni della crisi della Major. Il titolo allude ai miracoli in cui credere, e per quanti ignorano che sia un film religioso, i portenti possono essere riappacificare gli amici o salvare luoghi amati della propria cittadina, riunire genitori sulla via del divorzio, far arrivare sovvenzioni alla squadra di baseball o alla scuola... Invece, vengono mostrati portenti veri e propri, concessi alla bambina dalla divinità stessa, nemmeno fosse un chierico o un guaritore da gioco di ruolo.
Stiamo vedendo una pellicola indipendente, indie nel peggior senso del termine. Nessun produttore serio investirebbe su una versione religiosa del già discutibile Phenomenon. Il film con John Travolta narra di un uomo qualsiasi che diventa un multiforme genio in seguito a un incontro ravvicinato, ma i poteri sono frutto di una massa tumorale, che lo porta a morire. La tematica è laica, analoga a I due mondi di Charlie, e va bene a prescindere dal retroterra culturale che ci si porta dietro. Si riflette sul senso di isolamento che dà la condizione di genio, incapace di rapportarsi con menti ordinarie.  La ragazza che crede nei miracoli invece è un remake religioso, con il Dio cristiano al posto degli alieni, il sostegno della comunità piuttosto che l’incomunicabilità e un lieto fine posticcio che peggiora, se possibile, l’imbarazzante risultato complessivo. Invece di un attore consumato e amato dal pubblico internazionale, la protagonista è una bambina al suo debutto cinematografico. Appare impacciata non solamente a causa del pessimo doppiaggio italiano, viene penalizzata da un’espressività acerba e da battute imbarazzanti. Il copione la descrive come un’immagine concreta di come quegli yankee desidererebbero avere la loro prole: bionda, bianca, religiosa, assennata come una donnina. Sara assomiglia alla compagna di banco antipatica, quella privilegiata e saputella, una sorta di Hermione Granger pronta a far magie pregando, dotata di una fede semplice e innocente. Peccato che non siamo nel Mondo Magico, ma siamo tra i Babbani e la bambina sembra aver passato quell’età in cui fantasia e realtà sfumano l’una nell’altra, Babbo Natale vive al Polo Nord con gli Elfi, e le fiabe sono un po’ vere. L’attrice recita male, e anche il resto del cast bambino ha prestazioni modeste, aumentando l’incredulità. Gli adulti che attorniano la bimba sembrano altrettanto deprimenti, gregari nella peggiore accezione del termine, e le interpretazioni purtroppo sono spente. Anche il nostro buon Kevin Sorbo non brilla, e ci si chiede come mai si sia infilato in un pasticcio del genere, lui che non è certo da Oscar ma si è sempre difeso con grande dignità, anche in pellicole modeste.
La narrazione spreca parecchie occasioni per aprirsi a riflessioni più mature. L’idea che pregando Dio ci esaudisca i desideri è di per sé molto discutibile; dispiace non vedere un’evoluzione nella bimba che passa dall’essere ‘solo’ una bambina a diventare un simbolo per i credenti. Potrebbe montarsi la testa, o sentirsi dannatamente sola, in ogni caso la sceneggiatura evita accuratamente di mettere in mostra l’evoluzione psicologica di una persona passata dall’essere zero all’essere un Eletto. Per quello ci vogliono altri tipi di eroe e di film. In primo piano c’è la forza della preghiera e il potere della comunità che si stringe attorno alla sfortunata bambina. Anche le lusinghe del potere mediatico sulla piccola eletta vengono trattate con superficialità, sprecando un’occasione per far riflettere.
Stavolta a narrazione è peggiore anche rispetto a quella che ci si può attendere da un film da pomeriggio natalizio, e non solo per il presupposto religioso che divide le opinioni. Tecnicamente si resta lontani anche dalle più sciatte produzioni internazionali. Le riprese non danno mai una gioia con qualche trovata originale, si nota una diversa grana e definizione nelle sequenze riprese col drone e le altre. La fotografia è ordinaria, come in un video di matrimonio fatto da un professionista invece che dal primo parente dilettante.
Gli effetti speciali sono proprio imbarazzanti per un film uscito nel 2021, non solo per il Cristo che ricorda il Buddy Jesus del film Dogma o un bel bagnino abbronzato, con capelli lunghi biondi e barba ma decisamente indoeuropeo. La presenza di Dio, con il varco dimensionale che si apre sopra al lago e la bambina che corre, sembra la parodia squallida dell’epilogo di Sunchaser – Verso il Sole di Cimino. Laddove la mano gentile del regista italoamericano narrava con lirismo il dissolversi di un’anima nell’Infinito, il ritornare ai propri antenati correndo sul lago sacro ai Nativi, in questo film c’è un pacchiano vortice nel cielo.  Dio agisce tra gli uomini, è presenza vivente e si presenta come qualcosa che è più a suo agio in una puntata di Doctor Who o altro telefilm che abbia belle storie ma effettacci a profusione, che in un film spirituale. L’epilogo completa questo ‘’capolavoro’’ della settima arte, con un finale sdolcinato, rassicurante quanto ridicolo.
Probabilmente il problema più grosso di questo film è lo stesso che oggi affligge tante produzioni definite woke. Ovvero quello che non funziona è il costruire la storia solamente per dare un insegnamento morale, infischiandosene di ogni criterio estetico condiviso, di qualsiasi evoluzione logica del carattere dei personaggi, della qualità anche formale della confezione. Ma è anche vero che è un esempio di cinema schietto, fatto da gente che vuol fare dei sermoni in modo più accattivante. Un film come questo non si dovrebbe scegliere per caso, o per ignoranza, o perché è quanto stasera offre la televisione, poiché rompe ogni schema estetico e logico proprio del cinema internazionale. E’ come un saggio di etnografia, serve per conoscere le altre culture, per quanto bizzarre possano apparire.

 

 

Cuccussette vi ringrazia della lettura.

Questa recensione è stata edita da FENDENTI E POPCORN: potete adottarla ! Contattatemi! Su Facebook cerca Florian Capaldi o Cuccussette Loris

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