JOHNNY MNEMONIC

TEMPO FUTURO PRESENTE

Presto le persone potranno impiantare nel cervello sofisticati microchip, e immagazzinare dati riservati da trasportare clandestinamente per tutto il globo, al fine di rivenderli a compratori più o meno disonesti. È questo il futuribile presupposto del film Johnny Mnemonic, ambientato nel vicinissimo domani.

Johnny è un trentacinquenne corriere informatico. Ha sacrificato i ricordi dell’infanzia pur d’installare nel cervello il potente chip che gli consente di guadagnarsi un alto tenore di vita. Di norma è ignaro del contenuto dei dati che traffica, non se ne cura. Il suo unico obbiettivo è incassare le laute ricompense per i suoi servizi, e sottrarsi così alla miseria – e forse alla noia – che attanaglia invece buona parte della popolazione.

Ci troviamo in una Terra coperta da immense città, divise in quartieri agiati dai grattacieli scintillanti, e sconfinati bassifondi, spesso sotterranei, simili a bolgie dantesche popolate da poveri e disperati, o da gente che per scelta personale ne prende le difese.

La rete di Internet è sviluppata e onnipresente nella vita quotidiana; le grosse corporazioni multinazionali vengono contestate ricorrendo proprio ai mezzi informatici, accessibili a chiunque. La violenza è pane quotidiano e molte persone ricorrono alle strabilianti applicazioni della scienza pur di migliorare le prestazioni fisiche o intellettive, nonostante i grandi rischi che ciò comporta, primo tra tutti la nuova “peste” chiamata NAS (Disturbo da Attenuazione del Sistema Nervoso), una malattia incurabile da cui è affetta oltre la metà del genere umano.

Sono preoccupazioni, queste, che sfiorano appena la coscienza di Johnny. Raggiunta ormai la sicurezza economica, il corriere è pronto a ritirarsi e a godersi i risparmi accumulati, recuperando inoltre quanto (per far posto al chip) ha dovuto dimenticare del proprio passato.

Il suo agente, Ralfi, lo convince ad accettare un ultimo incarico, per un compenso stratosferico. Johnny si reca a Pechino, dove due ex-dipendenti di una multinazionale farmaceutica svizzera, la Pharmakon, gli caricano di dati fino all’inverosimile il microchip cerebrale. È una vera overdose, che gli impone di liberarsi del carico entro ventiquattr’ore, o addio cervello.

Completato il trasferimento, però, nello stabile irrompono membri della Yakuza, la mafia giapponese, guidati dal torvo Shinji. Ne segue una strage a cui Johnny riesce a scampare per autentica fortuna.

Il corriere si reca in tutta fretta a Newark, dove scopre che Ralfi lo ha tradito, e che il boss locale della Yakuza, Takahashi, vuole la sua testa, in senso letterale: le informazioni preziosissime contenute nel chip possono infatti venire recuperate anche se il proprietario… non è presente “per intero”.

Solo l’intervento di Jane, agguerrita guardia del corpo, salva Johnny dalla decapitazione. Jane, contagiata dal NAS, e spinta forse dalla voglia di vendetta o dalla speranza di ricevere un compenso con cui pagarsi cure adeguate (sebbene non risolutive), accetta l’incarico di scortare Johnny nei bassifondi della città, e riesce a metterlo in contatto con Spider, un ex-medico che si occupa di un centro clandestino per pazienti terminali. È lui il destinatario dei dati immessi nel chip di Johnny, che contengono niente meno che la cura per il NAS, tenuto segreta dalle multinazionali farmaceutiche per speculare sulla pelle dei tanti contagiati vendendo farmaci inefficaci.

Johnny raggiunge il Paradiso, sorta di rifugio fortificato dove il bizzarro J-bone guida i Low-Techs, un gruppo di hacker ribelli che vedono nella manipolazione informatica il mezzo per combattere il regime. Nel frattempo il boss della Yakuza gli sguinzaglia dietro il Predicatore, un fanatico killer religioso…

CYBERCOMPROMESSI

Il soggetto del film e la conseguente sceneggiatura sono stati tratti da racconti brevi di WILLIAM GIBSON, il padre del Cyberpunk. Ma i più fedeli lettori dell’Autore sono rimasti delusi dalla regia di ROBERT LONGO, a causa delle semplificazioni che tradiscono la pagina scritta e l’avvicinano a un thriller di tipo tradizionale. Lo scontento può essere giustificato solo in parte, in quanto credo sia impossibile condensare tanti contenuti innovativi in un film che deve offrire intrattenimento a spettatori ignari di cosa sia il cyberpunk. Grazie agli adattamenti più o meno necessari, la pellicola è realizzata con garbato mestiere e riesce a piacere anche al pubblico non specializzato, che si interessa alle storie narrate con buona mano e non pretende di trovare omaggi riverenti al proprio scrittore preferito.

