TREDICI  SCATTI

13 scatti è un cortometraggio di genere fantastico che attraversa più generi con disinvoltura e creatività. E’ stato realizzato, sceneggiato e montato da Leonardo Barone, cineasta esperto di fantahorror, qui alle prese con una vicenda che parte dal melodramma per passare alla fantasia che infine assume connotazioni horror.
Ne è protagonista una giovane madre che ha perso la sua bambina da poco tempo; vive in una sontuosa dimora in un tipico borgo toscano, fa shopping per distrarsi dal dolore, e beve. Il marito, per quanto comprensivo, vorrebbe impedirle di autodistruggersi ma a volte non sa starle vicino. Un giorno questa signora visita il museo del paese, e vi trova una macchina fotografica antica abbandonata. Quando prova ad usarla, si proietta nel posto che ha inquadrato e per farne ritorno le basta di scattare una foto al cielo. Entra anche in quadri, e in fumetti… può anche riabbracciare la figlia, senza però poter portarla con sé. Un ultimo scatto, un selfie alla sua immagine riflessa in uno specchio, la porterà in una dimensione parallela dove non tutto è ridente e solare…
L’idea di base è molto interessante, perché è originale; parte da una situazione molto dolorosa e reale, tanto da assomigliare a una delle tante fiction un po’ lacrimose, per poi dare spazio alla fantasia giocata sui toni dell’intimismo. La scoperta dei poteri concede alla donna la speranza di poter violare le leggi della natura; non a caso fino al ritorno a mani vuote dall’incontro con la piccola la fotografia ha toni luminosi. Ma queste dimensioni non sono tutte piacevoli come il giro sulla giostra panoramica sul lungomare toscano o l’escursione in bianco e nero in un fumetto dove potrebbe trovare un nuovo amore. Il tredicesimo scatto trascina la donna in una dimensione parallela alla sua, privandola della macchina fotografica per tornare. Lo spettatore rimane con molti dubbi, ignora se lo strumento possa fare solo tredici scatti o se l’aver violato la legge implicita di non poter riportare niente dai posti visitati influenzi la magia e la interrompa, o se invece sia vietato fotografare sé stessi riflessi in uno specchio. Non c’è una spiegazione decisiva, c’è la constatazione del pericolo del crescente perdersi in mondi onirici invece che accettare una realtà crudele o la presa di coscienza che a volte bisognerebbe fare scelte fuori dagli schemi, come restare nel fumetto e parlare tramite balloon a un uomo innamorato, o rimanere con la figlia nel mondo della foto. Giustamente non si sa se le destinazioni siano sacche temporali sospese in un loop spaziotemporale e oltre a quanto presente nei 360 gradi dello scatto c’è il vuoto, o se invece siano mondi paralleli completi di ogni dettaglio dove sia possibile ricostruirsi una vita più felice insieme a propri cari. La vaghezza impreziosisce non soltanto perché evita spiegazioni goffe, quanto perché trasmette un senso di spaesamento ancora più forte.
Che Leonardo Barone sia un autodidatta del cinema non verrebbe da immaginarselo, perché il risultato è sorprendente e poetico. La sua idea per il soggetto è ottima, si distacca dai consueti viaggi in dimensioni pittoresche o in epoche lontane dove magari ci sono scenari appariscenti e azione però manca il coinvolgimento emotivo o le scelte dei protagonisti sono fin troppo prevedibili.
Il montaggio risulta efficace e così i movimenti di macchina che seguono la protagonista e si sostituiscono al suo occhio quando inquadra vicoli, fumetti, foto.  La fotografia sfrutta alcuni paesaggi toscani, il borgo medievale di Lucignano (il mondo reale dove ha inizio la storia), Lajatico con il Teatro del Silenzio e Piombino con piazza Bovio, e il Senese meridionale con le sponde umbre del Lago Trasimeno.
L’uso degli effetti speciali è quasi sempre azzeccato, e solo la parte con la tigre è più debole.
Il risultato è un piccolo miracolo, considerando che il regista è partito con mille euro e poche sovvenzioni, e che la protagonista avrà pure voluto un adeguato compenso, dato che è un’attrice professionista, Nicole Petruzza vista ne Il Paradiso delle Signore.
Anche il compositore della colonna sonora, Luca Buosi, è un professionista con una carriera avviata e ha creato una partitura suggestiva e malinconica.
Sono venti minuti di intelligente e creativa poesia, che dimostrano quanto le idee possano valere più dei mezzi.

GUARDALO QUI     https://www.youtube.com/watch?v=QMMxf1HhAbU&pp=ygUYY29ydG9tZXRyYWdnaW8gMTMgU0NBVFRJ

Cuccussette vi ringrazia della lettura

La recensione è stata edita da FENDENTI & POPCORN