La sceneggiatura ha un ritmo serrato, non brilla per originalità, ma è piena di richiami alla spy-story e al cinema di azione. Tali citazioni da un lato rischiano di rendere la pellicola un ibrido che non è né carne né pesce, dall’altro aiutano lo spettatore a seguire le disavventure del corriere informatico in un contesto di lettura non sempre immediata, riproponendogli situazioni che già conosce attraverso film e libri “hard boiler”, stavolta mescolate con elementi futuristici.

Gli effetti speciali sono ben curati e inseriti quando effettivamente occorre, senza parsimonia e con buon senso. Ovviamente risentono dell’introduzione delle tecniche digitali.

Caso raro, la caratterizzazione del protagonista è efficace ed approfondita a dispetto degli stereotipi e dell’essenzialità tributata agli altri personaggi. Johnny è un uomo che di eroico ha ben poco, lo vediamo trascinarsi e crollare sempre più prostrato da una sequenza all’altra, scampa ai killer più per fortuna che per abilità. La debolezza fisica non è che l’inizio. Johnny ha rinunciato ad essere sé stesso pur di esercitare una professione ai limiti della legge, tanto da non avere né cognome né storia personale, almeno non alla portata della sua memoria. Ha in sé il segreto che può risparmiare migliaia di vite, ma fino all’ultimo fotogramma lo vediamo agire per salvare la propria pelle, la propria identità e magari anche il proprio conto in banca. Johnny accorre a Pechino richiamato dal danaro e accetta di farsi inserire nel cervello trecento gigabyte d’informazioni quando sa bene che non potrebbe immagazzinarne più della metà. Agisce sempre per lo stesso prosaico motivo: i soldi, averne tanti, permettersi gli alberghi di lusso e le camicie di bucato e le lenzuola di seta… Dimentichiamoci pure gli eroi altruisti e godiamoci un protagonista egoista e fragile, maledettamente verosimile.

Altrettanto umana è Jane, la guardia del corpo mercenaria. Aiuta il nostro eroe, sperando in una ricompensa, o solo perché ha intuito che questi nasconde qualcosa di scottante, e forse appoggiando la sua causa potrebbe nuocere a quella di gente che possiede tutto quello che a lei manca, vendicandosi. Il regista ha il buonsenso di evitare di far sbocciare un’improbabile love story. Sarebbe stata deleteria, sia perché tanto breve è il lasso di tempo che i due trascorrono insieme, sia perché avrebbe regalato il sogno o l’illusione di una vita migliore a due personaggi che comunque devono riflettere la disperazione del loro mondo.

Meno approfonditi sono gli avversari di Johnny, nonostante la partecipazione di TAKESHI KITANO, attore e regista di grande sensibilità, capace di rappresentare la più efferata violenza in un contesto di poesia priva di retorica e ricca di sentimenti autentici. Kitano è un artista, Longo… un bravo professionista.

DOLPH LUNDGREN interpreta il Predicatore: un personaggio che rivisitato col gusto di oggi pare la caricatura di un wrestler. Di Lundgren si può dire che è sempre stato un attore assai “fisico” e quanto ha ottenuto nel mondo dello spettacolo se lo è guadagnato sfoggiando muscoli guizzanti.

Questo è forse il film più impegnato in cui è comparso.

L’ambientazione è quella classica cyberpunk, e riesce a dare una visione pessimistica del nostro oggi. I problemi del mondo futuro sono fondamentalmente gli stessi comuni al nostro inizio millennio. Oltre le armi sorprendenti, gli abiti sgargianti o minimali, i mezzi di trasporto,

i cyber delfini e le diavolerie della tecnologia, troviamo gli stessi mali odierni, amplificati. Abbiamo un’umanità solitaria ed egoista, che bada al proprio tornaconto e che, se solidarizza, lo fa per portare avanti le proprie personali necessità. E che dire di quanti appaiono “buoni”? Si fanno tribuni della plebe per ansia di giustizia o piuttosto per sfogare bisogni di protagonismo? I dubbi rimangono e divengono più forti ad ogni successiva visione.

Un mondo privo di elementi naturali, tanto che neppure agli esseri umani e gli animali vengono risparmiati impianti bionici e modifiche che ne ridisegnano la biologia. Ci sono sterminate periferie degradate al cui confronto le “banlieue” divengono alberghi a cinque stelle. Grandi multinazionali governate da organizzazioni mafiose sopranazionali. Violenza diffusa ed emarginazione.

Forse per queste tematiche così cupe ed attuali – oltre che per una buona dose di violenza – in molti paesi il film è stato riservato ad un pubblico adulto. Lo spettatore non trova sequenze splatter estreme, non più di quanto incontra in certi tv movie americani; ma ogni atto brutale va ad inserirsi in un contesto di forte impatto emotivo.

D’altra parte non credo sia possibile rappresentare il mondo cyberpunk senza ricorrere a temi cupi, che caratterizzano lo stesso stile narrativo, sarebbe un po’ come pretendere che Philip Marlowe si sostituisca a Miss Marple e scopra i colpevoli frequentando salotti eleganti e tè delle cinque.

La veste fantascientifica ha permesso e consente di affrontare tematiche “serie” con una dose di leggerezza che distanzia lo spettatore da quanto vede rappresentato, e al contempo lo stimola a riflettere sui problemi che vede rispecchiati.

CYBERPUNK FOR DUMMIES

È difficile spiegare al vasto pubblico in cosa consiste la corrente artistica detta Cyberpunk, nel tempo ristretto di una pellicola. La gente al cinema cerca divertimento e azione, non vuole assistere a uno spettacolo rallentato da lezioni sugli sviluppi della narrativa noir che abbraccia la fantascienza. La “Settima Arte” più della altre forme espressive si basa sul coinvolgimento emotivo, e riuscire a unire esigenze didattiche a risposte empatiche predisposte è un compito arduo. Ce la fece RIDLEY SCOTT nel capolavoro Blade Runner o forse TERRY GILLIAM nello struggente Brazil. Impedibili sono anche il primo capitolo di Matrix, il coraggioso Nirvana, o l’interessante Strange Days…

Pellicole simili rappresentano però delle rarità, capolavori indiscussi o capisaldi del cinema di genere. È perciò inutile e dannoso cercare di portare avanti paragoni tra Johnny Mnemonic e questi grandi classici della fantascienza e del cyberpunk, oppure attendersi una spiegazione di tipo filologico su un fenomeno artistico, magari inserita tra una sparatoria Yakuza e un inseguimento.

Nel necessario compromesso tra esigenze commerciali e resa narrativa del testo scritto, la regia cerca di mostrare gli aspetti più eclatanti dell’ambientazione facendoli emergere poco alla volta: le megalopoli, i fortissimi contrasti sociali, la diffusione estrema dell’informatica e della relativa pirateria, il culto per oggetti del passato, le applicazioni estreme della bionica, le armi esotiche diffuse dalla globalizzazione, le atmosfere fumose degne di un romanzo di CHANDLER.

Il mondo del domani cyberpunk dona poco spazio all’ottimismo, e per molti aspetti può sembrare futuribile, visto che molte delle sue mirabolanti tecnologie sono attualmente già state realizzate – almeno in via sperimentale – o sono in fase di studio. Mentre le invenzioni di VERNE erano opera di fantasia lungimirante e talvolta visionaria, lo spettatore del Cyberpunk può guardarsi attorno e riflettere sulle possibili conseguenze di fenomeni sociali oggi agli albori.

La veste fantascientifica permette di affrontare tematiche “serie” con una dose di leggerezza, che distacca lo spettatore dall’incombenza dei problemi rappresentati ma al contempo lo stimola a rifletterci su.

La pellicola di Longo è di buon livello. Forse non mantiene tutte le aspettative, e a tratti scivola in atmosfere melodrammatiche, ma è di certo un bel film, che diverte e, partendo dai racconti di Gibson, qualche spunto di approfondimento lo fornisce.

Chi volesse sapere di più sul futuro postmoderno potrà scoprire qui un autore innovativo; altrimenti riuscirà lo stesso a godersi un film d’azione, magari rimandando riflessioni più profonde alla visione di cult-movie come Blade Runner – Director’s Cut.

 

 

Cuccussette vi ringrazia della lettura.

Questa recensione è stata edita da TERRE DI CONFINE   https://www.terrediconfine.eu/johnny-mnemonic/

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